La fisica è la scienza che descrive tutti i fenomeni naturali, ovvero tutto ciò che ci circonda.
Ci sarà sicuramente capitato quindi di osservare il nostro sport preferito e chiederci quali regole ne governino le dinamiche o anche solo i motivi per cui certi gesti e certe azioni vengono compiute in un determinato modo per funzionare.
Se avete per caso visto una gara di salto con l’asta per esempio, vi sarete subito accorti come da piccoli dettagli dipenda l’esito positivo o negativo di ogni azione: dal superare correttamente l’asticella fino al fallimento totale del tentativo.
Scoprire le leggi fisiche che ne determinano l’esito non ci farà diventare dei grandi atleti della disciplina, ma forse ci farà guardare gare di questo tipo con tutto un altro approccio.
Il salto con l’asta: breve spiegazione del gesto tecnico
In linea di massima le cose sembrano semplici. C’è un atleta che ha in mano un asta di una lunghezza variabile da 5,1 a 5,3 metri, con cui dovrà lanciarsi oltre un’asticella posizionata a una certa altezza (per i maschi il record è oltre i sei metri).
Ci sono varie fasi durante ogni tentativo. C’è la rincorsa in cui l’atleta corre il più velocemente possibile, il momento in cui deve infilare l’asta nell’appoggio, quello in cui si darà la spinta per l’elevazione, quello in cui dovrà sfruttare la spinta dell’asta per oltrepassare l’asticella e infine la ricaduta sul materasso dopo il salto.
Ognuna di queste fasi è soggetta a leggi specifiche della fisica che necessitano di un’esecuzione perfetta per raggiungere il massimo risultato, soprattutto per quanto riguarda la spinta e l’elevazione, da cui risulterà poi la forza ricavata per andare sempre più in alto oltre l’ostacolo.
La fase della corsa
La prima fase è fondamentale per prendere la giusta velocità che servirà poi come forza da mettere in gioco per i passaggi successivi. L’accelerazione che l’atleta riesce ad avere serve quindi per incamerare energia cinetica.
In pratica più andrà veloce e più energia avrà a disposizione, anche in rapporto alla massa dell’atleta stesso. Volendo tradurlo in formula:
E = 1m*v^2 (con m come massa del corpo e v come velocità)
La fase dell’appoggio e la spinta
Uno dei principi cardine dell’energia è che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Dopo la prima fase quindi abbiamo una certa quantità di energia cinetica (quella di un corpo in movimento) che dovremo in qualche modo utilizzare per portarci verso l’alto, fino oltre l’ostacolo.
In questa fase ci sono diversi ulteriori fattori da tenere in considerazione, tutti però dovranno avere come riferimento quella che è la “Legge di conservazione dell’Energia“, di cui il salto con l’asta ne è esempio perfetto. In pratica, dal punto di vista fisico il salto è molto semplicemente l’esito della trasformazione dell’energia da cinetica a potenziale gravitazionale e più l’atleta riesce a non disperdere energia in questo passaggio, più il salto sarà migliore.
Abbiamo detto che l’energia cinetica di partenza è data dalla corsa inziale, ma è anche vero che l’atleta darà ulteriore peso a questa forza tramite lo slancio di gambe e le braccia che spingono sull’asta.
Dare spiegazioni precise di queste forze durante un salto è effettivamente parecchio difficile visto che sono movimenti in continuo cambiamento che risulta impossibile analizzare in maniera semplice.
Ci basti sapere però che a livello teorico, l’altezza del salto potrebbe essere ricavata da una semplice formula:
H = v^2 / 2g
Di fatto però non sarà mai così, soprattutto per via del Centro di Massa che in realtà non è quello di partenza a zero, ma cresce da circa 1 metro iniziale (quello dell’altezza media dell’atleta) e arriva fino ai 5 metri circa durante il salto.
Altre variabili in gioco: l’angolo dell’asta e l’energia elastica
Ci sono poi ulteriori variabili che influenzano direttamente il buon esito del salto. Altrettanto importante infatti è l’angolo tra l’asta e il terreno al momento dello stacco: maggiore sarà l’angolo che riusciamo ad avere, maggiore sarà l’energia che riusciremo ad avere (questo perché appunto, alzeremo il nostro centro di massa al momento dello slancio).
Modificare questo angolo è possibile sia aumentando la velocità prima di appoggiare l’asta, sia cambiando l’altezza dell’impugnatura (anche se poi sarà maggiore la forza che dovremo imprimere con le braccia).
Ma c’è anche un’altra cosa da considerare: l’elasticità dell’asta stessa. Proprio la forza che ci restituisce l’asta al momento di tornare alla sua naturale posizione verticale, è ulteriore energia che andrà a sommarsi a quella cinetica e quindi che potremo trasformare in potenziale gravitazionale per andare ancora più in alto.
Lo stacco e la caduta
Se avete visto una gara di salto in alto, vi sarete accorti anche che quasi tutti gli errori sembrano avvenire proprio in prossimità dell’asticella. Ma come è facile immaginare, un salto sbagliato quasi mai arriva da uno sbaglio sul finale (pure sono fondamentali i movimenti del corpo utili per dare la spinta finale durante lo stacco dall’asta) quando da errori precedenti che non hanno fornito sufficiente energia per arrivare abbastanza in alto.
Come detto, in linea teoria si tratta semplicemente di una trasformazione di energia dove l’atleta che riesce a disperderne il meno possibile, sarà anche quello che riuscirà ad andare più in alto. Ma all’atto pratico sono talmente tanti i movimenti di questo gesto, che è impossibile riuscire ad analizzarli tutti sulla carta.
Ecco perchè il talento di alcuni atleti, è fatto più di istinto ed esperienza, che non di studio fisico delle dinamiche da affrontare. L’unica cosa su cui abbiamo certezza, è la fisica della caduta. Per quello dipende solo l’altezza a cui sono riusciti ad arrivare e la forza di attrazione gravitazionale.
Per tutto il resto, si spera sempre ci sia un soffice materasso ad accoglierli (anche se, occhio a spingere lontano l’asta e non cascarci sopra!).