Un anno al sole e poi il buio.
La Saudi Pro League non riesce ad entrare nel cuore degli appassionati e appena un anno dopo il boom del calcio saudita, siamo già davanti ad un flop abbastanza grande che nemmeno una montagna di soldi riesce ad oscurare.
Sembra passato un secolo dall’estate del 2023, con tutti che guardano e vogliono il calcio saudita. Appena 12 mesi dopo, gli stadi restano vuoti, gli sponsor scappano e anche i giocatori iniziano ad avere dubbi sul progetto.
Vediamo nel dettaglio.
CR7 non basta: un flop al momento
Un anno fa l’Arabia Saudita aveva le stesse sembianze del vecchio West negli Usa, quando nella seconda parte dell’800 fu una corsa senza sosta verso l’oro presente in quei luoghi. E lo stesso è accaduto nel 2023 nel Saudi Pro League in cui il pallone è diventato l’argomento più importante, pochi mesi dopo il Mondiale in Qatar.
I petrollodollari locali vogliono le grandi stelle nel calcio saudita e di conseguenza, offerte impressionanti iniziano a saccheggiare il calcio europeo, con contratti mai visti prima a livello economico, con Cristiano Ronaldo ad aprire la strada verso quelle latitudini; calde e poco affini al gioco del pallone.
Eppure i primi mesi sono stati un assalto totale al campionato dell’Arabia Saudita, con i club che fanno a gara ad assicurarsi nomi di primo livello, ma anche giovani di belle speranze che mollano l’ambizione di un calcio più competitivo e si lasciano sedurre dalla pioggia di denaro che gonfia le loro tasche.
Dall’asso portoghese a Kante, da Kessie a Sergej Milinkovic e molti altri ancora che salutano il Vecchio Continente: davanti a loro un territorio calcistico inesplorato, con tante sete di campioni. Come se non bastasse, Roberto Mancini saluta la nazionale azzurra e meno di un anno dal campionato europeo e sale al timone dei “Figli del Deserto“, ovvero la nazionale dell’Arabia Saudita.
TV che trasmettono gare, siti internazionali che mandano costantemente inviati e quanto altro per studiare, raccontare e filmare da vicino il nuovo che avanza. Eppure, come già era successo qualche anno fa con il calcio cinese, la bolla scoppia e il movimento si affievolisce come neve esposta al sole d’agosto.
I Motivi del flop
In terra cinese il movimento al top della crescita è durato un biennio, mentre in Arabia Saudita il tutto si sgonfia nel giro di un anno. Tanti i motivi che hanno portato a questo flop della Saudi Pro League. In primis la mancanza di pubblico allo stadio: quest’ultimi quasi sempre vuoti e con pochissimo seguito.
In secondo luogo il progetto, finito di brillare sotto il profilo economico e come eldorado dei soldi facili, sembra navigare a vista in un mare avvolto dalla nebbia. Non c’è un’idea precisa di come far crescere il movimento, il campionato e tutto quello che gira attorno a quest’ultimo. Si va avanti a nomi pesanti, gli ultimi sono stati Cancelo, Diaby e Toney, mentre Dybala e Osimhen hanno declinato gli inviti, oltre a contratti ricchissimi.
Ma non c’è un percorso netto di programmazione per il futuro e questo non spaventa solo i giocatori, ma anche gli sponsor. Tra questi le TV che dopo appena un anno si sono defilate in buon numero nella trasmissione delle gare e di conseguenza dall’assegnazione dei diritti televisivi: il pubblico europeo non ha gradito lo sbocciare del calcio saudita nei mesi passati, con numeri impietosi a livello di share.
Sé le TV si sono chiamate fuori da sole, lo stesso vale per tanti ricchissimi sponsor che già dopo pochi mesi hanno voluto rivedere i termini contrattuali firmati con la federazione della Saudi Pro League. E se dall’esterno iniziano a mancare flussi di denaro verso il campionato, anche all’interno del paese la passione si è raffreddata.
l soldi destinati ai giocatori sono poi un altro problema. Prendiamo il caso di Jordan Henderson che a luglio 2023 saluta da capitano il Liverpool e firma un contratto faraonico con l’Al-Ettifaq: 30 milioni di dollari a stagione, per tre anni. Un totale di 90 milioni di bigliettoni per le tasche dell’ex nazionale inglese. A 31 anni, un affare per lui.
Eppure, Henderson dopo soli sei mesi ringrazia gli arabi, rescinde il contratto e torna di corsa in Europa per firmare con l‘Ajax. Il Motivo? Il grande problema di far uscire i suoi capitali, quindi lo stipendio percepito, dai confini dell’Arabia Saudita. Soldi a valanga sì, ma i Figli del Deserto pretendono che gran parte di quei quattrini debbano restare in Arabia e non indirizzati verso i conti correnti personali e privati dei giocatori in Europa.
Niente rimesse verso l’estero insomma e questo è un problema che hanno avuto tanti giocatori che hanno scoperto tardi questo malessere locale di non far uscire soldi dal paese. Henderson non ci ha pensato due volte, a quanto pare, a mandare al macero un sacco di soldi e tornare quanto meno nel Vecchio Continente: meno soldi, ma quanto meno spendibili a suo piacimento.
A tutto questo aggiungiamoci un clima non proprio mite, con temperature altissime nei mesi più caldi, i diritti civili che non sono proprio il fiore all’occhiello dell’Arabia Saudita e la differenza di diritti tra uomini e donne: molte compagne dei giocatori arrivati dall’Europa hanno impiegato pochissimo tempo a fare i bagagli e tornare a casa.
Il Mondiale 2034 come rilancio?
Nel frattempo, la FIFA ha assegnato il campionato del Mondo 2034 all’Arabia Saudita. Una scelta che ha scatenato polemiche da una parte e rialzato la testa del governo di Riad che torna a sperare in una ripresa del movimento grazie alla Coppa del Mondo. Mancano 10 anni, ma già si inizia a lavorare sodo in Arabia.
Ben 20 stadi di ultima generazione verranno costruiti per ospitare la kermesse iridata e per combattere le temperature infernali che si registrano in estate, ecco la grande soluzione: stadi chiusi, dotati di potentissimi mezzi per sparare aria condizionata verso il terreno di gioco e verso gli spalti.
Strutture all’avanguardia e lussuose dotate di hotel, ristoranti, bar, musei e spa. Insomma, un calcio diverso e sempre più personalizzato rispetto al passato. Ma come ha dimostrato il primo anno di Saudi Pro League, non è oro tutto quello che luccica.
Il 2034 è lontano nel tempo, ma serve il massimo sforzo per evitare il fallimento completo.