In principio fu Andrea Silenzi. Poi a ruota, Ravanelli, Vialli, Carbone, Festa, Lombardo, Di Matteo, Casiraghi, Di Canio e molti altri ancora. Una diaspora di giocatori italiani che in Serie A avevano lasciato il segno, ma con la valigia in mano verso il calcio d’oltre manica. A metà degli anni ’90, complice la famosa “Sentenza Bosman“, mentre i calciatori stranieri facevano letteralmente a cazzotti per venire a giocare nel nostro paese, i nostri alfieri provarono ad esportare il Made In Italy all’ombra della Regina.
I risultati non sempre sono stati esaltanti. Dal più tecnico, tattico e difficile campionato al mondo, ad un campionato ancora in fase di transizione. La Premier League di metà anni ’90 era un mix fra vecchio gioco all’inglese basato più sul fisico che sulla qualità e un qualcosa che provava a lanciarsi nel futuro. Ibrido, ma nel senso positivo del termine. Per molti giocatori italiani il passaggio verso questo nuovo mondo calcistico non avvenne nel modo sperato e alcuni furono costretti a riprendere la via del nostro paese.
Oggi ricorderemo i più noti players italiani che hanno varcato il Canale della Manica e che in qualche modo hanno lasciato il segno tangibile della loro presenza nel calcio inglese. Fra gol, assist, salvataggi e trofei. Oppure, ricordati ancora oggi come fra i peggiori acquisti mai visti in terra di Britannia. Vediamo chi sono.
I gemelli del Gol
Fabrizio Ravanelli e Gianluca Vialli sono fra i primi italiani a raggiungere la Premier League nel 1996. Quello che sorprende, un mese prima del loro passaggio, si erano laureati campioni d’Europa con la Juventus. Ti aspetti dunque un trasferimento verso le big del calcio inglese come Manchester United, Arsenal o Liverpool. Invece no: “Penna bianca” approda al Middlesbrough e Gianluca accetta la proposta del Chelsea. Ecco, non esattamente due club abituati a vincere. Il “Boro” ha pochissime coppe in bacheca e la truppa di Londra ha vinto il suo unico campionato nel 1955.
Ma stupiranno. Ravanelli segna la bellezza di 31 gol fra campionato e coppe nazionali. Proprio tra League Cup ed FA Cup il Boro raggiunge entrambe le finali: perderà, ma a modo suo è una sorta di record. L’attaccante italiano si presenta subito alla grande e nella prima giornata cala la tripletta nel 3-3 contro il Liverpool. I suoi gol non basteranno però a salvare la squadra. In un finale di campionato a dir poco rocambolesco e complice una difesa colabrodo (60 gol al passivo), il “Boro” coglie una clamorosa retrocessione. “Penna Bianca” saluta a fine campionato, ma il suo ricordo è vivo nel cuore dei tifosi.
Gianluca Vialli invece centra subito un successo in terra inglese. Proprio la FA Cup contro l’amico/rivale Ravanelli. L’ex attaccante bianconero segna, ma nella seconda stagione sembra entrare in conflitto con il giocatore/allenatore Ruud Gullit. Quest’ultimo nel febbraio del 1998 lascia la squadra e l’allora presidente Ken Bates affida proprio all’italiano la doppia veste. Una mossa azzeccata, visto che il Chelsea vince la Coppa di Lega e poi la Coppa delle Coppe. Un biglietto da visita che vale la conferma nel doppio ruolo anche per la stagione seguente. L’ultima da giocatore, in cui arriva anche la Supercoppa Europea contro il Real Madrid.
La fantasia al potere: Zola e Di Canio
Se il Chelsea nella seconda parte degli anni ’90 ha vinto molto, lo devo soprattutto a Gianfranco Zola. Arrivato dal Parma per 12.5 miliardi di lire, impiegherà pochissimo tempo ad entrare nel cuore dei tifosi londinesi. I quali lo chiameranno “Magic Box“. Alla fine della prima stagione, oltre ai trofei di squadra, si prende anche il titolo di miglior giocatore della Premier League. Il ragazzo partito da Oliena lascerà il segno in maniera netta con la maglia dei “Blues” e soltanto nel 2003 le strade si separano: dopo 229 presenze e 59 gol. Miglior italiano di sempre in terra inglese.
Il secondo italiano più amato di sempre dai tifosi inglesi e in particolare da quelli del West Ham è Paolo Di Canio. “Cavallo Pazzo” nel 1996 lascia il Milan e vola alla volta di Glasgow sulla sponda “cristiana” della città. Una stagione con il Celtic e l’anno dopo approda in Premier con la maglia dello Sheffield W. 41 presenze complessive e 15 reti, oscurate però dalla spinta al direttore di gara che costeranno 11 giornate di squalifica. Nel 1998 passa al West Ham e qui Di Canio farà cambiare parere agli inglesi. Con tante giocate, numerosi gol e il gesto fair play dell’anno 2000 che lo consacra nell’olimpo: una cosa a cui tengono molto a quelle latitudini. Infine, il gol più bello nella storia degli “hammers”. La famosa bicicletta volante. Nel 2003 passa al Charlton e nel 2004 torna a chiudere la carriera nella Lazio.
Tra alti e bassi, gli altri italiani
Come detto sono stati tantissimi i giocatori italiani pronti ad emigrare in terra inglese nella seconda parte degli anni ’90. Ottime l’esperienze di Roberto Di Matteo e Attilio Lombardo. Il primo completa la colonia italiana al Chelsea con Vialli, Zola e Cudicini, mentre il secondo approda a Londra per esaltare i tifosi del Crystal Palace. Di Matteo vincerà molto sulla sponda giusta del Tamigi. Lombardo invece, nonostante delle ottime prestazioni, sarà spesso messo KO dagli infortuni.
Chi non ricordano con troppo affetto nel campionato inglese sono Andrea Silenzi e Massimo Taibi. Destini simili, in epoche e squadre diverse. L’ex attaccante del Torino fu come detto il primo italiano a sbarcare in Premier League, ma nelle due stagioni con il Nottingham Forest ci sono appena 12 presenze in campionato. Le uniche due reti inglesi sono arrivate nelle coppe nazionali. E’ stato inserito fra i 10 peggiori acquisti fatti in Premier League.
Stesso destino per Taibi. L’estremo difensore dopo un’ottima stagione al Venezia, arriva al Manchester United nell’estate del 1999. I Red Davils hanno appena messo a segno uno storico treble e dopo la partenza di Peter Schmeichel, Sir Alex Ferguson vuole in tutti modi il portiere italiano a difendere la porta. Inizia con una grande prestazione contro il Liverpool e si prende il titolo di “Man of The Match”, poi nella gara seguente compie una papera clamorosa e dopo altre due gare non proprio all’altezza viene messo in panchina. Fa in tempo a vincere il mondiale per club con lo United, prima di tornare a Gennaio in Italia con la Reggina.