Jacques Anquetil è stato al tempo stesso un corridore fortissimo e molto chiacchierato. Non amava vincere dando spettacolo, tutto il contrario di un Merckx, ad esempio, ma si limitava a “ingoiare le corse come un pitone fa con le sue prede”, così scrisse Gianni Mura sulla “Gazzetta dello Sport”.
Formidabile a cronometro (del resto il suo soprannome era “Monsieur Chrono”), sempre contrario ai controlli anti-doping, tanto vincente quanto poco apprezzato dal pubblico, Jacques Anquetil è stato comunque il primo corridore a conquistare cinque volte il Tour de France.
Se lo volessimo paragonare a qualcuno di più recente, senza dubbio Miguel Indurain. Rimane comunque un personaggio unico nella storia del ciclismo, anche per le sue vicissitudini extra-corse.
Jacques Anquetil, la rivalità con Raymond Poulidor
Dimmi che rivali hai e ti dirò chi sei. Vale per chiunque, figuriamoci per uno come Jacques Anquetil, che di sé diceva: “Il pubblico mi ama se vinco, ma ancora di più quando perdo”.
Mai banale, il normanno, da piccolo più appassionato di atletica che di ciclismo. Bello e ribaldo, Jacques con il suo fisico slanciato e lo sguardo ammaliante non poteva che essere un vincente.
La sua nemesi, più nell’immaginario collettivo che in quanto a risultati, fu Raymond Poulidor, futuro nonno di Mathieu Van der Poel: tutto il contrario di Anquetil, piccoletto e stortignaccolo, soprattutto sempre secondo o terzo, comunque “l’eterno piazzato”.
Una storia da film, da romanzo popolare, in cui il pubblico francese, ma non solo, parteggiava sempre per “lo sfigato” Poulidor, mai in Maglia Gialla nonostante una carriera di tutto rispetto. A differenza di Jacques Anquetil, appunto, cinque volte vincitore del Tour de France (1957, 1961, 1962, 1963, 1964).
Anche quando Anquetil morirà, divorato da un tumore a 53 anni nel 1988, e Poulidor lo andrà a trovare pochi giorni prima dell’ultimo respiro, la battuta, tremenda ma efficace, di Jacques all’ormai ex rivale e adesso amico: “Raymond, anche stavolta arrivi secondo”.
Che tipo di corridore era Jacques Anquetil
Abbiamo paragonato “Monsieur Chrono” a Miguel Indurain per la sua enorme superiorità a cronometro accompagnata da una buona gestione del resto delle corse a tappe (Anquetil vinse anche 2 volte il Giro d’Italia e una Vuelta di Spagna).
Sicuramente è così, ma a differenza di “Miguelòn” nel resto dell’anno Jacques si concentrava anche sulle gare in pista, che una volta erano un accompagnamento normale per la maggior parte dei ciclisti, dedicandosi poco alle classiche, in realtà.
Anzi, stando ai cattivi pensieri dell’epoca Jacques Anquetil era interessato solamente al Tour de France. Sapeva che avrebbe vinto, perché occuparsi del resto? In effetti cinque vittorie e un terzo posto in otto partecipazione sono un palmarès di tutto rispetto.
Anche al Giro d’Italia, sei volte presente e sempre sul podio, mai sotto la terza posizione finale.
Merito, come detto, di una supremazia a cronometro quasi umiliante per i rivali, che provavano a impensierirlo in montagna senza grosso successo.
Bahamontes, Gaul, un Bobet agli sgoccioli della carriera, davanti a un corridore così, mai visto prima, non potevano che mollare il colpo sperando in una crisi di fame o di sete di Jacques Anquetil, come al Giro d’Italia 1961 vinto da Arnaldo Pambianco approfittando proprio di un momento di difficoltà del fuoriclasse francese.
Il capolavoro: il Tour de France 1961
Solo quattro corridori nella storia hanno vinto il Tour de France indossando la Maglia Gialla dal primo all’ultimo giorno: Ottavio Bottecchia nel 1924, Nicolas Frantz nel 1928, Romain Maes nel 1935 e Jacques Anquetil nel 1961.
Eccolo, “Monsieur Chrono”, dominatore assoluto di quell’edizione dalla seconda semi-tappa in avanti in realtà. Una cronometro, ovviamente, a Versailles: 2 minuti e 32 secondi al secondo classificato, Albert Bouvet, quasi 3 minuti a Charly Gaul.
E nell’altra cronometro in programma, alla 19esima tappa, altri tre minuti a Gaul. Un buonissimo cuscinetto sugli altri potenziali favoriti, da rimpinguare grazie al lavoro di squadra in montagna.
Totale della pratica, vittoria in carrozza con 12 minuti e 14 secondi di vantaggio nella generale sul nostro Guido Carlesi e Gaul solo terzo. Come si domina un Tour de France.
Dominio pressoché incontrastato fino al 1964, quando Jacques Anquetil vincerà il suo quinto Tour de France approfittando di una sbadataggine proprio di Poulidor. Anno in cui comunque arriverà la doppietta con il Giro d’Italia.
Arrivano Merckx e Gimondi, si spegne la stella
In un’ideale staffetta tra fuoriclasse, Jacques Anquetil comincerà a perdere colpi con l’arrivo in gruppo di altri due grandi campioni del ciclismo, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Settanta: Felice Gimondi e soprattutto Eddy Merckx.
Il francese si ritira nel 1970, ma da tempo ormai ha perso ogni stimolo. Ha altri pensieri per la testa, mentre si ritira nella sua maxi-tenuta vicino a Rouen, nel nord della Francia. Più che una tenuta, un vero e proprio castello da re.
Anche lui, come Fausto Coppi, ha una sorta di “Dama bianca”, nel suo caso “Dama bionda”, una donna che lo accompagna durante la carriera nonostante una situazione coniugale non chiarissima, al limite dello scandalo: Jeanine si chiama, moglie del suo medico e più vecchia di 7 anni rispetto a Jacques Anquetil.
I tentativi di avere figli dalla donna si risolveranno in intrighi addirittura torbidi, con una delle figlie di Jeanine addirittura tirata in ballo: Annie. L’ex ciclista lascerà addirittura Jeanine per stare con Annie, creando una sorta di incesto o di “ménage a trois” dai risvolti davvero allucinanti.
Anquetil avrà un altro figlio addirittura dall’ex compagna dell’altro figlio di Jeanine, poco prima della morte, avvenuta nel novembre del 1988 a 53 anni. Una vita fuori dalle righe per uno dei più grandi della storia del ciclismo, personaggio controverso ma indimenticabile.