Il nome di Gabriel Batistuta è indissolubilmente legato a quello della Fiorentina, squadra che lo ha portato in Italia per prima, con cui ha lottato nella stagione in Serie B per poi portarla alla vittoria in Coppa Italia e a lottare per lo stesso scudetto di Serie A. Un legame forte che lo ha portato a ricevere la cittadinanza onoraria di Firenze, per cui malgrado tutto è e sarà sempre “Il Re Leone“.
L’arrivo a Firenze e la retrocessione
Il giovane Batistuta arriva a Firenze con tutte le motivazioni del caso, cercando di mettersi in mostra in quello che era il campionato più bello e ambito del mondo. Classe e carisma da vendere ne avere di certo, per uno che prima di approdare in maglia viola aveva fatto le sue ultime due stagioni prima nel River Plate e poi nel Boca Junior (segnando 13 gol peraltro).
Non è un caso quindi se la sua partita di esordio in Serie A vive subito di una rivalità estrema con la Juventus, in una stagione comunque difficile di ambientamento per lui in una Fiorentina non certo molto competitiva. Ne serve comunque 13 anche qua per cominciare, reti che salgono a 16 l’anno successivo dove però non riesce a evitare la retrocessione in Serie B dopo 55 anni.
Gabriel però non solo non se ne va, ma contribuisce alla rapita risalita creando intorno a sè l’inizio di quel gruppo che poi sarà l’ossatura portante degli anni a venire. Toldo si prende il ruolo tra i pali in quella stagione, così come Robbiati e Flachi che sostengono Batigol in avanti.
La risalita Viola
Il ritorno in Serie A è ricco di motivazioni, e l’arrivo di Rui Costa è appiglio perfetto per l’argentino che segna a raffica portandosi a casa per la prima volta la palma di miglior cannoniere della Serie A con 26 reti segnate (11 giornate a segno consecutive, nuovo record assoluto).
La stagione successiva arriva anche il primo trofeo di squadra, con Ranieri in panchina che oltre al quarto posto in campionato si porta a casa la quinta Coppa Italia con Batistuta che in semifinale si permette persino una tripletta al Franchi e il gol della vittoria a S.Siro contro l’Inter. Per poi essere decisivo anche nella finale contro l’Atalanta con gol in casa e al ritorno.
L’anno dopo è ancora Batigol ad accompagnare i viola nella cavalcata di Coppa delle Coppe. In quella primavera del 1997 l’urna mette di fonte i Viola al Barcellona di Ronaldo, ultimo ostacolo prima della finalissima. Nella semifinale d’andata si materializza uno dei momenti più alti della storia d’amore tra Batistuta e la Fiorentina. Nello stadio del «Fenomeno» Batigol segna un gol bellissimo, e la sua esultanza col dito davanti alla bocca a zittire i centomila del Camp Nou è ancora un’immagine iconica nell’immaginario del tifoso della Fiorentina e non solo.
La Fiorentina ormai è una realtà di primo livello del nostro campionato, e l’apoteosi arriva forse con l’arrivo di un Trapattoni in panchina, reduce dai successi con il Bayern Monaco. Quella spinta di ambizioni consente ai Viola di lottare addirittura per il primo posto per la prima parte della stagione (con il titolo di campione d’inverno), poi stravinta dal Milan (che però la Fiorentina battè a S.Siro proprio con una tripletta di Batistuta che festeggerà con la sua poi caratteristica “mitragliata”). Chiuderà terza alla fine con Batigol a una sola rete dal titolo di miglior marcatore (21).
La Champions League e la serata di Wembley
Siamo all’apice di quel ciclo Viola, con il gruppo creato in questi anni che si prende per mano cercando di alzare ancora l’asticella tutti insieme. Batistuta, Chiesa e Balbo formano un attacco di primo livello. Di Livio, Amoroso e Rui Costa un centrocampo perfetto. Toldo, Torricelli e Adani una solida difesa.
Insomma gli ingredienti per fare bene ci sono tutti. Serve però quell’alchimia giusta per fare di una buona stagione, un qualcosa di straordinario.
L’occasione perfetta è quella del palcoscenico della Champions League, con la Fiorentina che strapazza i polacchi del Widzew nei preliminari, per poi trovarsi nel girone quasi impossibile con Barcellona, Arsenal e AIK. I catalani sono ovviamente super favoriti, insieme agli inglesi che in quegli anni erano protagonisti assoluti in Premier League.
La partenza del girone è terribile però, con l’andata che si chiude con soli due pareggi a reti inviolate e la netta sconfitta di Barcellona per 4-2. Quando si affronta un girone, mettere assieme due soli punti in tre giornate suona quasi come una condanna.
Serve un vero miracolo, forse due. Il 3-0 contro gli svedesi è ancora qualcosa di “normale”, ma la serata del 27 Ottobre 1999 è qualcosa di magico che resterà nella storia.
La scena è quella splendida di Wembley, l’avversario è il terribile Arsenal di Henry, Bergkamp, Vieira, Kanu e compagnia. La partita è decisiva, con gli inglesi avanti in classifica e con i favori del calendario (la Fiorentina avrà il Barca nell’ultima giornata).
A 15 quindici minuti dal fischio finale il risultato però è ancora inchiodato sullo zero a zero. Poi arriva lui, Batigol. Staffilata laterale da posizione impossibile che però si insacca per la rete del vantaggio. Sarebbe però tutto inutile se anche Toldo non facesse un autentico miracolo su Kanu a pochi minuti dalla fine.
La Fiorentina si toglie poi lo sfizio anche di pareggiare in casa per 3-3 contro il Barcellona (chi non ricorda il golazo di Bressan?)e approda così alla fase successiva. Che però ha andamento opposto. L’andata è quasi perfetta battendo in casa sia il Manchester United sia il Valencia, pareggiano solo a Bordeaux. Peccato nel ritorno invece i risultati saranno inversi lasciando ai Viola un terzo posto nel girone e l’eliminazione.
Batistuta segna comunque sei gol nella competizione, insieme ai 23 in campionato (ancora secondo in classifica dietro Shevchenko stavolta) che gli consentono però di diventare a fine stagione il bomber in maglia viola più prolifico della storia (scavalcando Hamrin): saranno 168 le reti complessive.
La fine del ciclo Viola
E’ però la fine di un lungo ciclo. L’argentino alla fine di quella stagione si trasferirà alla Roma con Sensi disposto a fare follie per averlo, sborsando qualcosa come 70 miliardi di lire per un giocatore di 31 anni ormai.
Con lui, l’attacco giallo rosso è qualcosa di stratosferico ora: Batistuta, Montella, Totti, Balbo, Del Vecchio. Sono una batteria che pochi vantano in Serie A. E infatti a fine stagione sono loro a cucirsi lo scudetto sulle maglie, il primo per Gabriel.
Che segnerà 20 gol alla fine, tra cui quello più pesante, alla sua ex-squadra, che darà la vittoria alla Roma tra le lacrime dell’argentino che si scuserà con i suoi ex tifosi.
Alcuni problemi fisici cominciarono però a segnare pesantemente il finale di carriera di Batigol, che nè alla Roma nè all’Inter riuscirà a essere più così incisivo, finendo poi la sua vita calcistica al caldo del Qatar.
Il post calcio è stato decisamente più amaro (soprattutto per motivi di salute), ma negli ultimi anni il Re Leone viola sembra essersi ripreso e si è potuto godere l’affetto, immutato, della sua amata città italiana.