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Non è solo per il secondo titolo Slam dell’anno. Non è solo per il primo posto in classifica cementato fino a fine anno. Non è solo per gli ennesimi record sbriciolati. La verità più profonda e importante che riguarda Jannik Sinner è che avevamo bisogno di lui. E ne avremo sempre di più.

Jannik Sinner e il valore dell’essere fuori dal suo tempo

Prima di addentrarmi in qualche dettaglio sulla finale stravinta su Taylor Fritz, preferisco porre l’attenzione su un aspetto per il quale Jannik Sinner è una specie di dono del cielo. O una bella sorpresa da parte di Madre Natura, a seconda delle convinzioni individuali. Una sorpresa che forse non ci meritiamo, ma di cui faremmo meglio a imparare a far tesoro.

A rendere Jannik Sinner un fenomeno più unico che raro non sono solo i suoi colpi e le sue performance sul campo, ma il suo essere così meravigliosamente fuori dal gregge, così incredibilmente fuori dal suo tempo. Un tempo che è tutto fuffa mentre lui porta avanti un modello di sostanza che si fa anche forma.

Kyrgios e l’importanza dei buoni esempi

Non vorrei nominare Nick Kyrgios, ma sono costretto a farlo perché l’australiano si colloca all’estremo opposto di Jannik. Le ultime vicissitudini relative al caso doping e al dibattito – sempre aperto e anzi che sarebbe il caso di risolvere – su una certa mancanza di uniformità e di trasparenza da parte degli organi che che governano questi delicati aspetti, hanno riportato in auge il nome dell’australiano. Che in teoria sarebbe ancora un tennista, ma che non gioca una partita da quasi un anno, causa molteplici infortuni.

Kyrgios avrebbe/aveva/avrebbe avuto un gran talento per il tennis, diciamo non accompagnato da un’etica lavorativa dello stesso livello. Si tratta comunque di un giocatore che ti fa divertire tantissimo, quando ne ha voglia. E a cui tireresti di tutto, quando non ne ha. La sua incostanza è divenuta quasi proverbiale, allargando a dismisura la forbice tra quel che avrebbe potuto essere e quello che è/è stato. Essendo lui potenzialmente uno dei più forti al mondo, ha quindi investito pesantemente sul branding del suo personaggio. Forse perché è la cosa che gli costa meno fatica, forse perché in realtà si diverte così. Il problema è che lui è oggi uno dei più fulgidi esempi dell’effimero fuori tempo massimo, di personaggi che hanno avuto carriere inferiori alle attese, ma se ne rifanno una sui dannati social. Come Antonio Cassano, per esempio, o come Mario Balotelli, che tuttavia il suo personaggio di bello e dannato l’ha più subito che altro.

Il danno più grave che fanno i Kyrgios è sul pessimo esempio che danno, su quella presunta schiettezza usata come maschera per dire qualunque cosa. Questa spregiudicatezza si innesta nei meccanismi perversi dei social e della comunicazione diretta di oggi, in cui ciò che conta sono le visualizzazioni, le impressions, i click, le interazioni, l’essere divisivi all’insegna del famigerato “purché se ne parli”. Un mondo in cui personaggi discutibili come Fabrizio Corona sono diventati idoli, sacerdoti del vuoto assoluto in cui il prodotto siamo noi, che comunque le rivelazioni di Corona ce le andiamo a cercare anche se il personaggio – in teoria – ci disgusta.

Jannik l’alieno

In questo vuoto pneumatico, in questa specie di arena che abbassa sempre più l’asticella della decenza, è piombato Jannik Sinner. Come un alieno, è piombato, e come un alieno è stato finora trattato.

Ma di questa cultura del lavoro che produce implicitamente felicità, di questa capacità di prendere le decisioni giuste anche quando la bilancia del gradimento è pesantemente a sfavore, di questa semplicità che è pure un po’ noiosa, abbiamo tanto bisogno.

Ci si lamenta del vuoto dei nostri figli, nel solito scaricabarile di responsabilità, quando siamo noi a proporre e/o accettare modelli effimeri come i Kyrgios, i Cassano, i Corona. Mi chiedo allora quanti anni servirebbero di cura-Sinner, nella nostra società.

E non lo dico per una questione di puro moralismo a un tot al chilo, ma perché Jannik Sinner è la dimostrazione che un altro modo (di vivere il mondo) è possibile. Sinner si avvia a diventare lo sportivo più ricco del pianeta, cavalcando sì l’onda della popolarità con vari contratti pubblicitari, ma non rinnegando mai se stesso, le sue origini, la sua ritrosia.

La rivoluzione della gentilezza

La dedica alla zia e quell’accenno di commozione su un viso che è abituato a non tradire emozioni, lasciando erroneamente ipotizzare che non ne abbia, è stata una nuova iniezione di semplicità e di normalità, in uno dei templi dell’apparenza, dell’esserci, del farsi vedere.

Poi certo, dipende sempre da cosa vogliamo diventare, e soprattutto cosa vorremmo che diventassero i nostri figli. Che sono bombardati da influencer che si comprano i follower, da rapper/trapper che si fanno dissing a vicenda per non sparire nel dimenticatoio, da youtuber che fanno le dirette mentre vanno a trecento all’ora e poi si scusano se per sbaglio hanno centrato una Smart con dentro un bimbo di 5 anni.

A tutto questo Jannik Sinner non è la risposta, ma è la dimostrazione che un modo per uscire dal vuoto esiste. Che il lavoro non garantisce il risultato tipo “soddisfatti o rimborsati”, ma costruisce una felicità fatta di piccoli passi. Lontano dall’illusorietà di dover mostrarsi vincenti ad ogni costo, allenandosi anche a fare le scelte giuste senza farsi condizionare da nessuno.

Non rispondendo mai alle provocazioni, concedendo persino interviste a chi gli aveva – nemmeno troppo velatamente – dato del traditore, Jannik Sinner appare persino troppo perfetto per essere vero. Ma è così, è quella che potremmo definire un po’ la “rivoluzione della gentilezza”. E noi, a nostra volta, dobbiamo abituarci a convivere con l’eccellenza. E a meritarcela.

Sinner-Fritz, pillole di una finale paradossale

Chiudo con qualche considerazione sulla partita. Che sì, è stata bruttina, anche perché non ha mai dato l’impressione di poter finire diversamente. Ma questo, non scordiamocelo mai, è un merito, frutto del lavoro di cui si parlava poco fa e dell’eccezionalità di chi abbiamo di fronte. Se oggi celebriamo la seconda vittoria di un italiano in uno Slam in un anno solare, dopo quasi 50 anni di digiuno, è perché questo italiano rappresenta un mix di qualità che non abbiamo mai potuto ammirare in nessun altro.

L’anomalia, in questa finale, era la presenza di Taylor Fritz, che ha sfruttato come meglio non avrebbe potuto un tabellone abbastanza favorevole con prestazioni poderose come quelle contro Zverev e Tiafoe. Sinner, il Sinner di oggi poi, è semplicemente su un altro livello. Lo si è visto in particolare in alcune statistiche e in certi frangenti.

I punti in risposta e il Sinner “medvedevoso”

Prendiamo i punti vinti in risposta. Sinner si presentava alla finale con una media del 43,6% di punti vinti in risposta contro Draper, Medvedev e Paul, mentre Fritz ci arrivava con il il 34,6% di media. Uno scarto del 9% che non poteva essere casuale, soprattutto quando il gioco si fa duro. Infatti, in finale Sinner ha vinto il 42% dei punti sul servizio di Fritz, che al contrario ne ha raccolto soltanto il 32%. La differenza è stata tutta qui e in un altro dettaglio: nei momenti in cui soffriva di più il servizio avversario, Jannik si è messo a fare il.. Medvedev, rispondendo da quattro metri fuori dal campo.

Il punto-fotografia del match

E poi, un flash, un punto che racchiude tutta la differenza tra Jannik Sinner e Taylor Fritz. All’apice di uno scambio molto duro, l’americano ha sparato un crossone stretto di dritto, che ha rimbalzato sulla riga. Contro il 99% degli avversari, sarebbe stato punto. Sinner invece ci è arrivato, rimettendola di là praticamente di controbalzo. Qui Fritz è stato colto di sorpresa e ha abbozzato un rovescio goffo, aprendo le porte alla chiusura di Jannik. Quello scambio non è avvenuto in un momento qualunque, ma sul 5-4 per Sinner, servizio Fritz nel secondo set. Questo punto ha portato al 15-40, palla break poi trasformata per il 2-0 Sinner.

Fin dal primo quindici, si è avuta come la sensazione che Sinner avrebbe breakkato al 100% in quel game, e così è stato. Semplicemente, per reggere il ritmo di Sinner, Fritz deve prendere un numero spropositato di rischi, giocando molto sopra al suo reale livello. Quello che contro Tiafoe e Zverev era bastato, ora non bastava più.

Ci saranno altre finali più avvincenti, magari contro Carlos Alcaraz che oggi pare l’unico in grado di tenere quegli allucinanti ritmi.

Abbiamo attraversato momenti in cui la massima ambizione di un italiano era fare terzo turno a uno Slam, riusciremo a superare anche lo shock di una noiosa finale vinta allo US Open.