Vai al contenuto

Nel 1984, anno in cui David Joel Stern diventò Commissioner della Nba (al posto di Larry O’Brien), l’Nba versava in condizioni precarie. Inglobata la ABA nel 1976, la National Basketball Association aveva problemi economici (sull’orlo della bancarotta) e, tra gli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80, la droga era diventata parte quotidiana della vita dei giocatori. Una situazione non propriamente rosea, ma poi arrivò l’uomo che salvò la massima lega cestistica americana.

Il ricordo

Partiamo dalla fine e muoviamoci a ritroso. Il 12 dicembre 2019, durante un pranzo al ristorante, David Stern ebbe un’emorragia cerebrale che lo portò, circa un mese dopo, alla morte presso un ospedale di New York, sua città natale, all’età di 77 anni. La Nba, e non solo, era in lutto, anche perché Stern aveva lasciato nel 2014 la carica di Commissioner, affidata al suo apprendista e braccio destro Adam Silver (attuale Commissioner), dopo 30 anni alla guida della Nba stessa.

Dopo la sua dipartita nel 2020, sono stati tanti sono i messaggi commossi di numerose stelle passate e presenti della massima lega cestistica americana in suo ricordo. La prima dedica ufficiale è stata proprio quella di Adam Silver. “Per 22 anni ho avuto un posto a bordo campo per vedere David in azione. Era un mentore e uno dei miei più cari amici. Abbiamo trascorso innumerevoli ore in ufficio, nelle arene e sugli aerei ovunque il gioco ci portasse. Come ogni leggenda dell’NBA, David aveva talenti straordinari, ma con lui si trattava sempre di fondamentali: preparazione, attenzione ai dettagli e duro lavoro”. Anche Magic Johnson ha voluto ricordarlo con affetto: dopo aver dichiarato al mondo il suo ritiro per aver contratto l’HIV (1991), è stato David Stern, effettuati i dovuti accertamenti medici dagli esperti, a dare a Magic il nulla osta per tornare a giocare all’All Star Game del 1992, un gesto che per l’ex playmaker dei Lakers significò molto. “In un momento di bisogno, 29 anni fa, il mio Commissioner si è trasformato nel mio angelo. Quella partita mi ha salvato la vita e mi ha dato l’energia di cui avevo bisogno per andare avanti. Mi mancherà il mio angelo”. E Michael Jordan ha sottolineato come, senza David Stern, l’Nba “non sarebbe quella che è oggi, ha guidato la lega in periodi turbolenti e l’ha trasformata in un fenomeno internazionale, creando opportunità che pochi avrebbero potuto immaginare prima”.

Le novità introdotte

Nato il 22 settembre 1942 a New York, Stern, dopo aver lavorato per la gastronomia del padre, essersi diplomato alla Rutgers University e alla Columbia Law School, nel 1984 è diventato Commissioner della Nba, portando quest’ultima ad essere un vero e proprio prodotto globale. Ma come ci è riuscito?

Nel periodo di difficoltà della lega sopra descritto, Stern è stato in grado di scorgere e mettere in evidenza alcuni spiragli di luce che si trasformarono in un bagliore ben visibile a tutti. Nel 1979 entrarono nella National Basketball Association due giocatori discretamente bravi, tali Magic Johnson e Larry Bird, i quali trasferirono la loro sana rivalità dai campi del College a quelli della Nba stessa. Manna dal cielo per David Stern, così come lo sarà anche Michael Jordan dal 1984 in poi, stesso anno in cui Stern divenne il nuovo Commissioner. Troppe coincidenze per non cavare da queste situazioni qualcosa di buono e infatti l’avvocato nativo di New York pose tutte le attenzioni prima sulla rivalità tra Lakers e Celtics e poi su Jordan, accasatosi ai Bulls, due mosse che pagarono i propri dividendi in fatto di visibilità del “prodotto Nba”. Un prodotto che, prima di tutto ciò, era solo americano ed era sempre rimasto entro i confini degli Stati Uniti.

Con Stern, il brand Nba diventò globale, espandendosi anche in Europa e in Asia e introducendo alcune partite di preseason (e successivamente anche di RS) al di fuori degli USA. Tante altre sono state le innovazioni introdotte da Stern, dalle regole anti-droga (squalifiche severe per i giocatori che ne facevano uso) al salary cup, dalla creazione della WNBA (1997) a quella della G League (la lega di sviluppo della Nba, nata nel 2001), senza dimenticare la linea severa adottata per ostacolare eventuali risse e falli troppo duri in campo, provocati specialmente negli anni ’90 e soprattutto dai fisici New York Knicks di coach Pat Riley (ricordiamo ad esempio la rissa tra Derek Harper e il giocatore dei Bulls JoJo English ai playoff del 1994, tanto per dirne una). Non possiamo nemmeno dimenticare il Dream Team del 1992, forse il team Usa più forte di tutti i tempi, di sicuro il più iconico. Un Dream Team fortemente voluto da David Stern e in cui figuravano, tra gli altri, anche i suoi tre pupilli, Johnson, Bird e Jordan. 

E poi, il fiore all’occhiello, ovvero il primo storico contratto firmato con la CBS riguardante i diritti televisivi della Nba. L’ormai ex Commissioner aveva capito che per avere visibilità sarebbe servito anche trasmettere, meglio se in diretta nazionale, le partite – all’inizio almeno quelle più importanti. L’Nba ha beneficiato di tutte queste novità, passando innanzitutto da 23 a 30 franchigie e soprattutto da una possibile bancarotta negli anni ’80 ad un giro di affari stimato intorno ai 5.5 miliardi nel 2014.