All’incirca una decina di anni fa un nuovo termine si fece largo tra i commentatori di calcio europei per descrivere l’ascesa dell’Atletico Madrid di Diego Simeone: il Cholismo.
Oggi i Colchoneros si apprestano ad affrontare l’Inter in un intenso ottavo di finale di Champions League, ma cosa è rimasto del Cholismo che ha proverbialmente alimentato i successi di Simeone nell’ultimo decennio?
Come il Cholismo ha scosso il calcio spagnolo
Più che una tattica o una maniera di giocare, il Cholismo è quello stato mentale, ma forse è più adatto dire dell’animo, inculcalto e alimentato dall’allenatore argentino, il cui soprannome è sempre stato “El Cholo” (termine che deriva da Xoloitzcuintli, che in azteco indicava le persone di discendenza mista, indigena ed europea).
L’Atletico Madrid di Simeone ha scalato le gerarchie nella Liga e nel calcio europeo percorrendo la strada che nessuno in Spagna aveva percorso ad alti livelli, quella della garra, vocabolo spagnolo più in uso nel calcio sudamericano che in quello iberico. Garra significa letteralmente “artiglio”, ma nello sport indica quella grinta e quello spirito combattivo originariamente attribuito alla scuola uruguaiana (la proverbiale “garra charrua”, dal nome delle tribù indigene che vivevano lungo il Rio de la Plata) ma che con il tempo si è ritrovato sempre di più anche nel calcio argentino.
Negli anni in cui il calcio spagnolo viveva ancora degli ultimi echi del tiki-taka barcelonista di Guardiola e dei lampi di classe dei vari galacticos del Real Madrid, l’Atletico di Simeone ha sparigliato le carte con il suo spirito battagliero e di sacrificio, che metteva la compattezza di squadra e la solidità davanti a qualsiasi concessione al bel calcio .
Nel panorama della Liga dominata dalle giocate di Leo Messi e Cristiano Ronaldo, l’Atletico era un po’ come il classico “bad boy” che si ritrova proiettato nell’alta società e conquista tutti grazie alla sua diversità, la versione calcistica del Ryan Atwood di The O.C., per fare un paragone con le serie tv.
Una squadra che per prima cosa distrugge il gioco altrui invece che creare il suo: una sorta di bestemmia per gli esteti del calcio spagnolo, ma una bestemmia tremendamente efficace.
Il cambio di paradigma del nuovo Atletico: più attacco che difesa
Quest’anno, dopo qualche passaggio a vuoto nelle ultime stagioni, Simeone ha completamente cambiato faccia al suo Atletico: baricentro più alto, una coppia d’attacco composta da un centravanti che sì da profondità ma che sa anche trattare benissimo la palla come Morata e un giocatore ormai totale come Griezmann, libero di spaziare per tutto il campo e fare il centrocampista, l’ala o la punta a seconda delle necessità.
Esterni a tutta fascia spiccatamente offensivi come Samuel Lino e Nahuel Molina, addirittura un centrocampista come Witsel riadattato difensore centrale per avviare l’azione dal basso.
Ora la palla si tiene tra i piedi e la si gioca: il risultato sono ben 70 gol segnati in 35 partite, ma anche la sconcertante somma di 41 reti incassate da Oblak, ancora oggi uno dei migliori estremi difensore del mondo ma che dopo anni in cui è stato protetto dalle trincee scavate dal Cholismo oggi è costantemente esposto al fuoco nemico.
Per un po’ ha funzionato: gli avversari sono stati spesso sorpresi da questo atteggiamento così spregiudicato dell’Atletico, e quasi a non credere agli spazi che gli venivano concessi in attacco, si sono spinti anche troppo in avanti per poi essere puniti dalla letale coppia Morata-Griezmann.
Ma per il momento il giudizio è ancora in sospeso, con un quarto posto nella Liga lottando con il Barcellona, alle spalle del dominante Real Madrid e della sorpresa Girona, un convincente passaggio del turno in Champions League da imbattuti in un girone molto abbordabile con Lazio, Feyenoord e Celtic ma anche le sconfitte nelle semifinali di Supercoppa Spagnola per mano del Real Madrid (5-3 ai supplementari) e Copa del Re contro l’Athletic Bilbao (0-1 in casa).
Il Cholismo è definitivamente morto?
Attenzione però a considerare il Cholismo come definitivamente accantonato: Diego Simeone è un allenatore dalle molte sfaccettature, ma non è certo uno sprovveduto. Se l’anno scorso l’Inter di Simone Inzaghi è stata per molti versi una sorpresa in ambito europeo, oggi lo status di finalista dell’ultima Champions League l’ha posta sotto la lente d’ingrandimento di tutti i suoi avversari.
Simeone avrà sicuramente visto quanto pericolosa è la sua ex-squadra nelle ripartenze, soprattutto se ha campo sugli esterni. Se l’Atletico può permettersi di provare a cambiare pelle in Liga o in un girone di Champions in cui la qualificazione non è mai stata a rischio, in un doppio confronto da dentro e fuori contro un’avversaria così temibile forse è il caso di tornare alla vecchia pelle.
Al di là dell’assenza di Alvaro Morata, a San Siro potremmo rivedere un Atletico Madrid più vicino ai tempi d’oro del Cholismo rispetto alla sua nuova versione più frizzante e sbarazzina. Storicamente in Europa l’Atletico ha sempre fatto le barricate all’andata per poi punire coloro che si sbilanciavano troppo in avanti al ritorno, e questa sembrerebbe la strada più adatta anche in questo caso, soprattutto perché la gara decisiva si giocherà al Metropolitano ed i gol in trasferta ora non valgono più doppio.