Pochi, se non quasi nessuno, ricordano che nel 2012 agli Europei, l’Italia e la Spagna si affrontarono non una, ma due volte (la prima nei gironi, terminata 1-1). La memoria di molti latita, forse a ragione, perché la finale di quel torneo – raggiunta dagli azzurri dopo una straordinaria vittoria contro la favorita Germania, grazie a una doppietta di Balotelli – ci regalò una delle peggiori sconfitte della nostra storia: un netto 4-0 sotto il cielo ucraino di Kiev che suggellò il dominio spagnolo sul calcio europeo.
Del Bosque, proseguendo il lavoro del suo predecessore Luis Aragonés, infranse il record, fino ad allora ineguagliato, di vincere due competizioni internazionali consecutive, un’impresa che restava fiorente anche negli annali. La Germania Ovest aveva conquistato Euro 72 e il Mondiale del 74. La Spagna, dopo aver vinto l’Europeo del 2008, aveva trionfato anche ai Mondiali sudafricani del 2010. La vittoria all’Europeo del 2012, senza possibilità di repliche, consolidò ulteriormente il loro predominio.
Troppa Spagna, già dal primo tempo
Quel giorno a Kiev, ve lo ricorderete, non vi fu mai storia. Fin dai primissimi minuti, l’Italia, stremata dalla stanchezza, non poté competere con il tiki-taka incessante e oppressivo di una Spagna devastante sia nell’individualità che nel collettivo. Eppure, come correttamente ricordato dalla Gazzetta dell’epoca, “l’Italia ha steccato la partita”. Forse sarebbe stata comunque una sconfitta, ma non così netta.
Esclusa un’occasione di Di Natale all’inizio del secondo tempo – quando già eravamo sotto per 2-0 – l’Italia creò ben poco in avanti e prese acqua da tutte le parti dietro. Nel primo tempo, gli spagnoli penetrarono stabilmente tra le maglie lente di una difesa incerottata e spaesata.
Il primo gol, nato dal triangolo Xavi-Fabregas-David Silva, fu la dichiarazione di superiorità tecnica delle Furie Rosse. Il 2-0, siglato da Jordi Alba, mise in evidenza le lacune tattiche degli azzurri, che permisero al terzino del Barcellona di entrare indisturbato in area, splendidamente servito da un filtrante di Xavi, che nessuno marcò a dovere.
La sfortuna accompagna i poco audaci
Al 61’, con Thiago Motta che si infortunò e l’Italia ridotta in dieci uomini, la situazione divenne disastrosa. I cambi erano esauriti da circa 5 minuti, quando Chiellini fu costretto a uscire sempre per un infortunio. Thiago Motta aveva sostituito Montolivo per scelta tecnica, e Prandelli aveva già sostituito Cassano inserendo Totò Di Natale. Sfortuna, certo, ma come la fortuna sorride agli audaci, così la sfortuna colpisce chi non riesce ad esserlo.
“Punizione troppo severa? Si è visto subito che loro avevano una freschezza fisica superiore alla nostra. I miei ragazzi hanno speso molto e non avevamo abbastanza tempo per recuperare. Contro squadre di questo calibro, è impossibile recuperare due gol di svantaggio”, dichiarò Prandelli a fine gara. Nulla dovrebbe essere impossibile per l’Italia, ma concediamo all’allenatore un’iperbole di troppo, considerando la forza della Spagna.
“Forse abbiamo sbagliato l’interpretazione della partita?”, azzardò il giornalista Rai. “No, non credo. Fin da subito si è visto che dovevamo cercare di contenerli perché erano fisicamente più in forma di noi. Giocare contro una squadra così è difficile: devi essere al top fisicamente ma anche psicologicamente”. E così è stato. Nell’ultima mezz’ora, l’umiliazione – intensa – travalicò il risultato (4-0, con gol di Torres e Juan Mata): fu nel comprendere che le Furie Rosse, quella sera, ci risparmiarono persino una punizione ben peggiore.