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La storia si ripete. L’Under 19 dell’Olimpia Milano ha bissato il successo dell’anno scorso, vincendo nuovamente la Next Gen Cup (torneo tra le migliori U19 legate a società di Serie A), chiudendo un cerchio che ha visto la squadra guidata da Michele Catalani vincere negli ultimi 365 giorni anche titolo italiano U19 e Next Gen Cup di Belgrado, la versione europea della competizione.

Nella finale giocata al PalaLeonessa di Brescia, l’Olimpia ha battuto lo stesso avversario dell’anno passato, Tortona, con un gruppo che per ragioni fisiologiche non aveva più Marcucci, Badalau e Miccoli, ma che può ancora contare su ragazzi di grandissimo talento, considerati tra le migliori promesse in campo internazionale, come Diego Garavaglia e Luigi Suigo, volati negli Stati Uniti (a San Francisco, nell’ambito del weekend dell’All Star Game) qualche giorno prima per partecipare alla nona edizione del Basketball Without Borders Global Camp, organizzato da NBA e FIBA e riservato ai migliori giocatori provenienti da tutto il mondo e considerati in base all’età. Trasferta che, messa insieme agli impegni della stessa squadra, che sta disputando anche il campionato di B Interregionale (dove è prima in classifica), danno al risultato un valore ancora più grande.

Garavaglia, Suigo, Lonati e Van Elswyk

Ai nomi di Garavaglia e Suigo possiamo aggiungere quelli di Achille Lonati e Leonardo Van Elswyk, protagonisti in campo e tutti probabilmente destinati all’NCAA, che da quando è diventata una lega (seppur universitaria) con contratti importanti a livello economico e di sponsorship, è divenuta ancor più appetibile per tutti i ragazzi di talento che sanno di poter andare a fare una grande esperienza negli States e al contempo non hanno proposte parimente succulente da parte delle società nostrane.

Un problema, quest’ultimo, che si ripropone anno dopo anno e giocatore dopo giocatore. I nostri settori giovanili – quello dell’Olimpia Milano in primis – creano e producono giocatori assai interessanti, che appena devono compiere il salto tra i grandi si perdono, quasi tassativamente. Non per volontà loro, ma per l’enorme difficoltà di trovargli uno spazio in squadre di medio/alto livello. L’ultimo caso è quello di Denis Badalau, lungo rumeno uscito proprio da questo incredibile gruppo biancorosso e passato l’estate scorsa alla Dolomiti Energia Trentino. Per quanto l’Aquila sia società che investe molto sui giovani – ha avuto il merito di crescere e far diventare un giocatore da nazionale maggiore Saliou Niang – a Badalau ha dato uno spazio assai esiguo. Vittima suo malgrado di un infortunio che l’ha tenuto fuori per i primi tre mesi di campionato, il ragazzo ha giocato appena 7 minuti nella 15a giornata, in 5 presenze complessive. Numeri in netta controtendenza con quanto di buono espresso dallo stesso Badalau nel suo esordio con la nazionale rumena lo scorso weekend – nell’ambito delle pre-qualificazioni ai Mondiali FIBA 2027 -, nel quale ha chiuso con 12 punti (5/9 da campo), 5 rimbalzi, 2 recuperi e +18 di plus/minus in soli 16 minuti di impiego nella sfida vinta da suoi contro la Norvegia.

Meglio l’usato sicuro americano che i giovani italiani

Dati che ci raccontano alla perfezione ciò che accade ai ragazzi di talento che escono con grandi referenze dai settori giovanili, vincono magari medaglie con le nazionali giovanili, ma poi non trovano quasi mai spazio nei club di Serie A, a volte neanche A2. Un problema atavico del quale ha parlato anche il coach della Nazionale azzurra, Gianmarco Pozzecco, ma che non sembra risolvibile finché le società di alto livello, chiamate a doversi confermare in massima categoria e quindi a vedere messi a rischio investimenti e sponsor sull’anno successivo, “dovranno” affidarsi all’usato sicuro (spesso americano) che, sulla carta (a volte davvero solo quella) garantisce qualcosa di più. Un cortocircuito dal quale le società, eccetto qualche caso come la citata Trento, faticano ad uscire, costringendo i nostri giovani di talento a migrare oltreoceano per continuare un percorso di crescita e, magari, come hanno fatto Hackett, De Nicolao e Della Valle, rientrare anni dopo anni con maggior esperienza e poter essere visti come pedine importanti anche per le società italiane.