Il ruolo del centro nella pallacanestro è quello probabilmente più affascinante ed è in via di estinzione poiché la pallacanestro moderna prevede tutto un altro spartito. È un ruolo che comincia ad essere legato in qualche modo al passato e uno dei suoi migliori interpreti è stato Hakeem Olajuwon.
I cigni neri
La comunità afroamericana stabilitasi negli Stati Uniti, ha dato origine a una forte percentuale di cittadini americani discendenti dagli schiavi africani portati negli USA in larga quantità e la definizione di “African-American” fa riferimento proprio a tali persone.
Nello sport professionistico di quella terra molte di queste persone hanno trovato il loro riscatto solo negli ultimi decenni, una sorta di salvezza sociale riservata a pochi eletti, ma che rappresenta un esempio per tutti.
Da quando lo sport è stato sdoganato negli Stati Uniti, soprattutto durante lo scorso millennio, la comunità afroamericana ha messo in evidenza tutta una serie di atleti meravigliosi che hanno dato lustro alle discipline sportive stelle e strisce.
Il basket è probabilmente l’esempio più calzante, tanto che la Lega NBA ha dovuto attingere direttamente dal Continente Nero per rimpolpare le proprie squadre e renderle sempre più competitive.
Africani a canestro
Non è un caso che durante la parte finale del secolo scorso, un numero sempre più rilevante di cestisti africani, abbiano cominciato a calcare i palazzetti e gli stadi chiusi più importanti del mondo.
Il campionato professionistico venne letteralmente preso d’assalto da tutta una serie di giocatori che rimarranno nel firmamento della NBA e gli esempi non sono pochi.
Il Congolese Dikembe Mutombo, il compianto sudanese Manute Bol, i senegalesi DeSagana Diop e Boniface N’Dong, il nigeriano Michael Olowokandi, sono alcuni dei giocatori ai quali ci riferiamo.
Ma il discorso si amplifica se arriviamo ai giorni nostri quando pensiamo a Serge Ibaka e Bismack Biyombo, congolesi, Luol Deng, sudanese, Joel Embiid e Pascal Siakam, camerunesi, Al-Farouq Aminu, nigeriano ecc. ecc.
Il più grande di tutti
Tra queste liste ne manca uno, il più grande di tutti, Hakeem Abdul Olajuwon, colui che più di altri seppe catalizzare l’attenzione sul suo gioco non solo per celestiali caratteristiche tecniche, ma anche per il suo modo di comunicare che lo resero tra i più celebri giocatori della storia NBA.
Akeem nasce a Lagos, la quarta città più popolosa al mondo coi suoi oltre 16 milioni di abitanti.
Grazie alla sua incredibile versatilità tecnica e posturale, Olajuwon venne osannato da colui che viene considerato il giocatore più forte del mondo, Michael Jordan, che lo descrisse come il centro più completo della storia del basket.
Secondo NBA.com, la sua altezza raggiunse i 213 centimetri per un fisico statuario di 116 kg.
La sua infanzia non fu poi così male, come quella di altri suoi colleghi NBA: nacque nel 1963 da una famiglia benestante che gli permise di praticare tutta una serie di sport che lo formarono fisicamente, tra gli altri calcio e pallamano.
Il trasferimento negli USA
Dopo solo pochi anni di pallacanestro giocata in Nigeria, notato da un osservatore dell’Università di Houston, a 19 anni è proprio in Texas che si stabilisce ed è da lì che non si muoverà praticamente mai più.
Non sono in tanti ad accorgersi del potenziale del centro nigeriano, ma appare immediatamente palese che i movimenti offensivi del ballerino da 116 kg, hanno bisogno di tutto, tranne che di un nome e di un cognome.
Col passare del tempo Hakeem affina e migliora capacità fuori dalla norma derivanti solo ed esclusivamente dal suo talento, non certo da ciò che ha imparato in quella fase di età che noi italiani dedichiamo al mini basket, specialità che egli saltò a piè pari.
La capacità dell’utilizzo del piede perno fu una sorta di clinic perpetuo da osservare al microscopio per capire come fosse possibile per uno come lui sfruttare le caviglie in quella maniera.
Spaziature, canestri e stoppate
La capacità di miglioramento fu un altro dei punti focali della straordinaria carriera di Olajuwon.
A prescindere dal fatto che giocasse molto vicino a canestro secondo la rigida tattica degli allenatori di allora, era altresì molto chiaro che pur allontanandosi dal ferro non avrebbe sfigurato. E non sfigurava.
Talento al servizio del lavoro, quindi, visto che la sua attitudine di mettere caterve di punti ad ogni partita non può essere solo il frutto di una innata vena artistica, ma abbisogna di tutta una serie di accorgimenti che solo un estenuante lavoro in palestra possono affinare.
Non si dimentichi, in mezzo a questo turbinio di parole al miele, che il nigeriano sarebbe tra le altre cose uno dei 4 giocatori ad avere realizzato una quadrupla doppia insieme a “gentaglia” del calibro di Nate Thurmond, Alvin Robertson e David Robinson.
Il “dream shake”
Durante la sua lunghissima militanza a Houston, qualcosa come 1.177 partite disseminate su 18, leggasi diciotto, stagioni, Akeem (con o senza acca iniziale va bene uguale), inventò dei movimenti che lo aiutarono ad allontanarsi dal canestro, affinché i difensori potessero avere sempre meno opportunità di limitarlo.
Uno di questi è stato quello che in tanti hanno provato a neutralizzare, ma senza successo, il “dream shake”.
Il fine era quasi sempre quello di terminare la sua azione con un tiro, fosse in sottomano o dalla media distanza: cominciava con un arresto, ruotava su sé stesso senza completare il giro per poi fintare e riprendere lo stesso percorso con il corpo ma dalla parte opposta, per poi concludere, appunto, con un tiro, oppure molto più raramente con un assist ad un compagno più libero in caso di raddoppio.
Ed erano quasi sempre almeno due punti.
Record su record
Olajuwon chiuse la carriera a Toronto all’alba del nuovo millennio, nella stagione 2001-2002, quando giocò 61 partite realizzando ulteriori 435 punti, che, aggiunti a quelli di Houston, originarono l’undicesimo marcatore della storia e miglior realizzatore di Houston di sempre.
Ai Rockets ha contribuito ai due titoli di fila conquistati nel 1994 e nel 1995, anni in cui è stato eletto MVP delle Finals, oltre allo stesso titolo personale conquistato nel 1994 per la sola regular season.
È stato per ben 12 volte All Star, frutto della carica di miglior rimbalzista in due stagioni e miglior stoppatore in 3.
Più di un giocatore si è rivolto al nigeriano per migliorare la propria abilità e parliamo di luminari come Kobe Bryant, Lebron James e Carmelo Anthony, tutti alla ricerca di carpire qualche segreto su quel movimento così difficile da utilizzare.
Oggi Olajuwon è ambasciatore della NBA in Africa ma vive ancora a Houston insieme alla sua seconda moglie Dalia Asafi, sposata nel 1996.
Da non perdere la sua biografia, “Living the dream, my life and basketball”, scritta a 4 mani con l’autore Peter Knobles.