Solo tre partite nella notte per quanto riguarda la NBA, il massimo campionato di basket nordamericano.
Non è una novità visto che si trattava di giovedì e a “peggiorare” la situazione ci si è messo anche il calendario che ha caricato in particolar modo il giorno precedente e quello successivo rispettivamente con 13 e 12 partite.
Dove si è giocato però non sono mancate le emozioni, come tra Dallas Mavericks e Phoenix Suns. I texani, guidati da un Luka Doncic tornato sui suoi livelli (28 punti a cui vanno aggiunti i 18 di Kristaps Porzingis), hanno a lungo condotto le danze con i Phoenix Suns ma alla fine la franchigia dell’Arizona si è imposta in rimonta allungando in vetta alla classifica. 109 a 101 per i Suns, con doppia doppia da 20 punti e 11 assist per l’eterno Chris Paul.
Quinta vittoria filata per Phoenix e leadership a Ovest sempre più consolidata, con quattro vittorie di vantaggio sui Warriors. E, naturalmente, miglior record per distacco dell’intera lega.
I Knicks mettono a rischio i playoff
Meno equilibrata la sfida vinta dai New Orleans Pelicans in casa dei New York Knicks per 102 a 91. Al Madison Square Garden tutti i rappresentanti del quintetto ospite sono andati in doppia cifra mentre Julius Randle e Kemba Walker hanno steccato. Ora la squadra della Grande Mela ha un record negativo che mette seriamente a rischio la qualificazione ai playoff.
A completare il tris di vittorie esterne è arrivato infine quello degli Indiana Pacers in casa dei Golden State Warriors (117-121). Si è andati all’overtime e in un finale confuso i padroni di casa sono sono riusciti più a trovare la via del canestro. Emblematica in questo senso la partita di Steph Curry, a referto con 39 punti ma rimasto clamorosamente a secco nei cinque minuti addizionali.
Il miglior tiratore da tre della storia della NBA ci ha provato come sempre dall’arco ma le sue bombe sono state letteralmente sputate dal ferro. Può capitare, anche a uno come lui, ma è un chiaro segnale che bisogna trovare anche altre armi a cui affidarsi in queste situazione. Anche perché la carta d’identità parla chiaro e giocare 43 minuti a partita come successo stanotte può minare le certezze anche di uno come lui.
LeBron da record
Chi invece sembra non sentire il passare degli anni è LeBron James (anche se i suoi Los Angeles Lakers continuano a non convincere e ormai non può essere più un caso o una semplice fase di assestamento in vista dei playoff). Il trentasettenne di Akron ha statistiche che non si vedevano da anni e nessun big della storia alla sua veneranda età è mai riuscito a fare lo stesso.
Un numero su tutti: il re è diventato il primo giocatore della storia a mettere assieme almeno 30.000 punti, 10.000 rimbalzi (10.002 la cifra toccata con quelli catturati nell’ultima uscita) e 9.000 assist. E per i 10.000 assist ormai ne mancano meno di 100, quindi la quintupla cifra potrebbe essere raggiunta già quest’anno.
A questo punto ormai manca solo detronizzare Kareem Abdul-Jabbar in vetta alla classifica dei cannonieri all-time. Per questo record ci vorrà ancora un po’ di pazienza ma andando avanti di questo passo l’anno prossimo sarà quello del sorpasso. In attesa sempre del quinto anello, che è quello che più conta.