Com’era la questione secondo cui, alla fine, vincono solo le grandi difese? Ah, sì. Altra follia tipicamente italiana.
A cui la storia – l’altra, e cioè quella del calcio – ha però saputo rispondere con i risultati, con i gol, con… i tridenti.
Non siete convinti? Abbiamo tanti, tantissimi esempi per voi. A partire dall’ultimo grande club con costanza di vittorie, ossia il Real Madrid di Zidane. Davanti: Bale a destra, Benzema centravanti, Cristiano Ronaldo sulla sinistra.
Altro? Allora il Barcellona di Guardiola: Eto’o, Messi, Henry; quello di Luis Enrique con Messi, Neymar e Suarez.
Lewandowski, Robben e Ribery per il vecchio Bayern; Messi-Mbappé-Neymar per il Psg di oggi. Mané-Firmino-Salah per la squadra attualmente più forte al mondo: il Liverpool di Klopp.
Parliamo di Italia, però. Dei tre olandesi, anche se tridente vero non lo è mai stato. Solo negli ultimi anni, il gioco migliore è arrivato da squadre che non avevano paura di attaccare con i più offensivi interpreti: il Napoli di Sarri ha avuto due tridenti incredibili; l’Atalanta di Gasperini stessa storia.
Anche la Juventus, nel suo modificarsi continuamente, alla fine aveva optato per un attacco spesso sfrontato. Che con Ronaldo è diventato necessità.
Insomma, a tre è meglio. Meglio per tutta la squadra. E lo raccontiamo qui, con i migliori tridenti della storia del calcio italiano: gli unici davvero a cambiare mentalità e visioni.
#1 Rambaudi-Baiano-Signori
91-92. Zeman porta il Foggia in Serie A. È una squadra costruita sul talento di attaccanti che si riveleranno ottimi, mai formidabili (eccetto Signori): ma insieme sono uno spettacolo per intensità, sacrificio, costanza nell’attaccare la porta.
La prima partita si gioca a San Siro: i pugliesi conquistato un 1-1 preziosissimo. E da lì sarà continua e meravigliosa escalation verso il successo: campionato incredibile, molto al di sopra delle aspettative.
È soprattutto il gioco a occupare le chiacchiere e le pagine delle cronache sportive. Ne parla l’Italia, ma Zeman sconfinerà prestissimo: Rambaudi, Baiano e Signori sono Il tridente in un’Italia ancora ferita dal Mondiale perso in casa.
E che si ritrova in quella magia costruita artificialmente dal boemo. Zemanlandia, Foggia dei miracoli: gli epiteti si sprecano. Gioco di squadra, rapidità, attacco: le doti sono tante. Il Tridente delle meraviglie? La ciliegina sulla torta.
#2 Del Piero-Vialli-Ravanelli
Nell’epoca della Juve “ronaldiana“, qualcuno l’ha chiesto a Ravanelli: ‘Ma Ronaldo, Dybala e Higuain possono giocare insieme?’. Penna Bianca non ha fatto smorfie: “Certo che possono giocare insieme. Il nostro, io, Vialli, Baggio prima e Del Piero poi, era inimitabile, per il lavoro che veniva fatto. Né quello del Liverpool, Salah-Firmino-Mané, né Dybala-Higuain-Ronaldo possono avvicinarsi. Ma ogni versione ha le sue caratteristiche e i suoi punti di forza“.
C’è bisogno d’altro? Sì, e cioè che quel tridente una Coppa Campioni l’ha portata a casa. E che si basava soprattutto su un lavoro di sacrificio pazzesco, con Lippi che chiedeva di stringere e ripartire in velocità. Oggi avrebbero la stessa voglia di sacrificarsi? Chissà.
#3 Edmundo-Oliveira-Batistuta
Edmundo era l’ultimo arrivato. O’Animal, l’animale per eccellenza: veniva chiamato così a San Paolo, ma non era nulla di offensivo. Agli inizi degli anni Novanta, era semplicemente ‘straordinario’. Qualcosa di esagerato, di fuori dalla grazia divina.
Poi c’era Lulù Oliveira: aveva due falchi, due femmine. Chiudeva il tridente un argentino tremendo, che trascinava la Viola e aveva appena realizzato un sogno: giocare con Maradona. Era Gabriel Batistuta.
In campo, in sintonia. Fuori… ecco, non tanto. Edmundo doveva fare da interprete a Oliveira, e le schermaglie non si contavano: “Oliveira? Strano tipo di brasiliano, ormai non ricorda più nemmeno la lingua. E in campo, contro la Lazio in Coppa Italia, non mi ha passato la palla e l’ha fatto apposta. Avrei potuto fare gol“, una delle tante frecciatine via stampa. Ah, accadde più di vent’anni fa.
#4 Poggi-Bierhoff-Amoroso
Ancora 1998. Stavolta è l’Udinese la più forte tra le ‘piccole’ italiane: addirittura, si qualificherà in Europa. Allenatore Zaccheroni, che poi andrà a vincere al Milan: Zac riesce a mettere su una squadra onesta, e davanti poi ha i fenomeni.
Ci sono il tedesco Oliver Bierhoff, l’italiano Paolo Poggi e il brasiliano Marcio Amoroso. Saranno loro a portare i friulani al terzo posto e ad accedere alla Coppa Uefa della stagione seguente. 64 i punti conquistati in 34 gare. 19 vittorie, 7 pareggi e 8 sconfitte, con 62 reti segnate e 40 subite.
La Juve, campione d’Italia, a soli 10 punti di distanza; appena 5 dall’Inter, che finisce seconda. Una storia incredibile di un tridente pazzesco.
Oggi? Poggi è responsabile dell’area tecnica nella sua Venezia, dopo essere stato all’Udinese come responsabile dell’Academy. Amoroso commenta la Serie A per la tv brasiliana. E Bierhoff è invece tuttora team manager della nazionale tedesca.
#5 Inzaghi-Shevchenko-Kaka
Al solo pensiero, probabilmente a qualcuno scatterà la lacrimuccia.
Okay: partiamo da Pippo Inzaghi. E cioè da 300 partite in rossonero e 126 gol fatti. E va bene, proseguiamo con Shevchenko: 322 partite, 175 gol fatti. Chiudiamo allora con Kakà: 371 gare, 125 reti.
Praticamente un crescendo, almeno per quanto riguarda l’impegno e i minuti con la maglia del Milan. Mamma mia, e che cos’era il tridente del 2002-2003? Probabilmente la dolce chiusura di una squadra tra le più forti della storia.
E che vantava un tridente incredibile per qualità, tecnica, famelicità.
#6 Pandev-Milito-Eto’o
Un’altra storia di Champions. Bellissima. In sei mesi che hanno cambiato la storia dell’Inter e del calcio italiano.
C’erano una volta gli esterni dei nerazzurri di Mourinho, tutti compatti attorno al proprio condottiero, concentrati per portare a casa l’ultimo barlume di storia che rimaneva. Pandev, Milito ed Eto’o. Il primo arrivava da mesi da separato in casa, il secondo era stato acquistato dopo un anno incredibile al Genoa. E il terzo… il terzo era un fuoriclasse.
Ed era anche chi si sacrificava di più in funzione del sacro equilibrio. Era il 2010: vinsero una Coppa ancora leggendaria.
#7 Mertens-Insigne-Callejon
Attenzione che anche qui può scappare la lacrimuccia al tifoso napoletano.
È che Mertens-Insigne-Callejon è il tridente dei rimpianti: mescolati alla perfezione, ma caduti a un passo dal vertice. Sarri, dopo l’infortunio di Milik (a sua volta acquistato per sostituire Higuain), aveva deciso di provare Dries vertice basso dell’attacco. Non da falso nove, ma da punta vera.
Movimenti perfetti ed esterni bravi ad andare dentro. Sempre dentro. Venne fuori una stagione da oltre 100 gol. E un secondo posto amarissimo.
#8 Totti-Delvecchio-Batistuta
Ritroviamo Batigol, ma forse era il giocatore meno funzionale all’interno di un tridente tra i più completi della storia.
C’era l’arte del sacrificio (e del tiro da fuori, oltre agli inserimenti) come quella di Delvecchio, c’erano i gol e le cannonate di Batistuta. E poi… poi c’era Totti. Totti che era Totti e Totti soltanto: nel senso che era troppe cose per spiegarle, bisognava viverlo e vivere a Roma quando c’era lui. Il genio e i varchi impossibili; il destro e l’arte di meravigliarsi.
Anno Duemila, Giubileo e giubilo a Roma: Francesco guidava due marziani del pallone, battendo le potenze del nord di tridente, nello scudetto della Roma di Capello.
#9 Ilicic-Gomez-Zapata
Veniamo a tempi più recenti. Ai miracoli con la ‘m’ minuscola solo perché non portatori sani di coppe. Anche se, una domanda verrebbe quasi spontanea: quanto vale una Champions da protagonista? Vale quanto il tridente delle meraviglie, impreziosito anche da un Muriel in più.
Però… però Ilicic è un meraviglioso giocoliere, Zapata un finalizzatore devastante. E il Papu Gomez era il cuore di questa squadra: corre da terzino, dà qualità, è un leader nato. Mai visti completarsi così bene, tre elementi così diversi.
E infatti si corre su una stagione che supera ampiamente i 100 gol.
#10 Maradona-Giordano-Careca
La decima non poteva non essere la Magica.
Quella col Dieci per eccellenza, appunto: Diego Maradona. Maradona, Giordano e Careca per essere precisi, e Carnevale nella prima versione per esserlo ancor di più.
I tridenti fanno sognare, ma con questo Napoli è letteralmente impazzita.
Non solo per lo scudetto, anche per l’impegno e il talento dei tre. Chiaro, Diego era l’accentratore: ma senza il sacrificio dei compagni avrebbe fatto ben poco.