Le Finals NBA tra Dallas Mavericks e Boston Celtics stanno mettendo sotto la luce dei riflettori un giocatore che negli ultimi anni sembrava esserne uscito, in modo anche non troppo simpatico: Kyrie Irving.
Arrivato a Dallas un anno e mezzo fa dopo anni molto complessi in cui si era fatto notare più per i comportamenti fuori dal campo e per le conseguenti squalifiche piuttosto che per l’enorme talento, oggi insieme a Doncic è la speranza dei Mavs di vincere il titolo NBA.
Kyrie in questa stagione è stato decisamente più costante, meno sulle nuvole, non si è fatto trascinare in alcuna polemica e in campo sta avendo un rendimento costante, riuscendo più volte a risultare decisivo per la propria squadra. I compagni ne tracciano un profilo decisamente “nuovo” rispetto a quello cui ci eravamo abituati: quello di un leader con la capacità di far crescere e rendere al meglio chi gli gioca accanto. Qualcosa di inatteso se pensiamo che fino a due anni fa Irving veniva indicato come uno sfascia spogliatoi.
Boston
Il destino vuole che la rinascita di KI stia avendo la sua massima espressione in una finale contro Boston, luogo dove non ha lasciato affatto un bel ricordo. Quando infatti nel 2017 (rimase due stagioni), approdò al TD Garden, ebbe diversi scontro coi compagni di allora, che criticò aspramente considerandoli inesperti. E proprio in queste Finals ne ritrova due, diventati i leader: Jayson Tatum e Jaylen Brown. Una storia tipica della NBA, che consente spesso occasioni di rivincita ai giocatori, soprattutto quelli a col talento di Kyrie.
La sua storia tesa con Boston ha avuto diversi capitoli, che oggi probabilmente sono ciò che lo sta portando a giocare queste Finali con una concentrazione e una dedizione che pensavamo non gli si addicessero. Ricordiamo infatti quando, scaduto il contratto con i Celtics, si trasferì a Brooklyn e nel tornare al TD Garden da avversario, fischiatissimo, pestò con sdegno il logo della squadra disegnato sul parquet, ricevendo una bottiglietta d’acqua lanciata dagli spalti. Comportamento riprovevole del “tifoso”, ma l’oltraggio a un simbolo della non è tanto più simpatico.
Il terrapiattismo e i Nets
Kyrie si è inimicò così buona parte del pubblico della lega, peggiorando ulteriormente la propria immagine quando iniziò a condividere sui social il proprio pensiero rispetto a varie teorie complottiste, come il terrapiattismo. E in campo le cose non andarono molto meglio, perché i Nets stellari che prevedevano lui, Kevin Durant e James Harden, rimasero solo un grande potenziale inespresso, finito con un solo turno playoff superato in tre stagioni.
E Irving ci mise del suo per non farlo funzionare: dopo essere rientrato da un lungo infortunio infatti, nella stagione 21-22 non giocò gran parte del campionato perché rifiutò di vaccinarsi contro il Covid. Durante la pandemia inoltre diffuse varie teorie complottiste sui vaccini e persino sparì per una settimana, non presentandosi a partite e allenamenti e violando i protocolli sanitari.
Tornò a giocare a gennaio 2022, ma solo in trasferta perché nello stato di New York non poteva in quanto non vaccinato, e nei mesi successivi si fece notare soprattutto per aver condiviso online video di complottisti di estrema destra, compreso un documentario che citava teorie antisemite di vario genere, alcune riguardanti la tratta degli schiavi, avanzando addirittura ipotesi negazioniste sull’Olocausto. Venne così sospeso dai Nets, che gli bloccarono lo stipendio. Chiese allora di essere ceduto e venne accontentato, passando a Dallas.
Da lì a oggi è storia recente, quella che lui stesso definisce “la parte migliore della carriera”. Nella scorsa stagione Dallas non si qualificò ai playoff, ma in estate, rimodellando il roster intorno alla coppia Doncic-Irving, la franchigia texana ha messo costruito un gruppo che si sta giocando il titolo. Kyrie ha saputo ritagliarsi il proprio spazio, accanto a una super star come Luka Doncic. 25.6 punti di media (tra le più alte in carriera), tirando col 50% dal campo e oltre al rendimento sul parquet ha modificato il proprio comportamento, convincendo coach Kidd.
“Guardando Kyrie oggi non si ha la percezione che in passato potesse essere come è stato raccontato. Probabilmente sta riscrivendo la sua storia”, ha detto il coach.
E in effetti sembra proprio così: Irving è più maturo, ha abbracciato il ruolo da guida della squadra diventando un motivatore dello spogliatoio, tanto che a Dallas raccontano come si sia impegnato nell’incoraggiare i giocatori più giovani (il contrario di quanto fatto a Boston). Ancora nessuno sa se questo cambiamento sia definitivo e irreversibile, ma intanto possiamo dire che la nuova versione di KI piace: ai Mavs, ai compagni e a chi guarda le partite anche a migliaia di chilometri di distanza. In questo momento ciò che tutti vediamo è solo il talento, messo a disposizione di una squadra che lotta strenuamente per strappare il vantaggio acquisito nella serie dagli avversari, quei Boston Celtics che a Kyrie proprio non piacciono.