Colpa di Allegri. No, colpa della squadra. Macché: colpa della dirigenza. Oh, comunque la si metta, in casa Juventus si è passati dai sogni alle illusioni. E adesso si cercano i colpevoli, un po’ dappertutto. Vuoi perché la guida tecnica non ha dato più punti, né gioco. Vuoi perché al momento è difficile dare un giudizio che non sia obnubilato dagli ultimi risultati, soprattutto se questi sono arrivati in un momento di impotenza totale, come dimostrano soprattutto gli errori dei giocatori nelle recenti prestazioni.
La Juve capolista è diventata una Juve da piazzamento Champions. L’aveva detto, a suo tempo, Massimiliano Allegri: l’avevano preso per un difensivista oltranzista, in campo e nelle dichiarazioni. E invece si è rivelato un infelice profeta. Nel senso: l’ha indovinata, ma non è che fosse proprio entusiasta. Anzi: per un periodo Max ha cullato la possibilità di aver raddrizzato così bene la squadra da poter evitare cali. O almeno di non viverne di così drastici.
Nella sfida dello Stadium contro l’Empoli si è inevitabilmente inceppato qualcosa. L’allenatore non ha saputo porre rimedio. E da aprile 2023 la Juventus non andava così male in campionato: all’epoca, però, c’era la penalizzazione e l’Europa League a tenere altissima la barra delle giustificazioni.
Le difficoltà della Juventus: trova il colpevole
Ecco: la sensazione è che il tempo delle scuse e delle attenuanti sia un po’ finito. Vero: la Juve non è più una corazzata, ha avuto Chiesa a fasi alterne, Vlahovic ha segnato con continuità negli ultimi due mesi. Ma la squadra aveva fatto grandi cose contro Roma, Lazio, Milan. Aveva saputo sfruttare gli errori altrui e portare a casa – spesso di “corto muso” – punti da campi tostissimi, come Firenze. In più, la crescita di Cambiaso, il gol trovato da Miretti, una difesa per larghi tratti impenetrabile. Com’è stato possibile sgonfiare tutto quest’entusiasmo? Tornare a viaggiare controvento?
Non c’è una risposta vera, o comunque non c’è una realtà chiara da poter esaminare in poco tempo. La squadra e l’allenatore sono palesemente in difficoltà dopo due sconfitte e due pareggi, e il tempo di decidere è quasi arrivato. Passato marzo, sarà tempo di chiarire effettivamente dove sarà la Juventus e cosa sarà la Juventus della prossima stagione. Solo allora, in effetti, si tireranno somme e bilanci, si discuteranno i contratti in scadenza nel 2025. Tra questi, quelli di Federico Chiesa e Max Allegri.
I dubbi ci sono, inutile negarlo. A tenere in ballo Allegri per un futuro bianconero resiste una domanda che si pongono tanti tifosi, non solo gli uomini interni alla Continassa: chi avrebbe fatto meglio di Max con questa rosa? Non dal punto di vista del gioco, si parla di meri risultati e di certezza – quasi acquisita – di giocare la prossima Champions League. Non raggiungerla non è nemmeno contemplato, dal momento in cui le difficoltà delle scorse settimane sono state derubricate così: una nuvola passeggera. Passerà.
Federico Chiesa-Kenan Yildiz: il duelllo che (non) fa bene
Un impatto decisivo lo avrà chiaramente anche il peso e il pensiero dello spogliatoio. I senatori sono con Allegri. Da Danilo a Rabiot, difficile trovare un elemento di spessore che non sposi la causa di Max (gli altri, in effetti, sono andati via. Tutti). Ma chi incide sul serio? Dusan Vlahovic ha lavorato tanto sul rapporto con il tecnico, che in questa stagione non l’ha mai messo in discussione. Federico Chiesa potrebbe fare forse qualche sforzo in più. Tra lui e Allegri continua a esserci una relazione incostante, complici gli stop dell’esterno e una collocazione tattica oggettivamente complicata da trovare a Chiesa nel 3-5-2 statico – troppo statico – della Juve.
Il tridente è in cantiere, ma Allegri ha deciso di rimettere i fondamentali al centro della scena. Nelle ultime partite la confusione è stata troppa: dalla difesa a tre è passato al 4-3-3, poi il vecchio e chiaro 4-4-1-1. McKennie ha fatto il terzino, Cambiaso l’esterno d’attacco. Proprio Chiesa, con Yildiz e Vlahovic, ha finalmente fatto parte di un tridente. Però a Verona è durato appena 9 minuti, neanche il tempo di rendersene conto e comunque in una situazione di svantaggio.
Tra Kenan e Federico, adesso, è la corsa a chi dovrà vestire il ruolo di salvatore della patria. In un angolo il giovanissimo talento, che ha strabiliato ma che fatica a trovare continuità; nell’altro, il miglior attaccante italiano, l’uomo già chiamato a trascinare la Nazionale al prossimo Europeo eppure in forte difficoltà nel suo club. La rabbia mostrata al Bentegodi è quella che prova nell’ultimo periodo: è in discussione, e sente forse di non meritarlo. Sicuri che la gestione del tecnico sia stata così impeccabile come dicono?