Nella giornata di martedì (17 dicembre scorso), la FIFA ha premiato i migliori protagonisti del calcio nell’anno solare (FIFA the best awards) 2024. Lo ha fatto ruolo per ruolo, dividendo le votazioni tra calcio femminile e calcio maschile. È stato scelto anche il gol più bello – quello di Garnacho, in rovesciata –, e uno spazio è stato dedicato naturalmente a quei protagonisti che si trovano fuori dal rettangolo verde, siti nell’area tecnica, ma che il rettangolo devono comandare, gestire, leggere.
Da Ancelotti a Xabi Alonso: contano le idee, ma anche la gestione
Il migliore allenatore dell’anno solare, secondo la FIFA, è un italiano – che strano. Parliamo di Carlo Ancelotti, che nel 2024 ha vinto praticamente tutto ciò che c’era da vincere in Spagna e in Europa col suo Real Madrid. Lo ha fatto, aggiungiamo noi, con quella eleganza e quella tranquillità che gli permettono poi di uscire a schiena dritta dai momenti più difficili, vissuti anche di recente coi suoi ragazzi.
È bastato qualche passo falso dei galacticos, tra Spagna ed Europa, per mettere Ancelotti sul banco degli imputati: oneri e onori di chi allena il club più importante del pianeta, ma permetteteci di rispondere ai dubbi di stampa e addetti ai lavori, sul suo conto, con quella mimica facciale tratto distintivo di Don Carlo; volto accigliato e sguardo profondo, di chi semplicemente sa. Meglio: che proprio perché non sa solo di calcio, sa moltissimo di questo sport.
Il piano psicologico, la gestione antropologica e sociologica del gruppo squadra, sono elementi indispensabili per l’allenatore, soprattutto in tempi cosiddetti moderni, laddove a decidere è più la gestione delle risorse che l’imposizione di un piano predefinito. È un dubbio, quello sulla capacità psicologica e gestionale del gruppo squadra, che gran parte della critica sportiva nutriva nei confronti di Xabi Alonso. D’accordo, Xabi avrà perso malamente la finale di Europa League, ma ha vinto con merito DFB Pokal e Bundesliga, dimostrando che la forza delle idee non basta. Ci vogliono anche coraggio, umanità, psicologia. Tutti ingredienti che lo stesso Alonso non ha mai nascosto di aver ‘rubato’ ai suoi ex allenatori: in particolare Mourinho e, udite udite, Carlo Ancelotti.
Gasperini e Baroni: migliorarsi sempre
A proposito di Don e italiani che dominano la strategia del bel gioco. Nella settimana che ha consacrato Ademola Lookman Pallone d’Oro africano, non può non essere menzionato il mentore che lo ha reso così forte e decisivo, lui come tanti altri talenti, e che nel 2024 ha anche vinto il primo titolo da allenatore dell’Atalanta, e che titolo – l’Europa League. Parliamo naturalmente di Gian Piero Gasperini, un allenatore quasi profetico, capace di vincere ma ancor più di creare un movimento, uno stile di gioco imitato in tutto il mondo.
Gasperini, questa è la cosa a nostro avviso incredibile, non si è però fermato ad uno stile, quello uomo contro uomo per intenderci. L’Atalanta quest’anno ha ulteriormente cambiato modo di giocare, e non teme confronti, neanche contro il Real Madrid. È diventata squadra vera, matura, in grado di variare il gioco a seconda dell’avversario, ma anche a prescindere da esso. Una squadra completa, specchio della completezza e dello studio costante del proprio allenatore, in grado di migliorarsi anno dopo anno.
Chi ha seguito la strada del lavoro, del miglioramento costante e delle novità offerte da un calcio magari meno tecnico ma decisamente più atletico, è Marco Baroni, attuale allenatore della Lazio quinta in classifica, ai quarti di Coppa Italia e prima nel girone di Europa League. Baroni, come in molti hanno sottolineato durante l’anno, ha compiuto un autentico miracolo con l’Hellas Verona, smembrato a gennaio, nell’ultima stagione, e alla Lazio ha compiuto un salto meritato e per ora gestito alla grande, se non fosse per la clamorosa sconfitta interna contro l’Inter (0-6), un episodio dal quale siamo certi che l’allenatore toscano uscirà ancora più maturo e motivato.
La sorpresa è confermarsi
A proposito di motivazione e crescita costante. La cosa più difficile non è arrivare, ma continuare dopo essere giunti fino alla cima della montagna. Migliorarsi, senza sosta. E confermarsi. È il caso di Lionel Scaloni, che ha rivinto quest’anno la Copa America dimostrando a se stesso, prima che agli altri, quanto valga come allenatore.
Menzione speciale anche per De La Fuente, allenatore vulcanico della Spagna campione d’Europa, a sorpresa solo per l’età media del gruppo squadra, sotto i 25 anni. Davvero a sorpresa, invece, è stato il doppio titolo ottenuto da Artur Jorge, allenatore portoghese del Botafogo, in grado di vincere in una sola annata il Brasileirao e l’ambitissima Copa Libertadores, pure in 10 uomini dal 1’ di gioco, col punteggio di 1-3. Straordinario.