Si è conclusa la rassegna iridata di atletica in scena a Eugene, in Oregon, con un bilancio azzurro in dolce amaro.
La medaglia d’Oro di Massimo Stano nella gara 35 chilometri in scena all’ultima giornata, restituisce il sorriso a tutta la pattuglia italiana, che pure con mille problemi e diversi forfait importanti, ha più di un motivo per considerare questa esperienza pienamente positiva.
Il paragone impossibile con Tokyo
Partiamo da un presupposto: fare meglio o anche solo uguale alle incredibili cinque medaglie d’Oro di Tokyo, era assolutamente impossibile. La condizione atletica non eccellente con cui molte delle nostre punte di diamante si sono presentate a questi mondiali, non lasciava alcuna possibilità di replicare il successo olimpico.
Antonella Palmisano non è nemmeno partita per gli States, mentre per Marcel Jacobs l’avventura è finita dopo le batterie per un riacutizzarsi del suo problema muscolare (assenza che pesa anche sulla staffetta). Aggiungiamo un Gianmarco Tamberi alle prese con un piccolo infortunio, ed ecco che le conferme diventano sempre più difficili.
Messo quindi da parte questo improponibile confronto, resta la domanda: come sono andati alla fine questi mondiali per i colori azzurri?
Il bilancio delle medaglie
C’è una chiave di lettura molto pragmatica, che tiene il conto delle sole medaglie vinte. In questo caso la medaglia d’Oro conquistata in extremis da Massimo Stano, ha dato alla pattuglia azzurra una spinta assolutamente positiva, chiudendo i mondiali con un Oro e un bronzo (quello di Elena Vallortigara nel salto in alto).
Bottino che già rappresenta il miglior bilancio azzurro dai mondiali del 2003 in Francia (un oro e due bronzi allora). Se aggiungiamo che nelle ultime tre edizioni l’Italia era uscita rispettivamente con zero medaglie (nel 2015 a Pechino) e un bronzo (sia nel 2017 a Londra che nel 2019 a Doha), ecco che le cose sembrano essersi messe decisamente meglio in questi ultimi anni.
E lo possiamo vedere ancora meglio prendendo in considerazione un altro parametro, quello della classifica “a punti”.
La classifica a punti: Italia al top
La classifica a punti nel mondiale di atletica leggera, si ottiene sommando tutti i piazzamenti nelle prime otto posizioni (che ottengono punti da 1 a 8). In questo caso l’Italia ha chiuso la kermesse con ben 39 punti all’attivo, che rappresentano il 12° posto assoluto tra le nazioni in gara.
Con i due piazzamenti a medaglia infatti, gli azzurri sono arrivati in totale 10 volte tra i primi otto. Per ben tre volte siamo arrivati alla fatidica “medaglia di legno”, con il quarto posto di Gianmarco Tamberi nel salto in alto, di Sara Fantini nel lancio del martello e di Andrea Dellavalle nel salto triplo.
A questi vanno aggiunti i punti racimolati dal quinto posto di Emmanuel Ihemeje (anche lui nel salto triplo), dei due settimi posti delle staffette 4×400 mista e 4×400 femminile, e dei due ottavi posti conquistati dalla staffetta 4×100 femminile (con tanto di nuovo record italiano) e di Valentina Trapletti nella 20 chilometri di marcia.
Le delusioni azzurre: sfortune e rimpanti
Detto del forfait di Jacobs e della Palmisano, anche per un altro oro olimipico come Filippo Tortu le cose non sono andate benissimo. Nei 200 metri la finale è mancata per un soffio, pur segnando il suo nuovo record personale sulla specialità con un 20.10 che però vale solo il nono posto.
Lo stesso Tortu, insieme a Patta, Desalu e Ali, hanno mancato la finale della 4×100 con un decimo posto in qualificazione. Velocità amara anche al femminile, con la Dosso fuori nelle batterie dei 100 metri, salvo poi riprendersi insieme alle compagne della 4×100 con un settimo posto e tanto di record italiano.
Delusione anche per Roberta Bruni, che si approcciava alla gara del salto con l’asta con la quarta misura stagionale al mondo, ma non è riuscita nemmeno a centrare la finale (chiude 16° a 4.35, così come l’altra italiana Elisa Molinarolo.
Male Gaia Sabatini, che nei 1500 non solo non riesce ad arrivare in finale, ma viene persino squalificata per un contatto. Peccato invece per Nick Ponzio, che nel lancio del peso arriva in finale con la quarta misura, salvo poi fare peggio proprio sul più bello chiudendo al nono posto (ottenendo comunque la sua miglior prestazione).
Le sorprese di oggi, e di domani
Malgrado qualche delusione però, come detto c’è di che essere soddisfatti per questa spedizione azzurra, soprattutto in ottica futura, visto che molti dei piazzamenti sono arrivati (alcuni anche a sorpresa) da giovani in netta crescita.
Nel salto triplo per esempio, il duo di azzurri Andrea Dallavalle e Emmanuel Ihemeje, rispettivamente di 22 e 23 anni, rappresentano una carta importante da giocarci nel prossimo futuro.
Stesso discorso per Sara Fantini, che a 24 anni continua a segnare misure sempre più importanti in progressione (un personale quest’anno che gli sarebbe valso l’argento mondiale).
E crescono anche atlete che qua non hanno centrato la finale, ma hanno continuato a migliorare nel loro personale, come Ayomide Folorunso nei 400 ostacoli (fuori d’un soffio malgrado il record italiano portato a 54.34).
Insomma i motivi per guardare al futuro in maniera più che positiva ci sono tutti, sia per quanto riguarda il recupero dei nostri top (Jacobs in primis), sia per i ragazzi che stanno crescendo e portando risultati sempre più concreti e convincenti.
E il futuro ha un luogo preciso: i Campionati europei di atletica leggera 2022 in scena a Monaco di Baviera a partire a 15 agosto. Là dove lo stesso Mei (Presidente della Fidal) ha promesso che l’Italia farà il nuovo record di medaglie. Staremo a vedere, le speranze però, ci sono tutte.