Il concetto che è alla base di tutte le innovazioni tattiche nel calcio è l’equilibrio: un allenatore vuole sempre che la sua squadra sia in grado di attaccare e di difendersi alla stessa maniera. Ecco perché per ogni giocatore che assume ruoli offensivi, ci deve sempre essere una controparte difensiva.
Abbiamo visto come un ruolo prettamente difensivo come quello del terzino si è modificato negli anni, diventando il terzino fluidificante. Come nella fisica, ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, per cui una delle conseguenze dell’affermazione del terzino fluidificante fu la nascita dell’ala tornante.
Ala tornante: di cosa si tratta?
La particolarità dell’ala tornante è già esplicitata nel suo nome: si tratta di quel giocatore che occupa la zona esterna dell’attacco che durante la partita retrocede a dare una mano al resto della squadra in fase difensiva.
Fondamentale per dare equilibrio alla squadra, si tratta di un ruolo che richieda una grande atleticità, soprattutto nello scatto piuttosto che nella progressione, a differenza del terzino fluidificante.
L’ala tornante infatti deve sempre essere pronta a scattare indietro per rincorrere l’avversario quando non è in possesso di palla, ma anche a cercare la profondità nel momento in cui la si recupera.
A differenza dell’ala classica che gioca accentrandosi palla al piede, cercando il dialogo con le punte centrali, l’ala tornante spesso resta relegata lungo la linea laterale, in particolare quando sul lato opposto opera il terzino fluidificante. Quando il terzino opposto sale in proiezione offensiva, infatti, i restanti tre difensori tendono a scivolare verso il lato lasciato scoperto.
In questa maniera il terzino alle spalle dell’ala tornante si preoccupa maggiormente della difesa delle vie centrali che del contrasto sulla fascia, che rimane quindi una responsabilità dell’ala tornante.
Come nasce l’ala tornante
Il primo giocatore che dalla zona d’attacco prese l’abitudine di rientrare regolarmente verso la difesa fu Gino Armano, ala destra dell’Inter allenata da Alfredo Foni negli anni ‘50. Foni, allenatore estremamente difensivista che applicava un catenaccio copertissimo, faceva retrocedere il terzino Ivano Blason nel ruolo di libero. Ginetto Armano, prolificissima ala destra dotata di ottima corsa, doveva quindi preoccuparsi di coprire in fase di difesa la zona lasciata sguarnita dal compagno.
All’incirca in contemporanea Fulvio Bernardini, alla guida della Fiorentina che conduce alla vittoria dello scudetto nel 1956, affida all’ala sinistra Maurilio Prini compiti prettamente difensivi, per dare più equilibrio ad una squadra che sulla destra vantava il talentuosissimo brasiliano Juninho.
L’ala tornante si afferma definitivamente nel 1964, quando il Bologna di Bernardini si ritrovò a giocare lo spareggio scudetto (l’unico nella storia del calcio italiano) contro la Grande Inter reduce dalla vittoria della Coppa dei Campioni contro il Real Madrid. Dovendo fare a meno dell’infortunato Ezio Pascutti, ala sinistra titolare, Bernardini schierò al suo posto Bruno Capra, nominalmente un difensore. Nonostante indossasse la maglia numero 11, quella dell’ala sinistra, Capra rientrava fino a difendere in linea con i difensori, per poi tornare a schierarsi in zona d’attacco in fase di ripartenza.
La mossa vincente di Bernardini colpì Helenio Herrera, che nella stagione successiva iniziò a far muovere diversamente l’ala destra Jair e il suo sostituto, il neo-arrivato Angelo Domenghini.
Se sul lato sinistro Mariolino Corso tendeva sempre ad accentrarsi lasciando campo libero al terzino fluidificante Facchetti, sulla destra Jair e soprattutto Domingo macinavano chilometri avanti e indietro, dal momento che alle loro spalle la Roccia Tarcisio Burgnich prestava più attenzione a coprire le possibili avanzate verso la propria area che a rincorrere gli avversari lungo la fascia.
Ascesa e declino dell’ala tornante
Nei decenni successivi un po’ tutte le squadre europee iniziano a proporre schieramenti simili: fascia sinistra con terzino fluidificante e ala di maggior qualità e spiccata propensione offensiva, fascia destra con terzino marcatore e ala tornante. Se in Sudamerica rimase viva l’interpretazione decisamente più votata all’attacco degli esterni, in Europa e in particolare in Italia l’ala tornante divenne uno degli elementi di maggior fatica, il cui apporto offensivo spesso si limitava ai cross dal limite, per evitare di lasciare sguarnita la sua area di competenza.
Il ruolo tramontò con il progressivo abbandono del 4-4-2 come modulo di riferimento: in Italia gli ultimi grandi esempi di ali tornanti forse sono stati Angelo Di Livio nella Juventus di Marcello Lippi e Roberto Donadoni nel Milan di Fabio Capello (anche se già sotto Arrigo Sacchi aveva iniziato a modificare la sua maniera di giocare, diventando un giocatore più “totale”).
Con un gioco basato sempre più sull’occupazione preventiva degli spazi, non aveva più tanto senso parlare di terzini fluidificanti e ali tornanti, soprattutto vista l’affermazione dei moduli con difesa a 3 in cui i due ruoli fondamentalmente si sono fusi in quello dell’esterno a tutta fascia.
L’ala in genere, che fosse tornante o meno, è un ruolo che all’inizio degli anni 2000 in Italia era in fase di estinzione: anche con la difesa a 4, le squadre di successo prediligevano moduli a due punte con trequartista, come il Milan di Ancelotti, oppure schieramenti coperti con un’ala pura e un centrocampista bloccato sul lato opposto.
Con l’importazione del 4-2-3-1, reso celebre in Spagna dal Real Madrid di Del Bosque e reinterpretato da Luciano Spalletti alla Roma, si rivedono le ali pure sulle fasce, ma il ruolo di equilibratore passa al trequartista, giocatore più di corsa che di tecnica.
Esistono ancora ali tornanti?
Oggi difficilmente troviamo vere e proprie ali tornanti: gli allenatori che schierano difese a 4 optano per un assetto d’attacco con esterni prettamente offensivi, 4-3-3 o 4-2-3-1, in cui il primo supporto difensivo sugli esterni è dato dallo scivolamento dei centrali di centrocampo.
Non è raro vedere però giocatori che, partendo come attaccanti esterni, riescono a dare un grande supporto anche in fase di ripiegamento difensivo.
Possiamo pensare al lavoro svolto da Fabio Borini nel Milan di Montella: nominalmente esterno d’attacco ma nella pratica vera e propria ala tornante, era fondamentale nel cercare di dare equilibrio ad una squadra con grandi problemi in fase di copertura. Anche con l’arrivo di Gennaro Gattuso, il giocatore rimase un elemento chiave della formazione, nonostante la presenza di tanti elementi con maggiore tecnica in rosa.
Anche nei moduli con difesa a 3 possiamo pensare alla trasformazione di ali pure come Filip Kostic dell’Eintracht Francoforte o Ivan Perisic dell’Inter in tornanti a tutto campo in grado di interpretare alla perfezione anche le fasi di copertura difensiva, al punto da occupare le posizioni esterne in dei 3-5-2, ruoli normalmente ricoperti da giocatori che nascono come terzini.