L’allenatore più vincente nella storia della NBA compie oggi 75 anni. Un coach che ha saputo creare epoche indimenticabili ai Bulls e ai Lakers
«Non abbandonare il cammino, non arrenderti. Rialzati sempre, non importa quanto dura sia la caduta e quanto spesso tu cada. Si tratta solo di quante volte sei disposto a rialzarti per tentare un’altra volta…» Chissà quante volte questa frase è stata detta, o scritta, nei campi di basket, da allenatori, dirigenti e presidenti.
Chi ha pronunciato questa frase? Un uomo che oggi, 17 settembre 2020, festeggia 75 anni, molti dei quali trascorsi avendo tra le mani una palla a spicchi e, davanti, un gruppo di giocatori pronti a diventare i più forti al mondo grazie ai suoi consigli, alle sue intuizioni, al suo modo unico di interpretare lo sport più bello del mondo: la pallacanestro.
Chi è quest’uomo? E’ l’allenatore che vanta più vittorie nella storia della NBA, che ha messo al dito undici anelli d’oro (quelli che spettano ai Campioni del Mondo) che ha conquistato più di mille vittorie in carriera. E’ l’allenatore che a Chicago, così come a Los Angeles, sponda Lakers, nessuno mai dimenticherà. Il coach che ha portato sulla ribalta degli indimenticabili Michael Jordan e Kobe Bryant, Scottie Pippen e Shaq O’Neil, Gary Payton e Karl Malone, solo per citare alcuni dei giocatori entrati dalla porta principale nella Hall of Fame della NBA dove lui è stato accolto nel 2007. Nell’ideale standing ovation che partirebbe spontanea vedendolo passare, oggi si celebra il compleanno di Philip Douglas Jackson, da tutti conosciuto semplicemente come Phil. Venne alla luce il 17 settembre del 1945 a Deer Lodge, cittadina nella contea di Powell, in Montana. L’amore tra Phil Jackson e la pallacanestro scoppiò molto presto e la fiamma è sempre rimasta ben accesa. Messosi in evidenza già al college di Dakota del Nord, Jackson esordì in NBA nel 1967. Vinse due titoli con i Knicks recitando un ruolo importante al fianco di Bradley, DeBusschere, Frazier, Monroe e Reed. Nel 1978 passò ai New Jersey Nets dove, di fatto, cominciò la sua carriera, perché oltre a mettere piede in campo, svolse il ruolo di assistente allenatore. Appese le scarpe al chiodo nel 1980 e prese in mano fischietto e lavagnetta. La gavetta nella CBA con gli Albany Patroons e nel 1987 la chiamata a Chicago dove è assistente di Doug Collins e head coach dal 1988. Resta ai Bulls nove stagioni e per sei volte guida la squadra al titolo. Per due volte la squadra piazza il “three-peat”, ovvero il successo in tre anni consecutivi: accade dal 1991 al 1993 e dal 1996 al 1998. Sono anni in cui Phil Jackson “ci mette del suo” in ogni settore. In campo, proponendo schemi che per gli avversari hanno spesso le sembianze di labirinti fuori dai quali è impossibile uscire. Famoso il suo attacco triangolo così come lo spirito di adattamento che chiedeva ai suoi giocatori spesso chiamati a ricoprire ruoli diversi da quello naturale per disorientare gli avversari. Ma l’allenatore più vittorioso di sempre ha saputo “arricchire” i suoi giocatori anche al di fuori dal campo di gioco. Le sue metodologie per arrivare alla massima autostima, basate sulla cultura zen che divenne il suo stile di vita, hanno consentito a molti giocatori di garantire prestazioni altisonanti sotto il profilo della qualità e della quantità.
Esaurita la favolosa esperienza a Chicago, Phil Jackson porta il suo preziosissimo bagaglio Los Angeles dove, dal 1999 diventa l’allenatore dei Lakers, dando il via ad un’altra epoca d’oro. L’esordio è pirotecnico: 67-15 il record, Shaq O Neil MVP della stagione e finale vinta con gli Indiana Pacers. L’anno dopo le cifre si mantengono su livelli stratosferici, soprattutto ai play off dove i giallo viola piazzano un devastante 15-1 che li porta all’anello battendo i Sixers di Allen Iverson. Il “three-peat” è servito poi al termine di una stagione più complicata delle altre anche a causa delle imperfette condizioni di Kobe nei play off, quando fu vittima di una intossicazione alimentare. Tornato sulla panchina dei Lakers nel 2005 dopo essersi preso un anno di pausa, Phil Jackson compie un’altra bella impresa grazie ad uno stratosferico Bryant, a Derek Fisher, Lamar Odom e Pau Gasol. Una squadra che prese un “ceffone” dai Boston Celtics nelle finali del 2008 e si rifece con gli interessi nelle due stagioni consecutive con gli Orlando Magic prima e “vendicandosi” di Boston poi. Nel 2011 però, Los Angeles getta alle ortiche una stagione regolare da sogno (57-25) ma perde clamorosamente 4-0 con Dallas in semifinale, sconfitta che resta una delle poche ombre nella gloriosa carriera di Jackson. Il suo nome resta però legato a quello dei Lakers: il 18 marzo del 2014, Phil viene nominato presidente del glorioso club di Los Angeles, ruolo che ricopre sino alla fine della stagione 2016-2017.