Diceva Tolkien che «le radici non gelano». Soprattutto, aggiungiamo noi, se il terreno è antico e insieme saldo. Il talento mostrato al mondo dalla Bulgaria ad USA 94 – uno degli ultimi canti dello straripante talento dell’Est – ha alle spalle una storia importante, non nasce dal nulla. I preamboli di quel piccolo miracolo sono però esistenziali, più che sportivi. Nel ’68 la Bulgaria aveva raggiunto la finale delle Olimpiadi, poi persa contro gli imbattibili ungheresi, ma contemporaneamente aveva anche bucato – intendiamo a livello di prestazioni in campo – i tornei iridati dal ’66 al ’74. Peggio: nelle cinque partecipazioni al mondiale (62/66/70/74/86) precedenti quella nordamericana, i bulgari non erano riusciti a vincere una sola partita (6N; 11P).
USA 94 in questo senso fu un unicum, giustificato però dalle sue ‘radici’. Intanto, ricordiamo che la Bulgaria allenata da Dimitar Penev era riuscita ad accedere alla fase a gironi dopo aver battuto la Francia al Parco dei Principi 2-1 il 17 novembre del 1993 per l’ultima partita delle qualificazioni mondiali – i due commentatori bulgari, nell’occasione, consegneranno alla storia nazionale uno slogan impareggiabile: “Questa sera Dio è bulgaro!”. Un risultato sensazionale, quasi inspiegabile, che aveva gettato la nazionale bulgara in una dimensione ultraterrena, dove tutto sembrava possibile. Un destino, a proposito di radici appunto, ulteriormente appesantito dalla difficile situazione vissuta dal Paese in quel momento. La Bulgaria era allora guidata dal governo tecnico di Lyuben Berov, ancora alle prese col crollo del Comecon.
Il calcio non può risolvere tutti i problemi del mondo, ma può senz’altro attutirli, rimodellarli, metterli tra parentesi. Così accadde anche alla Bulgaria protagonista ad USA 94. Le premesse, miracolo contro la Francia a parte, c’erano tutte per far bene – forse non così bene, certo. La stella della squadra è chiaramente Hristo Stoichkov, talentuoso attaccante passato al Barcellona, dal CSKA Sofia, due anni prima. Altri giocatori di rilievo sono Yordan Lechkov (Amburgo) e Krasimir Balakov (Sporting Lisbona), ma anche il roccioso Trifun Ivanov, sorta di eroe leggendario bulgaro, appartenente a un’altra dimensione storica, Nasko Sirakov e Ljubo Penev. Molti la definiranno ‘la generazione d’oro’ della Bulgaria calcistica.
Dalla sconfitta all’esordio con la Nigeria alla vittoria ai quarti contro la Germania
Ai gironi la Bulgaria inizia però malissimo: la sconfitta per 3-0 subita dalla Nigeria (che si qualificherà come prima) a Cotton Bowl getta i bulgari in un malumore irreversibile. O perlomeno questo è quello che si pensa all’esterno, soprattutto in patria. E invece la squadra cambia marcia: 4-0 senza tentennamenti contro la Grecia, con doppietta di Stoichkov, e 2-0 storico all’Argentina (con i gol di Stoichkov e Sirakov). È un risultato incredibile, forse addirittura più incredibile di quello del Parc des Princes di qualche mese prima.
Il Paese ci crede, e agli ottavi c’è il Messico – che gioca praticamente ‘in casa’. La Bulgaria passa subito in vantaggio con Stoichkov al termine di un contropiede magistrale e se ad arbitrare non ci fosse il siriano Jamal al Sharif – sorta di Moreno bulgaro – a favorire l’unica rimasta dalla CONCACAF – ah, la politica certo –, il match andrebbe senza problemi dalla parte dei bulgari. Invece al Sharif assegna un rigore inesistente, espellendo inoltre Kremenliev e negando, sull’1-1, un penalty gigantesco a Kostadinov – l’eroe del Parco dei Principi. Ma la Bulgaria resiste stoicamente e va ai calci di rigore. Il portiere e capitano Bobi Mihailov ne para tre, e i suoi guanti d’oro in Bulgaria sono ancora culto nazionale. La Bulgaria vola ai quarti di finale.
Qui ad attendere la squadra di capitan Stoichkov c’è la Germania. Quante squadre forti ha dovuto finora superare la Bulgaria, quanti ostacoli però ha già vinto. Ma la Germania, Lineker docet, non è mica una squadra come le altre. La Bulgaria lo sa, e attende. Il primo tempo è essenzialmente di studio. Ma la ripresa è pazza. Al 3’ Matthaeus sblocca il punteggio dal dischetto (rigore indiscutibile), rendendo quasi insormontabile la scalata bulgara alla semifinale.
La Bulgaria appare stanca, mentalmente e fisicamente, e la Germania sfiora il raddoppio al 25’, ma Helmer sbaglia di poco la mira. Poco dopo, Voeller raccoglieva e metteva in rete un bel tiro di Moeller respinto dal palo. Ma l’arbitro arrestava il gioco prontamente: fuorigioco. Eccolo l’episodio, avranno pensato i bulgari più fedeli. Sicuramente l’avrà pensato Stoichkov, che pochi minuti dopo realizzerà una punizione maradoniana. Il pubblico esplode, i neutrali tifano tutti per la Bulgaria. Dalla lontana terra orientale, sembrano arrivare le grida festanti di un popolo sognante. La Germania è sotto choc e poco dopo, al 34’, incassa la rete del clamoroso 1-2: cross di Iankov e gran tuffo di testa di Letchkov a fil di palo. Delirio totale.
Un Paese in festa, al di là del risultato
Le cronache bulgare narrano di una nazione neanche in festa, proprio in vacanza. Nessuno va a lavorare, la vita è breve ed è il momento di festeggiare questi ragazzi. Così i bulgari popolo, ma i bulgari calciatori? Già pronti alla prossima sfida, ormai non si può tentennare e il sogno ha già lasciato spazio alla speranza – che è fatta di cose reali. In semifinale c’è però l’Italia di Arrigo Sacchi, una squadra fortissima nei singoli e ben allenata, che dopo un avvio difficile della competizione, ora è in grande forma. Nella prima mezz’ora, mentre sugli spalti del Giants Stadium evapora il sudore dai bulbi dei presenti, l’Italia fiorisce, gioca alla grande e va in vantaggio grazie a una perla di Roberto Baggio, che si ripeterà poco dopo. Il fenomeno azzurro dovrà però uscire causa infortunio alla coscia, e come quando al campetto tra amici la squadra più scarsa si rivitalizzava con l’uscita del più forte degli avversari, l’Ungheria non vedendo più Baggio in campo si rianima.
La Bulgaria ottiene un rigore per fallo concomitante di Costacurta e Pagliuca: Stoichkov è glaciale, 2-1. Nella ripresa, le gambe degli azzurri cedono minuto dopo minuto, ma il sole cocente e le fatiche di una tournée tanto storica quanto difficoltosa frenano anche quelle dei bulgari. Il match terminerà dunque così, 2-1. Nella finalina per il terzo posto, la Bulgaria prenderà 4 schiaffi dalla Svezia, ma rientrerà in patria con le vestigia degli eroi medievali. La ‘generazione d’oro’ non sarà mai dimenticata.