Se dici Dinamo Sassari, pensi immediatamente al Triplete del 2015, anno di grazia nel quale la squadra di basket sarda, guidata in panchina da Romeo Sacchetti e figlia del suo “run & gun” vinse Scudetto, Coppa Italia e Supercoppa.
Un’annata magica per una squadra magica, alla quale riusciva bene tutto, che ha dato il via a un movimento che nel corso degli anni ha trasformato un posto di per sé incantevole come Sassari (e la Sardegna tutta), in una meta appetita e appetibile da grandi campioni, del campo e della panchina, una terra di cui innamorarsi.
Quel fantastico Triplete
L’annata 2014-15 resterà senza eguali. Costruita già qualche anno prima con buoni piazzamenti in massima serie (raggiunta nella stagione 2009-10) e una Coppa Italia conquista nel 13-14, è dal settembre 2014 che qualcosa di pazzesco sembra poter capitare. Sassari organizza la Supercoppa in casa, sbriciola la Virtus Roma in semifinale e poi impacchetta la Milano di Banchi in finale, sollevando il secondo trofeo in due anni consecutivi.
Seconda al giro di boa di metà campionato, raggiunge le Final Eight di Coppa Italia, quell’anno disputate a Desio, con i galloni per poter difendere il titolo dell’anno precedente. Vince la semi con la Reggiana e batte nuovamente l’Olimpia in finale, trascinata da Dyson e Logan, folletti quell’anno davvero imprendibili.
La favola si arricchisce dell’ultimo e più importante capitolo: lo scudetto. Ancora Milano sulla strada della Dinamo, che viene superata dopo una difficile serie e in finale arriva l’altra squadra sorpresa dell’anno, Reggio Emilia. Si arriva a gara 7, si gioca al PalaBigi ma nonostante questo Dyson, Sanders e Logan hanno un compito da portare a termine. La storia si conclude con lo storico (e fin qui unico) scudetto!
Un crescendo comune, di squadra e comunità
La vittoria del triplete è stato un trampolino di lancio, per la società e per i suoi tifosi, che forse andrebbero più correttamente definiti appassionati, nel senso più puro del termine passione. Se è vero infatti che la dirigenza e la società, sotto l’egida dell’ormai storico presidente Stefano Sardara, hanno investito, già da prima del Triplete, energie e risorse per far crescere strutturalmente la società, è altrettanto vero che il motore che sta dietro a tante vittorie della Dinamo sono i suoi affezionatissimi fans.
Presenti, passionali, ingegnosi rispetto ad iniziative che coinvolgano la loro comunità così come gli occasionali. Si sono inventati, ad esempio, “Cofani Aperti”: un quinto tempo cestistico, solitamente svolto al termine dei lunch match domenicali, dove ciascuno porta cibo e bevande per consumarle tutti insieme attorno alle proprie vetture, aprendo i cofani appunto. Un’iniziativa che coinvolge anche giocatori, staff della squadra e tifosi avversari, a Sassari così come negli eventi ai quali i sassaresi partecipano in numero copioso (es. la Coppa Italia).
Un modus operandi unico tra le tifoserie dello stivale, che ha riscosso tanto successo anche in altre piazze, che hanno accolto di buon grado gli inviti dei sardi, contribuendo col vitto e costruendo così amicizie trasversali.
Una terra che fa innamorare
Per i tifosi sassaresi il basket è il punto di riferimento, l’evento settimanale dove ritrovarsi per condividere la propria passione, e questo affetto viene trasmesso agli interpreti in campo, che si innamorano letteralmente della terra sarda.
Tanti, tra giocatori e allenatori, quelli che hanno fatto in modo di starci più a lungo possibile, di tornarci o di non volersene più andare. Due esempi lampanti sono quelli di Gianmarco Pozzecco e Stefano Gentile. Il primo, oggi coach di Nazionale italiana e ASVEL Villeurbanne, è stato tecnico della Dinamo dal 2019 al 2021, vincendo la prima storica coppa europea della società sarda, la FIBA Europe Cup (18-19) e la Supercoppa italiana dell’anno successivo. Spesso ha dichiarato il proprio amore verso la Sardegna – dove prima di allora andava solo in vacanza (e chi non lo fa?!) – e i suoi abitanti, popolo “rustico” e rude per certi versi, ma particolarmente attento, presente e accogliente verso chi è aperto e protettivo con loro, e il Poz in questo è un assoluto maestro.
Parte di quel roster, dal 2018 alla Dinamo, è stato ed è Stefano Gentile, uno che dalla Sardegna non vuole proprio più andarsene. Giocatore che ha sempre fatto parte della second unit – quasi in tutte le squadre in cui ha militato – ma di cui difficilmente un coach vorrebbe privarsi. Mai una parola fuori posto, costante, gagliardo nell’atteggiamento, umanamente impeccabile, ha deciso di restare a Sassari e farci famiglia (suo figlio è nato lì), sentendosi sempre più parte del popolo che l’ha accolto e della famiglia biancoblu, di cui è solido portabandiera.
Così come loro, tanti altri hanno fatto “l’uovo” in Sardegna, costruendo buona parte delle loro fortune cestistiche proprio lì: da coach Meo Sacchetti ai fratelli Travis e Drake Diener, da David Logan agli attuali Eimantas Bendzius e Filip Kruslin passando per Brian Sacchetti e Jack Devecchi, che dalla terra natia di Sant’Angelo Lodigiano, passando per tre stagioni all’Olimpia Milano senza praticamente mai giocare e dalla Sutor Montegranaro, dal 2016 al 2023 è stato anima e corpo della Dinamo, con cui ha vinto i quattro trofei che dal 2014-15 a oggi hanno reso il Banco di Sardegna Sassari una delle squadre di riferimento del nostro basket, anche a livello europeo.
Le difficoltà di oggi
I fasti di un tempo, oggi, sembrano molto lontani. La stagione in corso infatti sta mettendo in mostra una Dinamo non ancora al meglio delle proprie possibilità: una sola vittoria su cinque gare disputate e la classifica che piange, con le sole Treviso e Brindisi al di sotto. Fin qui senza il suo miglior giocatore, Bendzius, il Banco ha fatto moltissima fatica a inserire i nuovi, alternando partite discrete a clamorosi tonfi, come quello casalingo con Napoli e la sconfitta contro la neopromossa Cremona. Uno dei punti bassi del recente passato del Banco di Sardegna, che l’anno scorso è riuscito a ritagliarsi un posto tra le migliori quattro d’Italia, arrivando fino alla semifinale scudetto.
Roster cambiato ma stessa guida tecnica, quel Piero Bucchi che dopo un inizio complicato è entrato nel cuore dei tifosi sassaresi, che ora farebbero fatica a privarsene pur con risultati sicuramente non eccelsi. La capacità però dell’ambiente, inteso proprio come un tutt’uno tra società, squadra e tifosi, è quella di risollevarsi standosi vicino e confidando di poter contare sulle proprie forze, come da sempre fa il popolo sardo, che si è sempre sentito una costola rispetto alla penisola italiana e che per questo si è costruito una forte corazza.
Con questi presupposti, e col rientro di Bendzius, è plausibile che il prossimo futuro della Dinamo torni a essere più roseo dell’attualità, ma ciò che farà sempre la differenza in quella terra sarà l’amalgama che si crea tra squadra e tifosi, qualità che rende Sassari un luogo unico per fare pallacanestro in Italia.