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Dal 27 luglio all’11 agosto sono andati in scena un totale di 26 match prima allo stadio Pierre Mauroy di Lille e poi alla Bercy Arena di Parigi. 12 squadre si sono date battaglia per 16 giorni consecutivi e alla fine, come da pronostico, team Usa ha sbaragliato la concorrenza (non senza fatica), vincendo l’oro davanti ai padroni di casa della Francia e davanti alla Serbia di bronzo.

Ma ci siamo chiesti: quali sono state le tre partite migliori di questa edizione dei Giochi Olimpici? Escludendo l’interessante Francia-Giappone della fase a gironi e la finalissima, di cui abbiamo già parlato a parte, la scelta è ricaduta su una semifinale, un quarto di finale e un match del girone A.

Canada-Spagna

Il gradino più basso del podio, se così si può dire, abbiamo deciso di assegnarlo alla gara tra Canada e Spagna, terza giornata del girone A di qualificazione. Un raggruppamento, quello formato anche da Grecia e Australia, definito “girone della morte”, in cui il livello è stato altissimo e si sono susseguiti diversi colpi di scena. Uno di questi ha proprio riguardato la Roja, che, pur avendo disputato una prima fase di qualità, ha dovuto dire addio al sogno quarti di finale anzitempo, eliminata proprio dal Canada di Shai Gilgeous-Alexander, squadra risultata perfetta nel girone di qualificazione (3-0 il record) e che poi però ha steccato ai quarti, spedita a casa da Wembanyama e soci. Il gruppo di coach Scariolo ce l’ha messa tutta per provare a raggiungere una vittoria che avrebbe significato il passaggio del turno, fatto che ha reso il match godibile ed elettrizzante.

In questo contesto, il Canada ha messo a referto 30 punti nel solo secondo quarto (contro i 19 degli spagnoli) e all’intervallo lungo si è trovata a comandare le operazioni. Una tranquillità venuta meno nel secondo tempo, quando la Spagna ha carburato definitivamente e ha tentato il colpaccio. Oltre a Lorenzo Brown, corpo estraneo per tutta l’Olimpiade (solo 6 punti di media), alla Roja è mancato in questo match Santi Aldama (solo 7 punti e 2/8 al tiro), straordinario nelle gare contro Grecia e Australia. In compenso, Dario Brizuela ha disputato la partita della vita contro una delle difesa più fisiche sugli esterni della competizione, lui che fa dell’energia e della vitalità il suo marchio di fabbrica.

Il giocatore del Barcellona si è travestito da Mvp nell’ultimo periodo, segnando 9 punti in due minuti per il -3 (68-65) e poi, dopo il nuovo allungo canadese, altri cinque in fila. I suoi punti, al termine della gara, saranno 17, tutti nell’ultimo quarto e la Spagna ha avuto una possibilità nel finale. A circa 1 minuto dalla fine, Brizuela sbaglia la tripla del pareggio e Barrett prova a sigillare l’incontro con un canestro da oltre l’arco, l’unico a bersaglio della sua partita. Llull non si arrende e la Spagna, quando mancano solo 2.7 secondi, è a -1 (86-85) dopo la tripla del giocatore del Real. Lo snodo cruciale del match giunge appena dopo: la Roja spende fallo sistematico e Shai va in lunetta, anche se coach Scariolo decide di spendere l’ultimo timeout prima dei tiri liberi, un azzardo per “distrarre” l’avversario. Gilgeous-Alexander non sbaglia e a questo punto la Spagna ha bisogno di una preghiera da metà campo. Inutile dire che la palla va all’eterno Llull che riceve e, dopo due palleggi, scaglia il tiro: a differenza di tante altre conclusioni pazze del passato, questa finisce corta e non sfiora neanche il ferro.

L’impresa non è servita, il Canada passa da imbattuta ai quarti e la Spagna, complice la sconfitta di 12 all’esordio contro l’Australia, saluta la competizione.

Serbia-Australia

La medaglia d’argento si pone metaforicamente al collo dei protagonisti di Serbia-Australia, gara valida per il secondo quarto di finale, vinto proprio dai ragazzi di coach Pesic solo dopo un supplementare. Una partita dai mille risvolti, in cui la Serbia ha rischiato di capitolare dopo un quarto e mezzo sotto i colpi di un’Australia guidata da un Patty Mills eterno. La guardia ex Spurs ha composto una sinfonia con i propri polpastrelli magici, andando a referto in tutti i modi (20 punti nel solo primo tempo) per il 31-17 al 10’. I boomers hanno spinto addirittura fino al +24 (44-20), mandando a referto 19 dei primi 24 tiri, poi è uscito il carattere dei serbi e si è spenta la luce in casa Australia.

La chiave? Sicuramente la difesa, aumentata di qualità ed energia nel secondo tempo: la Serbia ha tolto il riferimento offensivo ai Boomers (solo 6 punti per Mills negli ultimi 20’) e ha colpito nell’altra metà campo con Jokic (altra tripla doppia sfiorata) e con l’artista di Belgrado, Bogdan Bogdanovic (17 punti), senza dimenticare Micic, Guduric e Dobric, tutti in doppia cifra. Sembra tutto finito, quando Patty Mills decide di allungare la sfida: a 6 secondi dal termine prende palla e, dopo un palleggio insistito sull’ottima difesa di Jokic, spara un long-two dei suoi, buttandosi indietro e trovando il fondo della retina per il pareggio che manda tutti all’overtime. Un supplementare in cui però non c’è storia e ancora una volta sono il Joker e Bogi a chiudere la pratica.

In sostanza, dal -24 al +2 nei secondi finali, poi il pareggio di Mills e il supplementare, in cui a vincere è la nazionale di coach Pesic. Un pomeriggio di ordinaria follia che ha regalato alla Serbia la più grande rimonta olimpica di sempre e la semifinale.

Usa-Serbia

Il piatto forte di questa speciale classifica non poteva che essere la semifinale tra gli americani e i già citati serbi, una sfida per palati fini, decisasi solo negli ultimi minuti di partita. Un match che è stato seguito con particolare interesse in tutto il mondo, anche perché i serbi sono partiti veramente a razzo e sembravano poter piazzare il colpaccio, infliggendo una potenziale sconfitta a team Usa che sarebbe stata storica. Una semifinale che, per qualità ed effetti speciali, si può decisamente definire come una delle più belle di sempre alle Olimpiadi e non abbiamo il timore di utilizzare questa espressione.

Partiamo col dire che la Serbia ha giocato 35 minuti perfetti. La banda di coach Pesic ha segnato 10 triple nel primo tempo (su 19 tentativi), trascinata da un Avramovic spiritato e dal duo Jokic-Bogdanovic, ma in generale tutti hanno dato il proprio contributo. Questo ha permesso di chiudere sul +11 il primo tempo (54-43), “annullando” parzialmente i 17 punti di Steph Curry nel solo primo periodo (con 6 triple a bersaglio), unico a trovare continuità nell’arco di tutti i quaranta minuti.

E la Serbia ha continuato a martellare incessantemente anche nel terzo quarto, nonostante un buon rientro dagli spogliatoi di team Usa, che però si sono trovati sotto sia al 30’ (63-76) sia al 35’ (80-84). Poi però, il talento della squadra di coach Kerr è uscito allo scoperto, una scarica incredibile, firmata in larga parte da Embiid, Lebron e Curry, mentre i serbi sono rimasti a guardare, con le energie che sono venute meno proprio negli istanti decisivi. Dal 80-84 al 91-86 in un amen: Embiid si svita e segna, due penetrazioni di Lebron e cinque punti di Curry. Sul +2 Serbia a 2.35 minuti dalla fine però, Dobric ha la tripla apertissima del nuovo +5 e la fallisce, unico grande rammarico per i ragazzi di coach Pesic, per il resto encomiabili (e di bronzo, battuta la Germania).

Al di là delle polemiche arbitrali, è stata una partita clamorosamente bella e frizzante. Le due squadre hanno segnato complessivamente 31 triple (16 gli Stati Uniti, 15 la Serbia) e si sono sfidate a viso aperto, di fronte ad una cornice di pubblico in cui figurava anche Carmelo Anthony (con il figlio Kylian), tifoso numero uno di team Usa in queste Olimpiadi e Fiba Ambassador.

Vi diamo inoltre gli ultimi numeri degni di nota. Lebron ha chiuso con una tripla doppia, la quarta della storia delle Olimpiadi (16 punti, 12 rimbalzi e 10 assist); Curry ha concluso con un irreale 9/16 da tre punti per 36 totali ed Embiid, nonostante i fischi del pubblico, è risultato essenziale con 19 punti e 8/11 al tiro. La Serbia, come detto, non ha demeritato, trascinata da Jokic (17 punti e 11 assist), Bogdanovic (20 punti) e Avramovic (15).