Quando Walter Sabatini varca le soglie della sala stampa, nell’inverno del 2022, la Salernitana è ultima in serie A e con alle spalle un campionato travagliato dentro e fuori dal campo.
Il carismatico D.S., il più carismatico di tutti nella grande platea del calcio professionistico, parla apertamente alla squadra, allo staff ma anche a un’intera città: gli analisti hanno definito la percentuale esatta delle possibilità granata di salvezza e Sabatini sembra quasi fiero di pronunciare quel 7% di sparute possibilità che vengono assegnate alla sua squadra.
Chissà se anche un innamorato del calcio, un sognatore come lui, pregusta il fascino della grande impresa. Riuscire laddove i più hanno dato il 93% di fallimento. Riuscire in una delle imprese più disperate nella centenaria storia della serie A.
Una stagione che sembra finita in partenza
Parliamoci chiaro: la Salernitana arriva in A praticamente a sorpresa.
La squadra non era stata concepita per il salto di categoria dal presidente Lotito, che non aveva nessuna voglia di creare una querelle infinita a causa della promozione dei granata. Infatti il presidentissimo della Lazio aveva acquistato anche la Salernitana più come appoggio, quasi come una squadra B dove far crescere i giovani di scuola laziale, allenatori compresi: Simone Inzaghi doveva cominciare da li, salvo poi essere chiamato al capezzale di una Lazio boccheggiante.
A guidare la Salernitana nella stagione 20/21 in serie cadetta era stato chiamato un vecchio volpone della categoria quale Fabrizio Castori, uomo di lunghissima esperienza e che garantiva un campionato tranquillo. Ma l’iniziale slancio dei giovani campani non si affievolì giornata dopo giornata e la promozione arrivò inaspettata.
Ai nastri di partenza della Serie A 21/22 attorno alla Salernitana grava la questione presidente: Lotito deve lasciare e a colpi di deroghe il campionato si avvia comunque, con Castori rimasto saldo in panchina.
Dopo qualche giornata però il mister del miracolo promozione viene esonerato per far spazio a Colantuono, che dopo qualche segnale incoraggiante iniziale, non riesce a dare la sterzata giusta alla stagione granata.
Il Gennaio di fuoco
I destini della Salernitana si compiono a fine anno: la situazione societaria si sblocca, con l’accordo tra Lotito e il neo presidente Iervolino: quest’ultimo a Gennaio compie la rivoluzione in seno alla squadra partendo proprio dal lato tecnico. Via il D.S. Fabiani e dentro il vulcanico Sabatini, dirigente scafato e di lungo corso che ha varcato mille mari in serie A e conosce il calcio come pochi.
Nel mercato di Gennaio la squadra viene rivoluzionata: Sabatini piazza qualche zampata delle sue, come l’acquisto di Ederson dal Corinthians per 5 milioni (sei mesi dopo sarà rivenduto a 5 volte tanto) e la chiamata di gente esperta ma motivata come Fazio e Perotti oltre che di Simone Verdi chiamato a mettere la qualità.
Manca solo l’ultimo tassello per completare la rivoluzione e quel tassello è in panchina: Colantuono viene allontanato e Sabatini chiama l’uomo delle imprese disperate, quel Davide Nicola che alla guida del Crotone ha portato a termine un’impresa leggendaria nel 2017, acchiappando una salvezza che a Marzo pareva un miraggio.
La cavalcata salvezza
Con l’arrivo di Nicola la squadra prende a fare qualche punto e inizia a giocare in un modo quasi disperato, tutti suggestionati dalla possibile impresa che si intravedeva appena all’orizzonte. La Salernitana arriva ad avere 10 punti di distacco dalla zona salvezza, ma nonostante questo scende in campo con la bava alla bocca, trascinandosi oltre l’ostacolo pur di fare risultato su ogni campo.
Le gare decisive arrivano sul finire del torneo: i granata devono affrontare dei recuperi e il 10 Aprile la squadra si trova a -9 dalla salvezza con tre gare da affrontare in 7 giorni: la trasferta di Marassi contro la Samp, il recupero da giocare a Udine e la gara interna con la Fiorentina.
Il 17 Aprile, dopo 7 giorni incredibili, i granata sono riusciti nell’ impresa di tirare fuori 9 punti sui 9 disponibili in queste gare, portando il loro distacco dalla salvezza a soli 3 punti.
La città è tutta in subbuglio, ora Salerno ci crede davvero.
Il clamoroso epilogo
Un pareggio a Bergamo e la vittoria nel recupero contro il Venezia portano la Salernitana a toccare le calde sponde della zona salvezza, finalmente.
Alla terzultima giornata i granata ospitano il Cagliari, sapendo che una vittoria sancirebbe la meta tanto agognata.
Ma una gara tesa e altri rimpianti fanno scaturire un pareggio che rimanda tutto ai successivi 180 minuti. Gli ultimi.
Il pareggio di Empoli, dove Perotti sbaglia il rigore salvezza, e la contemporanea sconfitta di Genoa e Cagliari tiene la Salernitana in pole position.
Per la classifica avulsa il Genoa è già retrocesso, l’ultimo pass per restare in paradiso se lo giocano Salernitana e Cagliari: isolani a casa di un Venezia già retrocesso e Salernitana che ospita l’Udinese già battuta qualche settimana prima. La classifica recita: Salernitana 31 punti, Cagliari 29. In caso di arrivo a pari punti drammatico spareggio.
Quello che succede la sera di quel 22 Maggio ha dell’incredibile. Ci si attende una Salernitana feroce, con la spinta di uno stadio tutto granata che vuole trascinare la squadra ad avere la meglio su di un’Udinese priva di obiettivi. La realtà mostra invece una gara difficilmente pronosticabile.
La Salernitana è come un maratoneta che ha spinto troppo e arriva spompato all’ultimo km. La tensione pietrifica le gambe dei granata che lasciano via libera ad un’Udinese balneare, che passeggia sulle fragilità di una formazione terrorizzata dal non vedere lo striscione del traguardo.
Finisce 0-4 per i friulani, ma peggio riesce a fare il Cagliari, che non va oltre lo 0-0 a Venezia.
Nella maniera più impensabile e col cuore totalmente in gola la Salernitana ce l’ha fatta.
Nicola si gusta l’ennesima impresa disperata e Sabatini, che vede la gara in una stanzetta nella pancia dell’Arechi, ripensa magari al quel 7%, che tanto aveva fatto sorridere, infuriare e disperare i tifosi appena qualche mese prima.