Alcuni giocatori di Serie A vengono ricordati dalle rispettive tifoserie per qualche episodio particolare, più che per la loro continuità.
Tra i casi più conclamati c’è quello di Mark Hateley, centravanti acquistato dal Milan nel 1984, che torna alla mente ancora oggi soprattutto per l’imperioso stacco di testa che risolse il derby del 28 ottobre del 1984.
Papà precoce
Wallasey è una piccola cittadina di circa 60.000 abitanti situata nella parte centro orientale dell’Inghilterra e che fa parte della Contea di Merseyside, una delle ultime lande di terra che si affacciano sul mare Celtico prima che diventi Mare di Irlanda. Una cittadina tranquilla, formata da una comunità laboriosa.
Di questa comunità fa parte Tony Hateley, nato a Derby nell’ormai lontanissimo 1941 e buon attaccante che fece le fortune di Notts County ed Aston Villa, prima di passare a club prestigiosi come Chelsea e Liverpool dove non ottenne gli stessi risultati.
La carriera di Tony venne messa a rischio dalla nascita del figlio Mark, arrivato inaspettatamente quando papà Tony aveva appena 20 anni e giocava la prima parte della sua carriera in quel di Nottingham.
Mark e i suoi inizi
Mark Hateley nasce il 7 novembre del 1961 proprio durante il soggiorno di papà Tony a Wallasey, ma frequenta tutto il periodo delle sue giovanili al Coventry City, dove imparerà a giocare da attaccante.
Dotato di fisico imponente, 186 centimetri di altezza per 81 kilogrammi di uomo, Mark Hateley gioca in prima squadra 93 partite in 5 anni, tra il 1978 e il 1983, con una breve parentesi ai Detroit Express, negli Stati Uniti.
Durante questo periodo segna 25 gol in tutto.
La svolta della sua carriera di giocatore arriva a Portsmouth dove “Attila” conduce in porto una stagione strepitosa, quella 1983/84, quando, su un totale di 38 partite disputate, segna la bellezza di 22 gol.
L’arrivo a MIlano
Al termine di quella stagione è il Milan a mettere gli occhi sul centravanti inglese, puntandoci sopra pesante, visto che le altre squadre, in quegli anni, si erano assicurate gente come Platinì, Rummenigge, Maradona, Zico e Cerezo.
L’allora Presidente Giuseppe Farina decise di dare lustro al settore tecnico del Milan chiamando in panchina Nils Lieholm, approdato alla corte rossonera dopo le mirabolanti acrobazie fatte vedere come allenatore della Roma.
In realtà è un ritorno, visto che il tecnico svedese fu alla guida del “diavolo” dal 1963 al 1966 e dal 1977 al 1979.
Il Milan veste di rossonero in quella stagione anche Pietro Paolo Virdis, che farà spesso tandem con Hateley soprattutto nella prima stagione, Ray Wilkins, centrocampista e il libero Agostino Di Bartolomei, che seguì Liedhom dopo le avventure giallorosse. Con loro arrivò un’altra pedina fondamentale, il portiere Giuliano Terraneo.
Milano da bere e da saltare sul dischetto
La Milano sponda rossonera, dopo alcune settimane pre campionato non proprio esaltanti, cominciò a mugugnare per le prestazioni del centravanti inglese, ma c’è un episodio che trasformò la situazione in maniera diametralmente opposta.
Era esattamente il 28 ottobre 1984, si giocava il derby di Milano in un San Siro, come sempre, gremito per un incasso da 1,2 miliardi di lire.
Il Milan non riusciva a battere l’Inter in un derby da ben 6 stagioni, un’infinita serie di pareggi e sconfitte che non lasciava spazio alle spiegazioni.
La prima parte della partita fu spumeggiante. L’Inter andò praticamente subito in vantaggio con il solito “Spillo” Altobelli, che battè Terraneo grazie ad una sua prodezza di testa in tuffo.
Durante la fase avanzata del primo tempo, esattamente al 33°, Di Bartolomei sfruttò nel migliore dei modi un duetto tra Virdis e Wilkins e diresse il pallone alle spalle dell’incolpevole Zenga.
Stati d’animo e l’esplosione
I tifosi delle due squadre passarono i 15 minuti dell’intervallo con stati d’animo alterni.
Quelli dell’Inter agognavano nella prosecuzione di un incantesimo a loro favorevole che si ripeteva da 10 partite, quelli del Milan speravano invece che, finalmente, venisse spezzato quello e pure quell’altro, che metteva in evidenza come negli ultimi 20 anni di derby la squadra che andava in vantaggio non perdeva.
Il rientro in campo delle due squadre fu nervoso: tanto fraseggio a centrocampo, tanti passaggi senza una concreta finalizzazione e risultato che non voleva sbloccarsi.
Ma all’improvviso, subito dopo che Franco Baresi ponesse fine ad un’azione di ripartenza, come si direbbe oggi, dell’Inter, sradicando il pallone dai piedi di Altobelli, Virdis si involò sulla fascia destra per poi pennellare un fantastico cross al centro dell’area.
L’azione va divisa in due parti, perché, seppur ficcante e velocissimo il suo sviluppo, il gesto atletico e la finalizzazione di Hateley furono leggendari.
A marcarlo era l’inossidabile Fulvio Collovati, quasi insuperabile quando si trattava di ostacolare i saltatori avversari.
La difesa sul centravanti rossonero era di quelle arcigne, più tecnica che tattica e lo stopper nerazzurro sapeva molto bene di doversi guardare alle spalle da “Attila”.
L’uomo che mise un freno decisivo alle statistiche, fu proprio Mark Hateley, che in quella occasione indossò un paio di ali alle caviglie che permisero di far prendere il volo ai suoi 83 Kilogrammi.
Nelle immagini si vede nettamente Collovati che non riesce a intervenire, sovrastato dal tempismo e dalla forza fisica di Hateley che impatta il pallone in piena fronte disegnando una parabola che si spegne laddove Zenga non può arrivare.
È il gol del vantaggio rossonero e delle conseguente vittoria, visto che l’Inter sprecherà, anche grazie alla bravura di Terrraneo, tutta una serie di occasioni che avrebbero permesso di agguantare il pareggio al biscione.
“Attila” viene sommerso dall’affetto di compagni e tifosi e disputerà una prima stagione in Italia tutto sommato discreta.
Le due successive, invece, non si chiusero allo stesso modo. Innumerevoli infortuni ne mirarono l’integrità fisica e, dopo tre stagioni Hateley lasciò l’Italia per giocare col Monaco per poi tornare nel Regno Unito.
Al Milan, Mark Hateley segnò 21 gol in 86 presenze, molte delle quali, nella seconda parte del suo soggiorno italiano, partendo dalla panchina.