Fabio Capello e il Milan. Un’epopea che ha segnato la storia del club rossonero, in Italia e in Europa. Partito tra mille diffidenze, il “Gran Bisiaco” porterà i meneghini quattro volte sul tetto d’Italia, di cui 3 di fila. Tre come le finali di Champions League raggiunte e se per due volte il “Diavolo” ha provato l’amarezza della sconfitta, ad Atene vs il Barcellona fu apoteosi allo stato puro. Insomma dal 1991 al 1996 Milan e Fabio Capello, fanno rima con vittoria.
Non era facile ereditare i fasti della squadra che con Arrigo Sacchi aveva vinto tutto e di più. Ma “Don Fabio”, nonostante lo scetticismo iniziale e le critiche sulla mancanza di bel gioco, stupirà tutti. Facendo coesistere un manipolo di campioni, al grido: “La squadra è più importante del singolo“.
Un motto che molto spesso porterà anche a qualche addio clamoroso, ma sempre e solo per il bene della squadra. Cinque anni con Fabio Capello, il Milan passerà da essere la squadra degli “Immortali”, a quella degli “Invincibili”.
Maggiordomo a chi
Fabio Capello chiude la sua carriera da giocatore al Milan, aiutando i rossoneri a centrare il 10 scudetto nel 1979. Lo fa assieme a quel Franco Baresi che ritroverà anni dopo nel “suo” Milan. Appesi gli scarpini al chiodo il taciturno centrocampista friulano, diventa allenatore e proprio nella cantera rossonera salirà di grado, fino ad allenare quella primavera che annovera giocatori del calibro di Paolo Maldini (già nel giro delle Prima Squadra) e il futuro centrale di difesa Alessandro Costacurta.
Con l’approdo di Silvio Berlusconi, Capello si lascia convincere dal numero 1 rossonero a seguire dei corsi manageriali per dirigenti sportivi. Il presidente ha intravisto delle doti da club manager per il buon Fabio, il quale allo stesso tempo continua a coltivare il sogno di guidare il Milan. In realtà sulla panchina della prima squadra, lui ci siede a fine 1986-87, quando Berlusconi dopo l’esonero di Nils Erik Liedholm, promuove Fabio Capello dalla Primavera alla panchina maggiore. Cinque gare che bastano a centrare lo spareggio per l’accesso in Coppa Uefa contro la Sampdoria, vinto poi dai rossoneri.
Ma fu solo una soluzione temporanea, visto che dal Parma arriva Arrigo Sacchi alla guida del Milan. Insomma, Capello abbandona per alcuni anni la panchina e si mette a studiare da dirigente, poi nel 1991 Sacchi e il Diavolo prendono strade diverse, innescando in Berlusconi il colpo di genio. E’ a Fabio Capello che il numero 1 del club, nato nel 1899, affida la panchina. Stupore fra i tifosi, scherno fra i rivali e la stampa ci va giù in maniera dura con il friulano: “Berlusconi mette il suo maggiordomo, alla guida del Milan” titolano i più importanti giornali sportivi. Ma quel “Maggiordomo” è pronto a sovvertire ogni pronostico.
La metamorfosi rossonera
In cosa sono diversi il Milan di Sacchi e quello di Fabio Capello?
Entrambi sono vincenti. Ma se il primo arriva alle vittorie attraverso un gioco particolare, il Milan del friulano diventerà cinico. Se proprio bisogna trovare il pelo nell’uovo per il Milan di Sacchi, è un numero di sconfitte in campionato contro le medio-piccole che costano almeno un altro scudetto. Capello saprà fare questo salto di qualità al Milan. Più pragmatico e meno propenso a specchiarsi. Più operaio per certi versi e meno dedito al gioco asfissiante di Sacchiana memoria. Meglio 10 vittorie per 1-0 di fila, che un roboante 5-0 a cui possono seguire dei passi falsi.
E lo si capisce nella prima stagione di Fabio Capello alla guida del Milan. Trascinato dall’ultima grande stagione giocata per intero da Marco Van Basten (25 gol e pallone d’oro), il Diavolo vince con quattro giornate d’anticipo il suo 12° scudetto, a quattro anni di distanza dall’ultimo e il primo del poker firmato dallo stesso Capello. Il suo Milan non ammette altro modulo che il 4-4-2 lineare, dove tutti si devono mettere a servizio della squadra. Anche se ti chiami Ruud Gullit.
E proprio il tulipano olandese prenderà sempre peggio alcune esclusioni tattiche da parte del tecnico, fino a passare nell’estate del 1993 alla Sampdoria dopo aver rotto il suo rapporto con l’allenatore. Al di la delle divergenze però, il Milan alza ulteriormente il muro difensivo con Fabio Capello, il quale a metà della seconda stagione, 1992-93, affiderà le chiavi della porta rossonera a Sebastiano Rossi ai danni di Antonioli. Insomma quel Milan parte bene e dopo il primo scudetto, tre mesi dopo, vince anche la Supercoppa Italiana battendo 2-1 il rampante Parma di Nevio Scala.
Intanto in estate, grazie ad un cambio nel regolamento, possono essere tesserati fino a sei stranieri in rosa, di cui soltanto tre però potranno finire nella distinta di gioco. Così oltre al trio olandese, Gullti-Van Basten- Rijkaard, si aggiungono il bomber francese Papin, l’uomo simbolo della Stella Rossa Savicevic e il più giovane capitano nella storia della Dinamo Zagabria: Boban.
Non solo, ma con l’addio al calcio di Carlo Ancelotti, Capello vuole a tutti i costi il ritorno alla base di Albertini. Il giovane mediano cresciuto nel vivaio del Milan, si è fatto per un anno le ossa al Padova in Serie B e ora è pronto ad entrare in pianta stabile nel Milan.
Milan che fortino
Se il primo scudetto ha impressionato tutti per la voracità con la quale il Milan ha divorato i rivali, nel secondo anno c’è molta attesa per vedere l’operato di Fabio Capello. Secondo molti il gran ritmo imposto dal Milan era dovuto anche alla squalifica dalle Coppe Europee. Senza le Coppe di mezzo per gli stessi scettici è stato più facile pensare al campionato. Il vero banco di prova sarà dunque testare il tecnico alle prese con due competizioni e tante prime donne dentro lo spogliatoio. La risposta è quasi immediata da parte di quel Milan.
Vittoria a Pescara per 5-4, vittoria a Firenze per 7-3, 5-1 ad un Napoli ormai nemmeno lontano parente di quello con cui i rossoneri lottavano per il titolo e un secco 5-1 anche alla Sampdoria. Come se non bastasse la truppa di Fabio Capello allunga il primato di imbattibilità: iniziato nella ultima gara della gestione Sacchi (maggio 1991), proseguito con il titolo da imbattuti in 34 gare (mai successo in serie A) e che arriva fino a metà della stagione 1992-93.
Ci pensa quel funambolo colombiano di Faustino Asprilla: punizione da cineteca a gelare San Siro dopo 58 gare di fila senza perdere per i rossoneri in campionato. A quel KO seguirà un calo del Diavolo, ma seppur con qualche sofferenza, anche il secondo scudetto di fila con Capello finisce in bacheca.
È qui che il Milan si merita l’appellativo di “Invincibili” una squadra quasi impossibile da vedere andare KO. La musica sembra ripetersi anche in Champions League, dove i “Meneghini” asfaltano tutti e tutto, fino alla finale con il Marsiglia. Il Milan acciaccato e stanco per un ritmo impossibile da sostenere, oltre ad un Van Basten a mezzo servizio, cade 1-0 sull’incornata di Bolì, patendo la seconda sconfitta in finale di Coppa Campioni, a distanza di 34 anni dalla prima inflitta dal Grande Real Madrid. Ma è solo questione di tempo per vedere il Diavolo riprendersi l’Europa.
L’Estate del 1993 porta agli addii di Gullit e Rijkaard, con il Milan che nel mercato di riparazione affiancherà ad Albertini, niente meno che Marcel Desailly. La stagione 1993-94 è forse il vero capolavoro di Fabio Capello nella sua esperienza al Milan. Per almeno 3 motivi:
- Miglior difesa di sempre con appena 15 gol incassati in 34 gare
- Record di imbattibilità di Rossi con 947 minuti senza prendere un gol
- Vittoria dello scudetto con appena 36 gol segnati
Insomma una squadra che segna poco, ma sono reti pesanti e che incassa ancora meno, trasformando la sua linea difensiva in un fortino. Nel suo 4-4-2, Boban se vuole una maglia da titolare con Capello deve fare l’ala destra, con Donadoni a sinistra, mentre Massaro rimpiazza Van Basten e Savicevic sarà finalmente la fantasia al potere di quel Milan. Dirà Capello:
Il Double del ’94
Il Milan con le statistiche che abbiamo appena citato domina la Serie A, dopo aver iniziato la stagione alzando ancora la Supercoppa Italiana e ancora una volta si presenta da imbattuto alla finale di Champions League. Deve però rinunciare a Van Basten e Papin infortunati, oltre alle squalifiche di Costacurta e Baresi.
Dall’altra parte il Barcellona sembra favorito e l’allenatore Johan Cruijff prova ad impressionare il Milan con delle frase che resteranno nella storia.
Fabio Capello da buon friulano, incassa e sta zitto, preparando la partita perfetta del Milan. Stringe Maldini al centro della difesa con il quinto muro della colonna difensiva rossonera: Filippo Galli. Lascia Tassotti a destra, con Panucci dirottato come terzino di spinta dal biniario destro a quello sinistro.
Massaro in veste di bomber e Savicevic che oltre a giocare la miglior partita con la maglia del Diavolo, segna una rete leggendaria nel 4-0 finale con cui il Milan travolge il “Dream Team” catalano. Capello è adesso nella storia del calcio, ma sogna ancora di vincere altri trofei.
La successiva vittoria fu nella Supercoppa Europea, dove il Milan supera 2-0 l’Arsenal. Curioso il duetto a 24 ore dalla partita tra Capello e un Savicevic claudicante. “Genio, domani parti dalla panchina” spiega Don Fabio al Montenegrino. Il quale non ci sta e ribatte: “In panchina vacci tu che ci sei abituato. Io domani gioco e la risolvo” Savicevic gioca dal primo minuto e segna ovviamente.
Ma resta l’unica gioia rossonera per la stagione 1994-95. I Meneghini vengono battuti dal Velez in finale di Intercontinentale, terminano al secondo posto in Serie A con la Juventus campione dopo 9 anni e infine, si arrendono nella terza finale di Champions di fila contro l’Ajax 1-0 e con Dejan KO a due settimane dalla gara.
L’ultimo acuto di Fabio Capello
L’ultima stagione di Fabio Capello al Milan è un concentrato di emozioni e spettacolo. In estate alla corte del friulano arrivano Weah dal PSG e soprattutto Roberto Baggio dalla Juventus.
I rossoneri vogliono tornare a dominare in Italia e complice l’ultimo valzer per alcuni senatori, Tassotti e Donadoni su tutti, Capello mette assieme tutte le sue prime donne e vince a mani basse il quarto scudetto in 5 anni. Lo fa schierando dal primo minuto, Weah, Baggio, Savicevic, Boban e in qualche occasione anche Marco Simone.
Insomma un Milan stellare che vince in carrozza lo scudetto e vede sbocciare l’attaccante della Liberia, autore di reti incredibili come contro Lazio e Roma sempre all’Olimpico.
In Coppa Uefa il cammino si interrompe solo contro il Bordeaux di Zidane, ma in Italia è una galoppata senza sosta, nonostante gli assalti di Juventus, Parma e Fiorentina.
Con la vittoria per 7-1 nell’ultima giornata di campionato a San Siro contro la Cremonese, Fabio Capello saluta il popolo milanista con destinazione Madrid, verso la Casa Blanca del Real. Quello che per alcuni era il Maggiordomo di Silvio Berlusconi, è stato in realtà uno dei più grandi allenatori della storia del calcio.