I favolosi anni ’80, il periodo in cui il calcio richiamava investimenti miliardari grazie a una lira forte, un’espansione che sembrava illimitata e le TV commerciali. Tutto confermato dall’arrivo dei giocatori più forti del mondo.
Era il 1983, era passato un anno dal trionfo ai mondiali di Spagna, vetrina di decine e decine di campioni che avevano fatto venire l’acquolina in bocca a una buona parte di operatori del nostro calcio ai massimi livelli.
Il 1983
Le schermaglie a inizio campionato erano in realtà cominciate ben prima di quella estate, quando, alla fine della stagione precedente, si parlava già di alcuni trasferimenti piuttosto importanti che riguardavano un po’ tutte le squadre di Serie A.
La Juventus, che già si serviva dell’accoppiata Boniek–Platini, acquistò il giovane e poderoso portiere Tacconi prelevato dall’Avellino, mentre Vignola e Penzo furono chiamati per dare una mano al francese e alla punta Paolo Rossi. Fu la stagione degli addii di Bettega e Zoff.
Iorio e Galderisi andarono a completare l’attacco di una freschissima Hellas Verona, mentre l’Inter riportò in sponda nerazzurra Aldo Serena, visto al Milan nelle stagioni precedenti, in aggiunta a Walter Zenga, sostituto del mitico Bordon.
Il Milan, in quell’anno neo promossa, acquistò tale Filippo Galli, che divenne poi uno dei simboli del Grande Milan di Berlusconi e l’oggetto misterioso Blissett.
L’arrivo di Zico
In quel periodo era forte la rivalità tra Argentina e Brasile e altrettanto forte era quella tra il 10 dei verde oro, Zico e quello albiceleste, Diego Armando Maradona.
In Italia cominciò a farsi strada una notizia clamorosa, quella del trequartista brasiliano vicino all’Udinese.
Arthur Antunes Coimbra è nato a Rio De Janeiro il 3 marzo del 1953, fu fin da piccolo indiziato per essere una vera e propria icona del calcio brasiliano, stella del firmamento sudamericano nata calcisticamente nel Flamengo, dove disputò qualcosa come 12 stagioni, dal 1971 al 1983 segnando 346 reti su 457 apparizioni.
Dopo l’esperienza italiana, tornò nella sua squadra di origine, ma a fine carriera chiuse in Giappone attirato dai forti capitali degli industriali nipponici, tutti proprietari di squadre importanti, tra cui Sumitomo Metals e Kashima Antlers, le due ultime squadre di club del brasiliano.
In nazionale Zico ebbe vita lunga, dieci anni di militanza per 72 presenze e ben 52 reti segnate. Ma non arrivò mai il mondiale, nemmeno in Spagna, competizione durante la quale non sono pochi a sostenere di aver visto il Brasile più forte di tutti i tempi.
Lamberto Mazza e l’Udinese
Il trasferimento ufficiale del fuoriclasse brasiliano fu annunciato nella torrida estate del 1983 dall’allora presidente Lamberto Mazza, nome legato all’industria italiana e, soprattutto alla Zanussi, che all’epoca mise i conti in ordine di altre aziende in difficoltà, come la Becchi, la Stice e la Zoppas.
Mazza riuscì, insieme al General Manager della squadra friulana Franco Dal Cin, a mettere a segno tutta una serie di colpi di mercato ponendo fede al suo mantra, di seguito riassunto da una sua dichiarazione:
«Io desidero fare grande l’Udinese, come d’altra parte mi è congeniale poiché altre cose del genere le ho fatte.»
O Zico o Austria
“O Zico o Austria” è il titolo di un fortunato e recente libro di Enzo Palladini che racconta in modo dettagliato tutti i retroscena dell’arrivo di Zico all’Udinese.
Sembrerebbe una cantilena fine a sè stessa, invece quella frase mise davvero a repentaglio i rapporti tra l’intera regione del Friuli Venezia Giulia, la Federcalcio e addirittura una parte del governo di allora.
Ferita da un devastante terremoto che la colpì duramente nel 1976, Udine e lo straordinario attaccamento alla propria terra e lo spirito di iniziativa del suo popolo, facevano sì che, seppur tenendo a memoria la tragedia di 989 morti, dopo appena 7 anni il capoluogo friulano poteva risplendere e tornare a fiorire.
Uno dei sintomi di questa rinascita fu proprio il settore industriale che portò denari nel nord est italiano, che negli anni a seguire fu il vero e proprio traino dell’intera economia italiana.
Quel ritornello fece da portavoce e, soprattutto, da cassa di risonanza, dopo che la FIGC aveva messo alcuni paletti rispetto al trasferimento del giocatore al Friuli, da lì la protesta del popolo bianconero, seguito da quello di una Regione intera, che minacciava la richiesta di annessione all’Austria.
L’Udinese di allora
Erano altri tempi, lo abbiamo già detto, ma il Presidente Mazza allestì una squadra che poteva fare sognare i suoi tifosi, con un attacco che, paragonato a quello di una delle nostre squadre di “fascia media” odierna, fa rabbrividire.
Oltre a Zico l’allenatore Enzo Ferrari poteva disporre di gente come Franco Causio, Massimo Mauro e Pietro Paolo Virdis.
L’obiettivo, con questo tipo di giocatori, era palesemente quello di mettere in difficoltà le squadre più forti, la Juve di Platini, la Roma di Falcao, l’Inter di Altobelli.
Tutto liscio? Nemmeno per idea
Il periodo che precedette il trasferimento di Zico in bianconero fu davvero uno dei più discussi della storia del calcio italiano, ma il motivo di tali diatribe non è probabilmente mai venuto fuori fino in fondo.
L’allora presidente della Federcalcio Federico Sordillo, dopo appena tre anni dall’apertura delle frontiere, si scagliò pubblicamente contro i trasferimenti dei calciatori che spostavano tantissimi soldi.
Quello di Zico e di Cerezo faceva parte di quel tipo di trasferimenti e Sordillo, chiese a tutti di mettere un freno gridando “basta follie e basta stranieri ad alto costo”.
La polemica scaturì a seguito della situazione non brillantissima che in quegli anni stava vivendo la Zanussi, costretta a mettere in Cassa Integrazione una parte dei suoi dipendenti, fatto, peraltro, stigmatizzato anche da Luciano Lama, allora segretario della CGIL, che attaccò senza mezzi termini Mazza, indicando quei 6 miliardi di lire come denaro tolto ai dipendenti della Zanussi.
Le reazioni
Lo stesso presidente Mazza, convinto della bontà delle proprie ragioni, si alleò con il presidente della Roma Dino Viola che, molto più duro del suo omologo, dichiarò senza mezzi termini “questo tipo di diktat della Federazione è illegale”.
Le ragioni della Federazione si fecero più tecniche: si contestarono i trasferimenti dei due brasiliani adducendo motivazioni riguardanti il ritardo del deposito del contratto in Lega dei due campioni.
Ci sono tanti nodi da sciogliere, quindi, in questa storia, formata da migliaia di protagonisti, tra i quali, dicevamo, il popolo friulano.
In più occasioni i tifosi dell’Udinese scelsero la piazza come protesta alla presa di posizione della FIGC, in una occasione particolare, che rimase nella mente dei tifosi per molto tempo.
Piazza XX Settembre si riempì a dismisura in un pomeriggio di luglio, quando prese forma perfino la minaccia di una petizione che avrebbe riguardato l’annessione del Friuli all’Austria in caso di fallimento del passaggio di Zico in bianconero.
L’intervento di Carraro e del CONI
In quel periodo si formò un doppio schieramento di natura nazionale, quello formato da chi vedeva di buon occhio la compravendita del giocatore e quello che aveva dalla sua parte gli scettici.
Perfino al Presidente della Repubblica fu chiesto un parere e, come sempre candidamente, Sandro Pertini rispose che gli sarebbe piaciuto vedere in Italia campioni come Zico e Cerezo.
Fu il CONI nella persona di Franco Carraro a dipanare la matassa, tanto che riuscì con un cavillo di natura burocratica a stabilire una proroga per i contratti non depositati, permettendo così a Roma e Udinese di ingaggiare i propri campioni.
Udine e l’Udinese diventarono una delle capitali del calcio nostrano, gli abbonamenti per le partite casalinghe del “Friuli”, diventarono improvvisamente quasi 27.000.
Il resto è storia, ma parlare dell’avventura di Zico all’Udinese, senza mettere i puntini sulle “i” di ogni sua giocata, sarebbe un delitt Ci proveremo più avanti…