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Con la proclamazione dei tre migliori quintetti della Nba, sono stati definiti tutti i premi relativi alla Regular Season della lega americana più importante a livello cestistico. Jokic si è aggiudicato l’Mvp, quattro sono stati gli europei inseriti nell’All-Nba team e Gobert è stato nominato ancora una volta come difensore dell’anno: gli argomenti sono tanti, scopriamoli insieme.

La corsa all’MVP

Il riconoscimento più ambito è sicuramente il Most Valuable Player e la corsa finale vedeva Nikola Jokic (Denver), Shai Gilgeous-Alexander e Luka Doncic contendersi il premio. A spuntarla è stato il serbo, il quale ottiene questo premio per la terza volta nella sua carriera (terzo negli ultimi quattro anni) e, proprio in virtù di ciò, aggancia in questa speciale classifica Moses Malone, Magic Johnson e Larry Bird, appena dietro a Wilt Chamberlain (4), Lebron James (4), Bill Russell (5), Michael Jordan (5) e Kareem Abdul-Jabbar (6).

Sono stati 926 i punti totali ricevuti da Jokic durante le votazioni, 286 in più rispetto a Shai e 360 in più rispetto a Doncic. In particolare, spiccano i 79 voti per il primo posto, anche perché il centro serbo ha spinto Denver in seconda posizione nella Western Conference (57-25 il record), mettendo a referto quasi una tripla doppia di media in regular season (26.4 punti, 12.4 rimbalzi e 9 assist).

I tre quintetti All-Nba

Giannis Antetokounmpo, Luka Doncic, Shai Gilgeous-Alexander, Nikola Jokic e Jayson Tatum, sono questi i cinque nomi inseriti nel miglior quintetto della Nba. La presenza dei tre tenori in corsa per l’Mvp era certa, così come ci si poteva aspettare Giannis, che, a suon di doppie doppie (30.4 punti, 11.5 rimbalzi e 6.5 assist), ha condotto i suoi Milwaukee Bucks al terzo posto ad Est (49-33), salvo poi essere eliminati al primo turno di playoff dai Pacers, a causa anche dell’infortunio dello stesso Antetokounmpo. Ai quattro europei, si aggiunge anche Jayson Tatum, faro dei Celtics che hanno chiuso al primo posto a Est (64-18) e unico americano presente nel primo quintetto.

Nell’All-Nba second team figurano invece Jalen Brunson (Knicks), Anthony Davis (Lakers), Kevin Durant (Suns), Anthony Edwards (Timberwolves) e, forse un po’ a sorpresa, Kawhi Leonard (Clippers). Quest’ultimo ha comunque disputato 68 partite (su 82) di Regular Season, ben 14 gare in più rispetto alle due passate annate, con una media di 23.7 punti.

Terzo quintetto per i due veterani Steph Curry e Lebron James, con il primo che, nonostante una stagione da trascinatore (nominato anche come clutch player, davanti a Derozan e Shai), non è riuscito a riportare i suoi Warriors ai playoff, mentre James, alla ventunesima stagione in Nba, ha permesso ai Lakers di vivere nuovamente la post season, sconfitto al primo turno dai Nuggets. Completano il terzo “starting five” Devin Booker (Suns), Tyrese Haliburton (Pacers) e Domantas Sabonis (Kings), autori anche loro di una grande annata.

La difesa

Per la quarta volta in carriera Rudy Gobert si è aggiudicato il Difensive Player of the Year, entrando in un club esclusivo che vede la presenza di Dikembe Mutombo e Ben Wallace, due giocatori che hanno fatto la storia di questo sport. Il lungo francese ha viaggiato in stagione regolare a 12.9 rimbalzi e 2.1 stoppate a partita e ha sconfitto la concorrenza di Bam Adebayo e soprattutto del mostruoso Victor Wembanyama (3.6 stoppate ad allacciata di scarpa), il quale si è dovuto “accontentare” di un altro premio.

Gobert, Wembanyama e Adebayo sono stati ovviamente inseriti nel primo quintetto difensivo della stagione regolare e a loro si sono aggiunti Anthony Davis (Lakers) e Herbert Jones (Pelicans), in sostanza quattro lunghi su cinque.

Nel secondo team difensivo invece sono presenti solo esterni, con due giocatori chiave dei Celtics (Jrue Holiday e Derrick White) a trainare un gruppo in cui figurano anche Alex Caruso (Bulls), Jalen Suggs (Magic) e Jaden McDaniels (Timberwolves).

I migliori Rookie

La corsa al ROY (Rookie of the Year) non è mai stata così scontata come quest’anno. Victor Wembanyama si è aggiudicato il trofeo senza difficoltà e all’unanimità, facendo capire a tutti che fa sul serio. Il lungo ex Metropolitans ’92 ha vinto la flebile concorrenza di Chet Holmgren (OKC) e Brandon Miller (Pelicans), diventando il terzo giocatore degli Spurs ad essere scelto alla prima chiamata e a diventare Rookie dell’anno nella stessa stagione, dopo David Robinson (1989/90) e Tim Duncun (stagione 1997/98). “Wemby” ha mantenuto medie spaventose (21.4 punti, 10.6 rimbalzi e 3.9 assist) in una stagione comunque difficile per gli Spurs (22-60), andando vicino anche ad acchiappare il premio di difensore dell’anno, grazie alle 3.6 stoppate a partita, di cui sopra.

Wembanyama, Holmgren e Miller si guadagnano così la nomination nel Rookie First Team of the Year, insieme a Podziemski, prospetto super interessante in ottica futura per i Warriors, e Jaime Jaquez Jr., il quale ha già dimostrato grandi cose con la maglia dei Miami Heat, anche ai playoff.

Secondo quintetto invece per Keyonte George (Jazz), GG Jackson (Grizzlies), Dereck Lively II (Mavericks), Amen Thompson (Rockets) e Cason Wallace (Thunder).

Coach of the Year e Nba Executive of the Year

La Regular Season a Ovest è stata dominata da una squadra giovanissima e di talento, gli Oklahoma City Thunder, capaci di vincere 57 partite su 82 e, nei playoff, di sconfiggere prima i Pelicans al primo turno (4-0) e poi di dare del filo da torcere ai Mavs di Doncic al secondo. Gran parte del merito, oltre che di Shai e dei giocatori in campo, è di Mark Daigneault, il quale si aggiudica il premio come miglior allenatore dell’anno senza troppe discussioni.

Proprio per questo, in molti pensavano che Sam Presti (OKC) sarebbe stato l’Nba Executive of the Year, premio invece riservato a Brad Stevens dei Boston Celtics. La trade che ha portato Porzingis e Holiday a Boston ha permesso ai Celtics di essere ancora più completi e di chiudere la RS al primo posto, oltre che di tentare ancora una volta l’assalto all’anello.

6TH Man of the Year e Most Improved player

Sono Naz Reid e Tyrese Maxey a vincere rispettivamente i premi di sesto uomo dell’anno e di giocatore migliorato maggiormente. Il primo, ad ora impegnato nelle Western Conference Finals con i suoi T-Wolves, ha ottenuto 352 punti totali, superando sul filo di lana la concorrenza di Malik Monk, fermo a quota 342, e di Bobby Portis. Il secondo invece ha aiutato i suoi Sixers a raggiungere i playoff, aumentando le sue medie rispetto alla passata stagione, un salto di qualità notevole che gli ha permesso di risultare il secondo violino (dietro a Embiid) di Philadelphia – per Maxey 25.9 punti, 3.7 rimbalzi e 6.2 assist di media.