“Io non pensavo di andare via. Prendo atto di una scelta legittima della società, mi hanno comunque fatto piacere le testimonianze di affetto che ho ricevuto. Restare? Certo. Ma le cose si fanno in due. Non è stato così. Due o tre giorni fa ho ricevuto la telefonata, durata 45 secondi, nella quale Messina mi comunicava che la società aveva deciso di prendere un’altra direzione. Scelta legittima, ma non mi è stato spiegato se il motivo fosse tecnico o di altra natura. Fa parte delle regole del gioco, è una sorpresa solo se non si fa parte di questo mondo. Mi dispiace che venga detto e scritto che io ho lasciato Milano“.
Con queste dichiarazioni, dal ritiro della nazionale italiana mentre sta preparando il pre-olimpico, Nicolò Melli ha spiegato come sono andate le cose dopo l’annuncio del suo addio all’Olimpia Milano, dove ha chiuso da capitano dopo aver conquistato il terzo scudetto consecutivo.
Parole che confermano come il rapporto con Messina fosse agli sgoccioli e la separazione inevitabile. Non è la prima volta che un giocatore in uscita dall’Olimpia, sotto la gestione Messina, si toglie i sassolini dalle scarpe non appena possibile. Segno di una struttura societaria e di un meccanismo che fa capo praticamente solo ed esclusivamente ad Ettore Messina, che ha dei pro e dei contro, uno dei quali è sicuramente quello di chiudere i rapporti in questo modo.
Era successo qualcosa di analogo con Napier qualche mese prima, con un botta e risposta via stampa poi risolto con il ritorno del playmaker in biancorosso (ora nuovamente accompagnato alla porta per divergenze sulla richiesta economica del giocatore). Una modalità che, nel caso di Melli, ha fatto infuriare la piazza, molto legata al proprio capitano, ma che vede la società meneghina con il potere di poter scegliere ciò che è meglio per lei.