Nelle semifinali di conference dei playoff NBA continua a regnare l’equilibrio, ad eccezione di una serie, quella tra i Memphis Grizzlies e i Golden State Warriors, unica squadra capace di portarsi sul 3-1, grazie al successo per 101-98 in gara-4 delle semifinali di Conference.
L’assenza di Ja Morant, colpito duro al ginocchio in gara-3 in un episodio che ha fatto molto discutere, per la verità non è costata più di tanto dal punto di vista tecnico alla franchigia del Tennessee che sfruttando tutta la sua profondissima panchina stava per portare a sua volta a casa il punto del 2-2, ma nel quarto quarto è venuto fuori Stephen Curry.
Il miglior tiratore da tre della storia con 16 punti negli ultimi dodici minuti si è caricato la squadra sulle spalle, dandole a quarantacinque secondi dalla fine il primo ma decisivo vantaggio di tutta la serata. Gli orsi, apparentemente in controllo, sono crollati sul più bello e ora la squadra della California ha tre match point sulla racchetta per tornare alle finali di conference. Il tutto tra l’altro senza coach Steve Kerr, risultato positivo al Covid-19 e sostituito in panchina da Mike Brown, che però curiosamente ha appena firmato per diventare il nuovo capo allenatore ai Sacramento Kings.
Dall’altra parte del fiume Mississippi, i campioni in carica dei Mikwaukee Bucks hanno invece mancato l’occasione di scavare un solco forse decisivo tra sé e i Celtics. 116-108 il risultato finale a favore di Boston, trascinata da un Horfod strepitoso su entrambi i lati del campo e da un Tatum da 30 punti e 13 rimbalzi.
Giannis Antetokounmpo ha firmato la solita doppia doppia da 34 punti e 18 rimbalzi, a cui vanno aggiunti anche 5 assist (nella storia dei playoff solo LeBron James e un certo Larry Bird hanno collezionato più partite da 30 punti, 10 rimbalzi e 5 assist), ma alla fine le percentuali dal campo del mostro greco non sono state poi così buone, anche perché il veterano Al Horford oltre a limitarlo nella sua metà campo a sua volta ha segnato 30 punti. La serie è tornata così in parità, così come quelle tra Miami e Philadelphia e tra Phoenix e Dallas: e ora tocca al pivotal game, gara-5.
Intanto è stato anche assegnato il premio di MVP (miglior giocatore) della stagione regolare, finito per il secondo anno consecutivo tra le impareggiabili mani di Nikola Jokic.
Il centro serbo dei Denver Nuggets, già tagliato fuori dalla corsa al titolo, al termine di un’annata mai vista da 2.000 punti e 1.000 rimbalzi, si è confermato la stella più brillante di tutte, con buona pace di Joel Embiid, che sembrava pronto per questo riconoscimento.
Il Joker ha fatto doppietta come Antetokounmpo tra il 2019 e il 2020 ma anche Steve Nash tra il 2005 e il 2006, confermando l’internazionalizzazione del campionato più bello del mondo, in cui ha primeggiato anche Dirk Nowitzki a inizio millennio.
In mezzo ovviamente c’è stato ampio spazio per LeBron James, capace di vincere quattro volte in cinque anni un premio che non sempre per non dire di rado finisce poi nelle mani di un giocatore che a fine anno si laurea campione della NBA.