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La forza della Dolomiti Energia Trentino, capolista in LBA con otto successi in altrettante partite, sta nella magia che, dalla scorsa estate, si è creata nel gruppo. Questo ci ha raccontato Andrea Pecchia, 27enne di Segrate che dopo le tre stagioni giocate a Cremona, ha compiuto un passo avanti nella propria carriera, trovando il coach del cuore, Paolo Galbiati (che lo aveva già allenato nelle giovanili dell’Olimpia Milano e a Cremona) e un gruppo di giocatori che, nelle loro differenze, sono riusciti a creare una meravigliosa alchimia. Abbiamo avuto l’occasione di intervistare l’esterno della Dolomiti Energia Trentino, il quale ci ha raccontato dello splendido inizio di stagione bianconero, dei segreti della squadra e dei suoi desideri, esauditi e non ancora: giocare in Europa e tornare in Nazionale.

Ancora imbattuti dopo otto partite: qual è la magia di questa Trento?

“Stare bene insieme, continuare ad allenarci in un modo incredibile e riuscire a vivere come una famiglia sia dentro che fuori dal campo. So che sembrano frasi fatte, ma davvero questo è un gruppo pazzesco. Si è creata una magia per la quale ognuno si fida dell’altro. Si vede anche dai video che facciamo e che escono sui social della società: ad esempio quando c’è il riconoscimento iniziale in spogliatoio, in cui ci aspettiamo fuori e ci spintoniamo simpaticamente. Di fatto ci divertiamo molto e per ora questa cosa si sta facendo avere grandi risultati”.

La tua alchimia con Galbiati è risaputa, ma con gli altri giocatori com’è lui come coach?

“Un bravissimo allenatore, che dà molta fiducia ai suoi giocatori. Chiaramente, avendomi allenato da giovane, con ma ha un rapporto particolare, ma in generale ha una visione del basket che mi piace ed è cresciuta nel tempo. Ha studiato, è migliorato tantissimo e riesce a dare fiducia a tutti, cosa molto importante per chi va in campo. Si può scherzare, ci si incazza, ma alla base c’è sempre fiducia, aspetto sostanziale per rendere al meglio. Fin dal primo giorno si è creato qualcosa di speciale, la magia di cui parlavamo prima. Lui è l’alchimista, è il Panoramix della squadra”.

Primi in campionato, qualche fatica in più in Eurocup, ma comunque la possibilità di arrivare ai playoff. Quanto cambia giocare in Italia e in Europa?

“L’Europa è molto più fisica ma è bello giocarci, un’esperienza che personalmente non vedevo l’ora di fare. La classifica di Eurocup dice che dal quinto all’ottavo posto siamo tutte li, a parte Sopot che è ultima in classifica (ferma a 0 punti). C’è equilibrio. Il nostro obiettivo è essere sempre competitivi e, a parte la trasferta di Istanbul con il Bahcesehir, abbiamo sempre avuto la sensazione di poter vincere. Vogliamo accedere alla seconda fase, sarà molto difficile – se pensi alle turche e alle spagnole, spendono grandi soldi -, ma noi dal canto nostro stiamo provando a lavorare per arrivarci e, nel girone di ritorno, lo faremo consapevoli di poter dire la nostra. Quando viaggi in Europa la percezione è diversa dall’Italia: quello che dalla prima partita mi ha impressionato è il fascino di giocare in alcuni palazzetti come Gran Canaria ad esempio, cosa che per me è una novità. Poi c’è la fisicità, con tutti i contatti che vengono permessi, è molto più tosto e a me piace picchiarmi un po’, è uno stimolo. E poi la velocità di esecuzione e nel prendere decisioni, nettamente più elevata. Ci piace giocare in Europa e ci serve per il campionato. Quando arrivi li a giocartela contro Ulm, Gran Canaria o Vilnius e perdi all’ultimo ti resta quella consapevolezza che poi porti in campionato e ti dà la spinta in più per fare ancora meglio”.

Avete quasi la certezza di andare alle Final Eight di Coppa Italia: era indicato come il primo obiettivo da raggiungere?

“Il primo obiettivo stagionale era la salvezza, ma ora ovviamente quello realistico è la Final Eight, volevamo raggiungerla e ci crediamo. Onestamente con tutte queste partite io stesso perdo il senso del tempo, perché giochiamo tanto e a volte non mi rendo conto di che giorno è e del punto a cui siamo arrivati della stagione. Ancora è tutto molto lungo, ma quello che sento è che per me è bellissimo giocare così tanto: a 27 anni mi mancava questa esperienza di viaggiare per l’Europa. E non c’è cosa migliore, per un giocatore, quando perdi una partita di avere subito l’occasione di riscattarti, che sia in Serie A o in Eurocup”.

Trento è il passo perfetto per far evolvere la tua carriera dopo la lunga esperienza di Cremona?

“Posso dire di si, era lo step successivo che volevo fare, giocando anche in Europa. Non ho mai voluto fare il passo più lungo della gamba e Trento è il posto giusto da cui passare. Una piazza che si presta benissimo per crescere, dove c’è sempre un protagonista diverso e dove ognuno porta il suo. Come organizzazione poi devo dire che ci danno possibilità di stare bene, facendoci pensare solo a giocare a basket”.

Giocare con gente come Lamb o Ford senti che ti sta facendo crescere?

“Il livello dei miei compagni fa migliorare anche me, siamo una squadra di 10 giocatori che possono tutti stare in quintetto. Lamb, Ford, sono giocatori super, ma basta pensare a Toto Forray, che quando entra difende per tutti. Da ognuno puoi prendere qualcosa e secondo me ognuno di noi può guadagnare qualcosa da un compagno. Non c’è uno che dice “sono il più forte”, siamo molto uniti e conoscendoci meglio l’un l’altro penso che potremo ulteriormente crescere”.

Sogni un ritorno in Nazionale?

“Quello sempre, la Nazionale è la Nazionale. Ovviamente sono molto contento per Saliou (Niang, giovane compagno classe 2004 appena convocato da Pozzecco), che è andato lo stesso nonostante l’infortunio patito a Pistoia, se lo merita. Per quanto riguarda me: quello che viene prento, accetterò volentieri se verrò chiamato, altrimenti starò a casa, come sempre fatto, a fare il tifo per i ragazzi”.