4 marzo 2007. Allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid va in scena una partita di Liga nemmeno troppo interessante, un Real Madrid-Getafe che si concluderà 1-1, con decisamente troppe difficoltà per i padroni di casa. Con questo pareggio il Real scende al 4° posto in classifica, superato dal Valencia e con 5 punti di distacco dal Siviglia capolista.
Poco importa, a fine stagione, dopo un finale pirotecnico, la squadra allenata da Don Fabio Capello sarà appaiata in testa al Barcellona e vincerà il titolo grazie al risultato negli scontri diretti. Il vero motivo di interesse di quel match con il Getafe è il fatto che, negli ultimi minuti di partita, hanno giocato insieme i due terzini sinistri che hanno segnato la storia del Real e del Brasile degli ultimi 25 anni, due dei più grandi esponenti del ruolo nella storia del calcio: Roberto Carlos e Marcelo, paulista il primo, carioca il secondo. Il primo avrebbe lasciato i merengues a fine stagione per andare in Turchia, al Fenerbahce, mentre il secondo si sarebbe affermato negli anni a seguire come sostituto del connazionale, ma non ci avrebbe mai più giocato insieme.
Mai passaggio di consegne è stato così esplicito e naturale, e in pochi, all’inizio del 2007, avrebbero scommesso che quel ragazzino entrato all’88 per puntellare la difesa contro gli ultimi attacchi di un sorprendente Getafe, arrivato dal Brasile in inverno con l’obiettivo di essere il nuovo Roberto Carlos, sarebbe riuscito effettivamente a diventare non solo il nuovo Roberto Carlos, ma a fissare egli stesso nuovi parametri per il ruolo, così come il suo predecessore aveva fatto 10 anni prima.
Roberto Carlos, l’uomo proiettile che abbatteva record e barriere
Roberto Carlos da Silva è nato a Garça, in Brasile, il 10 aprile 1973. In patria inizia a giocare con l’União São João prima di passare al Palmeiras, dove colleziona i primi trofei e si mette in luce tanto da meritare la chiamata dell’Inter, che lo acquista nell’estate del 1995. In un’annata travagliata per i nerazzurri, segnata da ben due cambi di guida tecnica, Roberto Carlos fa vedere il suo talento e le sue capacità fisiche e balistiche, ma viene ritenuto troppo indisciplinato tatticamente per il campionato italiano e quindi messo sul mercato nell’estate seguente.
Quando la notizia della sua messa in vendita giunge alle sue orecchie Fabio Capello, neo allenatore del Real Madrid, chiede immediatamente il suo acquisto al presidente Sanz, che chiude la trattativa in poche ore. A Madrid Roberto Carlos cresce e diventa uno dei terzini sinistri più forti ed iconici nella storia non solo del club, ma di tutto il calcio mondiale.
El hombre bala, ovvero l’uomo proiettile, come è stato rapidamente soprannominato in terra iberica, possedeva uno strapotere fisico che gli permetteva di correre a ritmi superiori a quasi tutti i suoi avversari e compagni, e calciava il pallone con una potenza talmente fuori scala che sembrava potesse esplodere, e quando i suoi tiri entravano in porta rimbalzavano con una violenza tale che pareva incontrassero un muro di mattoni, non una rete di spago.
Se l’immagine di Roberto Carlos resterà per sempre legata alla fantascientifica punizione messa a segno in amichevole contro la Francia nel 1997, il cosiddetto banana shot a causa della sua traiettoria che ha scherzato con qualsiasi legge fisica e balistica, non bisogna dimenticare che sotto Fabio Capello il brasiliano troppo indisciplinato tatticamente per l’Inter è diventato un difensore con i fiocchi, in grado di sfruttare tutta la sua velocità e il suo corpo, piccolo e massiccio, per costringere gli avversari sulle zone meno pericolose del campo e per coprire tutta la fascia di competenza in entrambe le fasi di gioco.
In questo Roberto Carlos è stato sicuramente un terzino più completo rispetto a Marcelo, il quale può vantare un tasso tecnico sicuramente più elevato e una capacità atletica simile, ma che interpreta il ruolo con una vocazione offensiva che ci si può permettere solo nel Real Madrid e in una manciata di altre squadre al mondo.
Marcelo, trequartista che fa il terzino
Nato a Rio de Janeiro il 12 maggio 1988, Marcelo Vieira da Silva Júnior ha iniziato a giocare a calcio a 13 nel Fluminense, dopo che negli anni dell’infanzia aveva praticato il futsal, sviluppando così una tecnica di base estremamente elevata, come molti brasiliani che hanno compiuto lo stesso percorso. Esordisce in prima squadra a soli 17 anni, e prima di compierne 18 viene acquistato dal Real Madrid con il preciso intento di farne il nuovo Roberto Carlos.
Nell’arco della sua carriera con la camiseta blanca Marcelo troverà qualche difficoltà iniziale nel raccogliere il testimone lasciato dal connazionale, tanto che i primi tempi verrà schierato come ala sinistra, con l’argentino Heinze a coprirgli le spalle nel ruolo di terzino. A partire dal 2010, con l’arrivo al Bernabeu di Josè Mourinho, Marcelo torna nel ruolo di terzino sinistro, dimostrando miglioramenti nella fase offensiva, ma soprattutto tramutandosi in una sorta di regista esterno della squadra, talvolta addirittura in trequartista.
Marcelo è un giocatore in grado di stravolgere qualsiasi schieramento tattico avversario, giocando sull’esterno ad una velocità elevatissima e con un controllo di palla tale che in ogni istante è in grado di accentrarsi e trovare con soli due movimenti una rosa di soluzioni offensive per i suoi compagni.
Così simili e così diversi
Se per certi elementi, come la nazionalità, la velocità e il carisma Marcelo sembra essere l’erede di Roberto Carlos nel Real Madrid, per altri sono agli antipodi: tralasciando il look totalmente opposto, se da un lato Roberto Carlos era pura potenza, un carro armato che correva sui binari dell’alta velocità, dall’altro Marcelo ricama, dribbla, crossa con la classe di un numero 10.
Roberto Carlos era in grado di tirare le sue proverbiali cannonate dal limite dell’area e un istante dopo essere nella sua metà campo a fare una diagonale difensiva, Marcelo invece ha sempre bisogno di un compagno che gli copra le spalle, che siano i difensori oppure i mediani. Per questo è difficile immaginare Marcelo in un contesto diverso da quello del Real Madrid, una squadra che fa del tasso tecnico fuori scala la sua peculiarità.
Roberto Carlos era un giocatore universale in grado di integrarsi alla perfezione nel Real Madrid dei Galacticos, riuscendo ad essere un giocatore utile alla squadra ma allo stesso tempo un protagonista, mai un gregario. Nella squadra dei Zidanes y Pavones, era l’anello di congiunzione tra i sublimi fuoriclasse dell’attacco e i faticatori di centrocampo e difesa.
Marcelo, per quanto probabilmente anche più decisivo nei trionfi del Real, è totalmente integrato al gioco della squadra, un ingranaggio di un meccanismo unico e probabilmente irripetibile (tanto che lo stesso Zidane non è riuscito a ricrearne la magia) che ha portato i merengues a imporsi per ben tre volte consecutive in Champions League. La tecnica e l’abilità di Marcelo si diluisce in una manovra offensiva avvolgente e travolgente in ogni sua parte, portata avanti da tutta la squadra senza soluzione di continuità. Per quanto Marcelo sia tecnicamente sublime e in grado di compiere trick clamorosi in partita, la dimensione iconica del banana shot di Roberto Carlos resta ancora irraggiungibile.