Vai al contenuto

Eddy Merckx è stato forse il più grande ciclista della storia: vincente in ogni campo, nelle prove in strada e in pista, nelle corse a tappe e in quelle di un giorno. Per lui 455 vittorie da professionista, un record.

Anche se di recente ha affermato che Pogacar è destinato a diventare migliore di lui, il belga è chiaramente uno di quelli che ha marchiato a fuoco la storia di questo sport.

Per farne un ritratto, abbiamo diviso la carriera di Eddy Merckx in quattro momenti diversi, ciascuno con un significato particolare.

Eddy Merckx, la prima grande vittoria: Milano – Sanremo 1966

Édouard Louis Joseph Merckx è il più classico dei predestinati, anche se esserlo negli anni Sessanta del secolo scorso la concorrenza è così spietata da rendere ogni traguardo una vera impresa.

Siamo negli ultimi scampoli di carriera di un fenomeno come Anquetil (e il suo rivale storico Poulidor), il connazionale belga Van Looy è il re delle classiche e il quasi coetaneo Gimondi pure è già un ottimo corridore.

Insomma, quando Eddy Merckx entra nell’agone, forte di risultati eccezionali da dilettante e con un motore notevole nelle gambe, la concorrenza è forte, ma già alla Milano-Sanremo del 1966 succede qualcosa.

Corsa imprevedibile per antonomasia, quella Classicissima si risolve con una volata ristretta a 10 dopo un attacco di Poulidor sul Poggio, in cui è il più giovane a spuntarla: Merckx, appunto, conosciuto da pochissimi se non dai belgi.

A vent’anni, il figlio di una famiglia di verdurai comincia a far circolare così il suo nome.

Il capolavoro, le Tre Cime di Lavaredo al Giro 1968

La Milano-Sanremo del 1966 è solo l’aperitivo di una carriera straordinaria che per Eddy Merckx inizia praticamente da subito. Dopo aver corso per due stagioni nella Peugeot un po’ da “sopportato”, è l’italiana Faema a costruirgli una squadra addosso, quasi in maniera letterale.

Si forma un team quasi solo di belgi in cui Eddy Merckx è la stella incontrastata. Nel 1968 il non ancora Cannibale conquista il suo primo Giro d’Italia, la sua prima corsa a tappe, grazie soprattutto a un’azione leggendaria sulle Dolomiti.

Il belga va in Maglia Rosa già alla seconda tappa con arrivo a Novara, ma la perde a favore di Michele Dancelli, un altro di quel gruppetto di italiani competitivi su ogni fronte, meno forte di Gimondi nelle grandi corse a tappe ma altrettanto completo.

Il bresciano sogna fino alla tappa numero 12, in cui Merckx entra nella leggenda: Gorizia – Tre Cime di Lavaredo. L’anno prima su quella salita dolomitica i ciclisti si erano tutti impantanati, trasformando il Giro d’Italia in una farsa.

Stavolta, pur sotto una pioggia battente, Eddy Merckx va a prendere i fuggitivi che hanno 9 minuti di vantaggio e gliene rifila 4, sul traguardo: addirittura 6 minuti a Felice Gimondi, in crisi nera, colpito da uno spasmo bronchiale e in lacrime all’arrivo.

L’ipoteca sulla prima vittoria del belga (anzi, di un belga in assoluto) al Giro d’Italia.

L’apoteosi di Eddy Merckx, un 1974 perfetto

Corridori che sono riusciti a vincere nello stesso anno Giro d’Italia, Tour de France e campionato del mondo in linea? Tre: Eddy Merckx, Stephen Roche e Tadej Pogacar.

Il belga, nel frattempo diventato una sorta di rockstar in patria e passato a un’altra squadra italiana (la Molteni), ci riesce nel 1974, dopo aver già piazzato due volte una doppietta Giro-Tour, nel 1970 e nel 1972, dopo essersi laureato campione del mondo nel 1967 e nel 1971, mette assieme i pezzi in quell’anno straordinario.

In realtà rischia tantissimo di non farcela già al Giro d’Italia, che vince davvero di un’incollatura di Baronchelli e Gimondi: 12 e 33 secondi appena il distacco in classifica generale sul secondo e sul terzo.

Grandissimo soprattutto il forcing di Baronchelli, anche qua sulle Tre Cime di Lavaredo, dove vince lo spagnolo Fuente. Merckx si difende alla grande e poi fa la differenza a cronometro.

Al Tour de France invece tutto molto più tranquillo, con l’eterno secondo Poulidor che arriva dietro Eddy Merckx nella generale a 8 minuti.

Merckx primo e Poulidor secondo anche al campionato del mondo in Canada, nel Quebec. Eddy fa gara di rincorsa per quasi tutto il tempo, andando a prendere il fuggitivo Thevenet e poi attaccando assieme a “PouPou”.

In volata poi non c’è storia e il belga diventa il primo corridore nella storia a completare la “Tripletta”.

Il grande dramma di Eddy Merckx: il doping al Giro del 1969

Cinque Giri d’Italia, cinque Tour de France, una Vuelta di Spagna, tre titoli mondiali, un record dell’ora, 7 Milano – Sanremo: questo e molto altro ha vinto o conquistato Eddy Merckx, che però nel 1969 stava per conquistare un’altra volta la Corsa Rosa.

E invece il 2 giugno 1969, mentre il belga tanto per cambiare è in vetta alla generale, un controllo antidoping a Savona al termine della tappa numero 16, alla vigilia della diciassettesima, e il risultato, incredibile: Eddy Merckx è positivo a uno stimolante, la fencamcamina.

Merckx e i compagni della Faema sono ad Albisola all’albergo Excelsior, e credono a uno scherzo. Invece no, squalifica immediata per 26 giorni, quindi anche per il successivo Tour de France, a cui comunque parteciperà, dominandolo, grazie a un ricorso in extremis.

Le lacrime di Eddy rimarranno comunque nella storia tanto quanto le sue vittorie, mostrando un lato umano “inedito” del Cannibale. “Non è possibile – ripeteva – non può essere possibile. Perché avrei dovuto ricorrere a un eccitante per una tappa di nessuna importanza?”. In riferimento a quella dell’1 giugno, una volata vinta da Roberto Ballini.

Quello è anche un piccolo pezzo di storia della tv italiana perché entra nella camera d’albergo, con operatore e fonico al seguito, Sergio Zavoli, il grande giornalista inventore del “Processo alla tappa”. Zavoli intervista Merckx che ripete: “Non è vero. Ditemi che non vero. Ma credete che sia matto?”.

Si parlerà a lungo di un possibile complotto, di un “avvelenamento della borraccia” del fuoriclasse belga. Per la cronaca il Giro d’Italia del 1969 lo vincerà Gimondi, ma quella rimarrà per sempre l’edizione del “doping di Merckx”