Il calcio, davvero, è roba per stregoni. Comprensibilissimo nella sua semplicità di gioco, quasi impenetrabile per i fili del destino che riesce a muovere partita dopo partita. Nessun match è uguale a quello precedente, nessun incontro parte già scritto. Questo è indubbiamente ciò che rende il calcio così bello e popolare nel mondo: la sua imprevedibilità. Ma quello che accadde al Vicarage Road il 12 maggio del 2013 supera persino l’incredibile come concetto immanente al mondo. Servirebbero categorie metafisiche, teologiche o religiose per raccontare quel Watford-Leicester: e noi, da bravi monaci, non faremo altro che descrivervi l’evento. La mera descrizione dell’evento, infatti, in questo caso, già sprofonda nel terreno della mistica.
Prima, però, il contesto. Watford-Leicester è la semifinale di ritorno dei playoff di Championship – Serie B inglese. All’andata aveva vinto il Leicester, 1-0, davanti ai propri tifosi. Un risultato a suo modo inaspettato, perché le Foxes, a differenza del Watford terzo e miglior attacco del campionato, avevano chiuso la stagione al sesto posto, qualificandosi ai playoff in virtù di una miglior differenza reti rispetto al Bolton. Al ritorno il Watford ha dunque bisogno di una rete per andare ai supplementari, e di due per vincere la sfida. Non vale la regola dei gol fuori casa.
Il primo tempo
Il match è fin da subito assai frizzante. Il Leicester, che ha un gol di vantaggio, anziché gestire vuole chiudere i conti subito, forte di uno stato mentale a dir poco positivo. Dagli sviluppi di un corner, De Laet e compagni reclamano per un possibile tocco di mano di Ekstrand, ma il signor Oliver fa segno di ‘no’ con le braccia. Si prosegue dunque. Il Watford prova a scuotersi con le due punte, Deeney e Vydra, ma il tiraccio del giovane calciatore ceco finisce nel settore popolare dei tifosi Hornets. Ma come il segnale di tromba preannuncia l’imbraccio delle armi, così quel tiro, sbilenco e impreciso, è preludio della rete dell’1-0 del Watford, siglata proprio da Vydra con una splendida volée al minuto 15.
Gianfranco Zola, dalla panchina, esulta contenendosi. Non è successo nulla, ripete – forse in sardo – tra sé e sé. Tutto intorno è una pericolosa bolgia. Pericolosa, s’intende, perché tronfia fino all’eccesso. E infatti Eupalla-hybris risponde subito alla gioia incontenibile dei tifosi di casa, perché Nugent – che già all’andata aveva timbrato il cartellino – pareggia i conti su corner di James. 1-1. E così è, se vi pare, fino al riposo.
La ripresa
Nella ripresa il match è molto più britannico, nel senso antico e old-fashioned del termine, e assai meno ‘premieresco’. Le due squadre sono più attente nel non prenderle che nel darsele, anche se il Watford fa qualcosa di più. Zola toglie un difensore, Doyley, e inserisce Forestieri, talentuoso ma a volte fumoso trequartista transitato anche in Italia (Udinese; club di Pozzo come il Watford, appunto). È la mossa vincente, almeno dal punto di vista oracolare. Al 64’ Vydra triangola con Deeney, entra in area e batte Schmeichel per la seconda volta nella partita: altro delirio, è 2-1 Watford.
Le Foxes sono in difficoltà, più mentale che di gambe. Ci prova allora il giovane e sconosciuto Harry Kane, al 73’, a piazzare il colpo del 2-2, fresco e forte della sua incoscienza. Ma il tiro viene bloccato a terra da Almunia. Poco dopo il Watford segna in contropiede con Deeney, ma l’arbitro ferma tutto per offside. Passano pochi secondi e Forestieri, a tu per tu con Schmeichel, viene rimontato da capitan King sul dischetto. Un pallone finisce in fallo laterale, qualche altro si perde nelle tribune dopo una spazzata senza fronzoli. Il match, insomma, sembra destinato ai supplementari.
Il recupero
Oliver assegna 4 minuti di recupero. Le due squadre si vedono, quasi a specchio, passarsi nervosamente la palla da una parte all’altra del campo, come negli esercizi tattici del giovedì, senza aggredirsi l’un l’altro. Ma proprio allo scadere dei 360 secondi, al secondo 358, Cassetti aggancia Knockaert, che cade in area di rigore. Per l’arbitro non ci sono dubbi: è calcio di rigore.
L’ala francese se lo è guadagnato, è lui a volerlo battere. Tutt’intorno, un mix d’incredulità, disperazione – in molti piangono – e frustrazioni. È davvero così ingiusto, il bloody football? Be, diciamo che ha le sue leggi. E queste leggi sono impenetrabili. Knockaert calcia, ma centrale. Almunia respinge coi piedi, esibendosi in una parata orribile dal punto di vista stilistico ma tremendamente efficace. Sulla respinta, respinge di nuovo opponendosi col corpo: è un gesto eroico, olimpico. Mentre il pubblico sta esultando per quel miracolo, Eupalla Dio o chissà chi fa recapitare il pallone su Anya, che scende sulla fascia destra e allunga per Forestieri. L’argentino crossa in mezzo senza pensarci due volte, Hogg sponda e Deeney, dopo 97 minuti di botte, sudore, lacrime e palpitazioni, spedisce in rete il gol che vale la qualificazione alla finale di Wembley.
Deneeeeyyyyyyy!!!
BOOM. A quel punto sì che succede di tutto. Deeney va a finire seminudo tra le braccia dei tifosi di casa, due o tre fumogeni si accendono nel settore caldo del Vicarage Road, mentre dall’altra parte del campo il triste, solitario y final Knockaert prova a coprirsi il volto con la maglietta. Gli rimangono fuori solo gli occhi, che come quelli del Re Edipo provano a contemplare l’incontemplabile. Vorrebbe cavarseli, in quel momento.
Il Watford in finale perderà contro il Palace. Il Leicester, tre anni dopo, vincerà la Premier League nella più incredibile delle storie del XXI secolo. L’aveste detto a un tifoso delle Foxes quel giorno, quel 12 maggio del 2013, vi avrebbero riso in faccia. Ma il calcio ha le sue leggi, e noi non possiamo far altro che rispettarle.