“Sarebbe bello salire quelle scalette ed entrare nella Bombonera da giocatore del Boca”, non è il pensiero di un calciatore qualunque, bensì di Daniele De Rossi, uno abituato a vivere il calcio 24 ore al giorno in una gabbia di matti, uno che è alla continua ricerca di un ambiente stimolante che tenga accesa la fiammella, che ha eretto a miti leggende gialloblu come Maradona e Riquelme, che ha bisogno di tifosi passionali e di una società solida e seria, per uno così, l’unica scelta possibile per riassaporare la vera essenza del futbol è stata quella di indossare la maglia del Boca.
L’origine del mito
Tutto nasce nell’aprile del 1905 a Buenos Aires, ci troviamo nel popolare quartiere de La Boca, un malfamato barrio abitato prevalentemente da emigranti genovesi (da qui deriva Xeneizes, cioè genovesi in spagnolo, il soprannome della squadra) quando un gruppo di 5 giovani italiani decide di creare quella che poi sarebbe diventata la squadra più vincente del Sud America. La casa dove avvenne l’incontro era quella di Esteban Baglietto di origini genovesi, con lui c’erano Alfredo Scarpatti, Santiago Pedro Sana e i fratelli Juan e Teodoro Farenga, di origini lucane, si decise di dare alla società il nome del quartiere in cui era nata e poi seguendo la moda vigente allora in Argentina, si aggiunse Juniors, al fine di dare un’impronta britannica alla squadra.
I colori sociali
Nei primi anni di vita del club furono adottate diverse casacche tra cui una rosa e una azzurra, poi sostituite da una divisa bianca con strisce nere verticali. Le prime uscite con questi colori non avevano portato troppo bene, così decisero di liberarsi della divisa (in verità la leggenda afferma che letteralmente le distrussero) e di scegliere dei nuovi colori sociali, per i quali nacque un acceso dibattito fra i soci. Non riuscendo a trovare un accordo decisero di affidarsi alla sorte, uno di loro Juan Rafael Brichetto, che l’anno prima era stato presidente del club e che di mestiere era manovratore di uno dei ponti d’ingresso del porto di Bueno Aires propose: “andiamo al molo e vediamo la prima nave che passa”.
Andarono così sul posto, molti raccontato che la nave che passò fu la Drottning Sophia “Regina Sophia”, altri la “Oskar II” per altri ancora la “Prinsessan Ingeborg”, l’unico certezza comune a tutti questi bastimenti fu uno solo: a poppa sventolava un vessillo giallo e blu, la bandiera svedese. La discussione finalmente si placò: il giallo e il blu sarebbero stati i colori del Boca Juniors.
La prima gara ufficiale
Solo una cosa è certa quando c’è il Boca Juniors di mezzo, è difficile mettersi d’accordo su qualcosa. Dopo la leggenda sulla maglia bianconera e le storie su che nave passò per prima al porto esistono teorie discordanti anche sul risultato della prima gara ufficiale, quella giocata contro il Mariano Moreno, nel giugno 1905, con in campo sette italiani.
Tra le poche certezze tramandate ai posteri fu il modo di giocare, un vero inno al calcio totale: dalle cronache, in campo risultano solamente due difensori di ruolo, Vergara e Cerezo. Per qualcuno fu un 4-0, per altri 3-1, chiaramente a favore de il Boca. Si racconta che il depositario di questo segreto era il barbiere Silvino, quello con il negozio in calle Brandsen. Purtroppo per noi, dopo aver tenuto duro fino al 2003, a più di cento anni, ha lasciato tutti nel dubbio, portandosi il segreto nella tomba.
Lo stadio
La Bombonera, più che un semplice stadio, è il tempio, ribollente, nella passione degli Xeneizes. E’ stato inaugurato nel 1940, l’Estadio ‘Alberto José Armando’ è ormai da tempo immemore il cuore pulsante del vivo e colorato quartiere de La Boca, a oggi, dopo varie ristrutturazioni, ha una capienza complessiva di oltre 57mila posti, di cui 49mila a sedere.
Il nome attuale risale a tempi di una delle recenti ristrutturazioni datata 2002, prima di allora, era l’Estadio ‘Camilo Cichero’, in memoria di un altro dei presidenti del Boca. Il soprannome con cui è celebre è dovuto al commento di uno dei progettisti che, una volta terminato l’impianto, lo paragonò a una scatola di cioccolatini, bombones, che aveva ricevuto in regalo il giorno dell’inaugurazione.
L’inusuale forma delle gradinate costruita in verticale fa avere allo stadio un effetto acustico unico nel suo genere, che molto ha influito ( insieme alle dimensioni del campo da gioco, minimo Fifa ) nella costruzione del mito de “La Doce” (Doce sta per dodicesimo uomo in campo), una delle curve più famose del mondo.
Essere del Boca
Una vera istituzione, è quello che rappresenta il Boca per i tuoi tifosi, se c’è qualcuno che vive la vita novanta minuti alla volta sono proprio gli Xeneizes. Durante la settimana si sgobba al lavoro che sia al porto o in una delle innumerevoli fabbriche, poi finalmente è domenica è arriva il momento di andare alla Bombonera a tifare Boca.
Negli ultimi decenni noi italiani abbiamo perso l’essenza del vero tifo, abbiamo dimenticato come si sostiene veramente la propria squadra del cuore, in Argentina no, è tutto ancora come una volta, probabilmente non riusciamo nemmeno ad immaginarci il modo in cui loro partecipano, in special modo l’attaccamento che hanno quelli del Boca.
La domenica è sacra, non esiste impegno che potrebbe allontanare uno xeneize dalla Bombonera o da un altro stadio in un qualche sperduto barrio, il Boca non è una fede, il Boca è una ragione di vita. E’ tutto scritto nel codice genetico. Quegli immigrati genovesi che fondarono la squadra, non avevano nulla per cui vivere, se non il calcio. Il calcio era la vita. Lo stadio lo sfogo. La partita era già da allora l’appuntamento della settimana.
E così è rimasto.
I trionfi
Il Boca è l‘unica squadra argentina a non essere mai retrocessa: dal 1913 milita ininterrottamente in Primera Division, il primo dei 33 titoli nazionali conquistati dal club arrivò nel 1919, proseguendo con le prime volte, il primo Campeonato Nacional è datato 1969, il primo campionato di Apertura invece è del 1992, mentre la prima Clausura è stata aggiudicata nel 1999. A livello internazionale, il Boca, insieme all’Independiente, è una delle due squadre sudamericane ad essersi aggiudicati più titoli. Dopo le 4 coppe internazionali, vinte dal 1919 al 1946, è nel 1977 che inizia la storia dei grandi trionfi degli Xeneizes, con la Copa Libertadores, la prima di sei ( l’ultima è datata 2007 ) che si vanno a sommare alle tre coppe Intercontinentali, di cui l’ultima nel 2003 a spese del Milan.
Ad oggi sono 52 titoli in tutto, tra nazionali e internazionali, risultando la società argentina più vincente in ambito calcistico.
L’antitesi Biancorossa
Il destino, fin da subito, ha opposto al Boca un rivale più che degno. Accade infatti che quattro prima della fondazione dei gialloblu, nella zona nord dello stesso quartiere di Buenos Aires, nell’elegante Barrio Palermo, nasceva una vera e propria antitesi.
Borghesia e popolo, Ricchezza e povertà, bianco e nero, Bombonera e Monumental, River Plate e Boca Juniors.
La leggenda narra che l’altra metà di Buenos Aires, o come amano definirli i tifosi del Boca, “la metà meno uno” ( collegato al fatto che uno degli slogan dei gialloblu è La Mitad Más Uno, la Metà Più Uno ) nacque anch’essa da ragazzi genovesi ( il bianco e il rosso del River, sono i colori di Genova ) che abbandonarono il loro quartiere d’origine da prima per trasferirsi nella zona italiana della città e poi stabilendosi definitivamente, nel Nunez, ricco quartiere borghese situato a nord.
La particolare visione del calcio di quelli del River cozzava completamente con quella dei Xeneizes, il calcio doveva essere uno sport per ricchi e solo con i soldi si poteva vivere di calcio, bisognava in ogni circostanza affermare la propria supremazia, soprattutto in patria. Queste differenza così sostanziali hanno generato un odio tra le rispettive tifoserie, unico al mondo, che è realmente difficile da spiegare a parole. Addirittura fino a metà novecento era proibito sposare un sostenitore dell’altra tifoseria. I derby italiani più accessi, tipo quello tra Roma e Lazio, al confronto del “Superclasico” Boca River sono catalogabili a semplici sfide parrocchiali.