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Alberto Contador e il ciclismo, un rapporto che non si è ancora interrotto e chissà se questo mai succederà: correre, vincere, e dopo il ritiro fondare e mantenere una squadra, oppure commentare le corse.

Lo spagnolo è ancora in gruppo anche se non vestito per gareggiare, è un amore che non finisce mai.

Del resto Alberto Contador, anche quando correva, non lasciava mai nulla per scontato e se c’era da attaccare lo faceva, con esiti spesso trionfali: due Tour de France, due Giri d’Italia e due Vuelta, più un altro Giro e un altro Tour revocati per questioni di doping retroattive.

Nel nuovo secolo uno dei più grandi è stato senza dubbio “El Pistolero”, forse il più grande ciclista spagnolo assieme a Miguel Indurain.

Alberto Contador giovane fenomeno

Uno dei sette corridori, Alberto Contador, ad aver conquistato tutte e tre le grandi corse a tappe. L’unico però assieme a Bernard Hinault ad esserci riuscito almeno due volte a testa.

Tutto fantastico, tutto memorabile, ma nel 2004 lo spagnolo è a un passo non solo dal dare l’addio al ciclismo, ma direttamente alla vita: un aneurisma cerebrale durante una tappa della Vuelta a Asturias, il recupero miracoloso, la possibilità di andare avanti.

Ha 22 anni Alberto Contador all’epoca, per molti è la reincarnazione di Pedro “Perico” Delgado, grande “martello” a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, con un Tour de France vinto e innumerevoli piazzamenti.

Delgado era uno scalatore in realtà molto completo a cui erano mancati solo alcuni dettagli per rendere straordinario un palmarés comunque ottimo.

Alberto Contador invece i dettagli li avrà spesso a suo favore, a cominciare da una migliore tenuta a cronometro pur avendo un fisico non proprio statuario.

Anzi forse lo spagnolo è stato l’ultimo grande campione con un corpo “normale”, l’ultimo grande campione della vecchia era, prima di questa ricchissima di fuoriclasse.

Il primo Tour de France non si scorda mai

Plateau de Beille, come Pantani. Il posto non è male, per niente, per vincere una tappa. Qui il 22 luglio del 2007 Alberto Contador vince, staccando in salita gli altri favoriti, una tappa non banale del Tour de France.

La lotta è durissima con Cadel Evans, più esperto e forse più completo, e con la meteora Michael Rasmussen, prima che quest’ultimo venga squalificato in corsa per doping.

Non è un gran periodo come immagine per il ciclismo, reduce dall’edizione del 2006 con l’imbarazzante caso-Landis e in piena epoca Cera, un “aiutino” farmacologico più sofisticato anche del già sofisticato Epo.

Ci vuole qualcuno che accenda gli animi, uno che vada all’attacco, agile ed efficace, possibilmente giovane. Tutte caratteristiche che Alberto Contador ha.

Per soli 23 secondi il Tour de France 2007 va allo spagnolo, davanti a Cadel Evans. Sarà il primo di tre, anche se uno sarà revocato.

Il secondo è già nel 2009, come un cobra attaccando di fatto nell’ultima settimana di corsa a discapito del nostro bravissimo Rinaldo Nocentini, con il sigillo poi a cronometro facendo meglio di uno specialista come Fabian Cancellara.

Il clenbuterolo e il Giro d’Italia vinto.. senza vincere

Stando alle statistiche, da lì in avanti Alberto Contador non avrebbe più vinto il Tour de France, pur essendo arrivato primo di nuovo nel 2010.

Primo, con la famosa scena dell’attacco sul Col de Balés, mentre al suo rivale più prossimo, Andy Schleck, salta la catena della bicicletta. Primo, davanti proprio al lussemburghese e a Samuel Sanchez, altro grande spagnolo di quella generazione.

Tutto cancellato da una sentenza di colpevolezza di Alberto Contador, positivo al clenbuterolo durante il Tour de France 2010 dopo un esame delle urine. Quantità infinitesimale, giustificata con l’eccesso di consumo di carne di manzo, ma ritenuta sufficiente per due anni di stop.

Il Tribunale Arbitrale dello Sport gli toglierà i successi ottenuti tra il 2010 e il 2011 in modo retroattivo. Oltre al Tour, anche il Giro d’Italia del 2011, che finirà tempo dopo riassegnato a Michele Scarponi.

Alberto Contador medita addirittura il ritiro, ma decide di proseguire.

Alberto Contador, gli ultimi sussulti

Ogni anno, comunque, dal 2007 al 2015 tranne nel 2013, lo spagnolo ha conquistato almeno una grande corsa a tappe. Due gli sarebbero state revocate, ma i risultati che aveva ottenuto non si potevano cancellare con un colpo di penna.

Il Giro del 2008, per esempio, con un grande numero tra Alpe di Pampeago e Passo Fedaia mentre le tappe se le aggiudicava Emanuele Sella (lui pure squalificato per doping), più l’ultima ottima prova a cronometro mettendo in fila Riccardo Riccò (altro pizzicato dai controlli anti-doping).

Nel 2015 scrollandosi invece di dosso il nostro Fabio Aru e il basco Mikel Landa, vincendo comodamente con due minuti di vantaggio sul sardo nella generale.

A riprova della capacità di gestione e della lettura delle corse nell’arco di tre settimane, Alberto Contador ha vinto i suoi due Giri d’Italia, quelli nell’albo d’oro, senza conquistare nemmeno una tappa né nel 2008 né nel 2015.

Anche aver conquistato tre volte la Vuelta (meglio ha fatto solo Roglic con 4) lo pone tra i più grandi interpreti di sempre delle gare a tappe.

Forse non il miglior scalatore in assoluto, forse non il miglior cronoman, senza dubbio non il miglior passista; eppure capace di leggere le situazioni, adattarsi e agire di conseguenza.

Tutte capacità che Alberto Contador sta cercando di portare anche nel nuovo team fondato assieme a Ivan Basso, compagno di tante battaglie in gara: la Kometa, sponsorizzata prima Eolo e poi Polti.