In uno sport come la pallacanestro, e ancor di più in quello professionistico statunitense, la necessità di coniugare spirito sportivo e competizione, con l’impellenza di non far allontanare fans e tifosi dal prodotto offerto, ha sempre guidato le menti più illuminate dei front man che hanno guidato i movimenti fin dagli albori del secolo scorso.
Una linea di confine ben delimitata che facesse da spartiacque tra le competizione a carattere professionistico e quelle che facessero capo esclusivamente alla pura goliardia e divertimento, fu segnata dai mitici Harlem Globtrotters.
Chicago, dove tutto cominciò
Siamo nella periferia Est di una delle città più affascinanti degli Stati Uniti, Chicago, dove, quasi quotidianamente, si allenano dei ragazzi che aspirano a diventare dei giocatori amati da tutti.
La squadra in cui militano è quella della Wendell Philips High School e il periodo fa riferimento più o meno alla metà degli anni 20 del secolo scorso.
L’idea di formare un team che si ponesse esclusivamente come obiettivo quello di intrattenere le famiglie incuriosite a vedere il basket esclusivamente sotto un occhio goliardico e divertente, non si sviluppò immediatamente.
Crebbe piano piano grazie all’arrivo in squadra di colui il quale viene riconosciuto un po’ da tutti come lo storico fondatore dei Globtrotters che oggi tutti noi conosciamo, Abe Saperstein.
Alcuni di questi giovani virgulti, si resero conto che diversificando il loro riscaldamento prima delle partite ufficiali, la gente si divertiva molto di più e cominciò così una sorta di pellegrinaggio nei palazzetti di Chicago, qualcosa che servisse a riscaldare il pubblico poco prima di un avvenimento primario, una gara di pattinaggio, una convention politica, un concerto.
La prima partita
Saperstein diventò da subito la vera anima spirituale e prettamente tecnica della squadra, prendendone i comandi anche come allenatore.
I Savoy Big Five, questo il loro nome originale derivato dalla prima sala da ballo in cui si esibivano con una certa frequenza, era formato da un nugolo di ragazzi afroamericani ai quali non era consentito fare parte dell’elite bianca a cui era circoscritta la possibilità di giocare nelle leghe professionistiche nazionali della pallacanestro dell’epoca.
L’idea di chiamare “Harlem” la sua creatura, fu una finta mossa di marketing, atta, in realtà, a sensibilizzare il tema dell’odio razziale negli Stati Uniti. Harlem, come chi ci legge saprà benissimo, è infatti il famoso quartiere afroamericano di New York City.
Saperstein era figlio di un sarto e cucì a mano lui stesso i bordi, i nomi e i numeri delle mitiche divise bianche, rosse e blu con le quali Walter “Toots” Wright, Byron “Fat” Long, Willis “Kid” Oliver, Andy Washington e Al “Runt” Pullins scesero in campo agli albori dei Trotters.
La prima partita si giocò il 7 gennaio del 1927 e la squadra viaggiò per circa 48 miglia a Ovest di Chicago, precisamente a Hinckley, da dove gli Harlem cominciarono la loro ascesa inarrestabile.
Una prima stagione da ricordare
I primi tempi furono molto diversi rispetto agli anni d’oro che conosciamo tutti e che segnarono veri e propri tornei e partite di esibizione.
Nella prima parte della loro storia, infatti, questi ragazzi furono fedeli alla concezione del regolamento in atto allora e vinsero 101 partite su 117 durante la loro prima stagione, ottenendo successi clamorosi a livello di riconoscibilità in tutto il MidWest, anche alla luce degli avversari che decisero di misurarsi contro di loro.
Saperstein ricoprì il ruolo di allenatore, all’occorrenza sostituto giocatore e, soprattutto, anima organizzativa delle partite alle quali partecipavano i suoi ragazzi.
Nel 1936 avevano già giocato più di 1.000 partite, frutto di una più ampia partecipazione ad eventi che prendevano forma oltre il distretto di Chicago.
È lo stesso sito dei Globtrotters a mettere in evidenza gli Stati in cui si esibivano i primi giocatori: Wisconsin, Minnesota, Iowa, Michigan, Montana, Washington e Nord e Sud Dakota, anche se i Globetrotters non giocarono una partita ad Harlem a fino al 1960.
La loro prima apparizione in un campionato nazionale ufficiale è datata 1939 e in quel periodo cominciarono ad aggiungere trucchetti per la gestione della palla e della disposizione in campo, solo nel momento in cui il vantaggio o lo svantaggio della partita in corso, assumeva dimensioni irrecuperabili dall’una o dall’altra squadra.
Ai loro tifosi la cosa piacque parecchio e Saperstein si chiese se non fosse il caso di entrare in campo esclusivamente con lo scopo di divertire le folle e fare i pagliacci, nel senso buono del termine.
La vittoria contro una squadra NBA
Nel 1948 i Globetrotters ottennero una particolare forma di rispetto, battendo per la prima volta nella loro storia una squadra di NBA, i Minnesota Lakers, che militavano nella appena nata NBA, preludio alla revoca da parte della Lega di far giocare tra le proprie squadre affiliate solo giocatori neri.
Il mito degli Harlem Globtrotters intesi come giramondo, prese forma qualche anno dopo, quando cominciarono a riempire le arene di tutto il mondo, Berlino Mosca e, addirittura Roma, dove fu organizzato un evento sotto gli occhi di Papa Pio XII.
Erano i tempi in cui, tra le loro fila, fecero apparizioni gente come Wilt Chamberlain, Comnnie Hawkins e Nat Clifton.
Poco dopo la morte di Abe Saperstein avvenuta nel 1966, la squadra cambiò proprietà per due volte nel giro di pochi anni, prima attraverso l’acquisto di alcuni facoltosi uomini d’affari di Chicago per 3,7 milioni di dollari, per poi essere ceduta alla Metro Media per poco più di 11 milioni.
L’apice del successo dei Trotters, arrivò alla fine degli anni ’70, ma fu solo l’inizio della parabola discendente.
Nel 1985 fu inserita la prima donna in squadra, la medaglia d’oro olimpica Lynette Woodard, ma fu un tentativo che non servì a raddrizzare la baracca.
La squadra perse consensi e fans fino ai giorni nostri, durante i quali sono in tanti ad associare l’ormai pochissimo seguito dei Trotters, alla spettacolarizzazione del campionato NBA, dove alcune delle primordiali azioni degli Harlem Globetrotters, sono diventate compagne fedeli di una normalissima partita di regular season e, soprattutto, dell’All Star Game.
Hall Of Fame
Gli Harlem Globetrotters hanno giocato davanti al pubblico di qualcosa come 115 paesi ed è stato calcolato che circa 120 milioni di persone di tutto il mondo, abbiano pagato per assistere a un loro evento.
Anche il mondo del cinema si accorse di loro, girando un paio di film sulla loro storia, oltre che due serie animate negli anni ’70.
Il valore sociale del loro intrattenimento fu certificato da una stella sulla Hollywood Walk Of Fame, oltre che da una mostra permanente allo Smithsonian Institute.
Ma il riconoscimento più grande è arrivato nel 2002, quando sono stati inseriti di diritto nella Basketball Hall Of Fame.