La “Sentenza Bosman” è stata una vera e propria rivoluzione per il calcio. Da quel 15 dicembre 1995 infatti, tutte le restrizioni imposte per numero di giocatori europei e trasferimenti tra squadre continentali, svanirono come per magia, lasciando libere le società di mutare totalmente strategia di mercato.
Gli stranieri in Serie A
La storia degli stranieri tesserabili nella nostra Serie A è stata particolarmente sofferta anche prima della sentenza Bosman. Se negli anni trenta è stato il periodo degli “oriundi” provenienti dal sud america, la prima grande svolta avvenne però nel 1966, l’anno della disfatta italiana contro la Corea.
Il gol di Pak-doo-Ik spazza via non solo le ambizioni azzurre, ma anche gli stranieri dalle squadre di Serie A. La Federazione infatti alla ricerca di un rilancio della nazionale e dei giovani dei vivai, decide di vietare il tesseramento di nuovi calciatori stranieri (possono restare solo quelli già presenti nel campionato).
Il blocco durerà bel 14 anni (peraltro senza ottenere particolari risultati positivi), fin quando nel 1980 la Federazione decise di aprire il tesseramento di UN solo giocatore straniero per squadra. E’ l’anno orribile del calcio scommesse e si cerca in qualche modo di riavvicinare i tifosi e la passione con l’innesto di qualche campione che possa aumentare il tasso di spettacolo e di tecnica. Non sarà sempre così (è il periodo anche dei tanti “bidoni”), ma intanto si poterono vedere molti dei migliori calciatori al mondo: da Falcao a Maradona solo per fare due esempi.
Nel 1988 poi, si arriverà ad allargare ulteriormente la griglia di possibilità, consentendo alle squadre di ingaggiare fino ad un massimo di TRE stranieri. Su tutti ricordiamo così il Milan del trio olandese, Gullit-Rijkaard-Van Basten che farà le gioie dei tifosi rosso neri a lungo.
E poi arrivò Bosman.
Chi era Bosman
Jean-Marc Bosman è stato un onesto centrocampista belga che probabilmente nessuno avrebbe ricordato ora se non fosse servito da apripista alla più grande rivoluzione del calcio moderno.
Nato nelle giovanili dello Standard Liegi (passato poi allo RFC Liegi) e diventato persino capitano della nazionale Belga Under 21, il finale di carriera è stato forse meno nobile invece. Nel 1990 infatti, la sua squadra del RFC Liegi impedì il suo trasferimento al Dunkerque (una squadra di seconda categoria), con cui il giocatore aveva invece già trovato un accordo per cambiare maglia al termine della stagione concluso il contratto con il Liegi.
E qua nacque la discordia, perchè il Liegi pretendeva invece un indennizzo piuttosto alto per liberare il giocatore a fine stagione (in quel periodo infatti anche se il contratto era scaduto non si potevano ancora trovare accordi di ingaggio gratuiti per un’altra squadra), e dopo il mancato accordo mise anche Bosman fuori rosa e con ingaggio ridotto.
Bosman fece così causa sia alla sua squadra (RFC Liegi) sia alla federazione belga e all’UEFA. E la corte di Giustizia dell’Unione Europea nel dicembre del 1995 diede ragione a Bosman, stabilendo definitivamente la possibilità per i calciatori di trasferirsi in maniera gratuita al termine del loro contratto, oltre alla possibilità di stipulare pre accordi nel semestre precedente.
Le conseguenze della sentenza
Quella sentenza cambiò davvero tutto nel sistema calcio europeo. Di fatto i calciatori divennero equiparati ai normali lavoratori europei e come tali potevano liberamente circolare per gli stati europei senza alcuna limitazione.
Di fatto la Corte di Giustizia stabilì che:
- Ogni giocatore comunitario potesse trasferirsi liberamente in qualunque società Europea al termine del proprio contratto
- Ogni giocatore comunitario potesse stipulare un pre-contratto con altra squadra europea nei sei mesi precedenti la scadenza del suo contratto in essere
- Non ci dovessero essere limitazioni di sorta nel numero di giocatori comunitari ingaggiati da ogni squadra europea
Fu l’inizio dei così detti “Parametro-Zero”, ovvero di quei giocatori ingaggiati a costo zero proprio per un accordo nel semestre di fine contratto. Operazioni talmente importanti per le casse delle società che non a caso hanno influito sulla crescita esponenziale del ruolo di “Procuratore“, figura fondamentale per gestire le difficili trattative tra le varie società e i giocatori stessi.
Se da una parte quindi la sentenza Bosman ha sicuramente dato un grande impulso al calcio europeo, è anche vero che sono cresciute con esso anche diverse problematiche.
L’importanza dei procuratori si è detto, ma anche una certa disuguaglianza tra le grandi società dotate di appeal importante, e quelle più piccole che certo da quel momento hanno faticato non poco nel tenersi stretti i loro talenti al termine dei vari contratti (costretti quindi a venderli ben prima della scadenza).
L’opportunità di trovare sempre nuovi giocatori anche a prezzi più vantaggiosi in giro per l’europa, oltre all’acquisto di sempre più giovani talenti stranieri da crescere in casa, ha poi portato rapidamente a una crescita esponenziale dei calciatori stranieri impegnati nel nostro campionato, che sono passati dai 55 dell’ultima stagione con il limite (di 3), ad oggi dove sono più del 60% sul totale, togliendo così di fatto molto spazio alla crescita dei talenti del nostro vivaio.
La fine di Bosman
Ma oltre ai problemi generati sul calcio di oggi, il primo a vedersi la vita complicata dalla sentenza fu lo stesso Bosman.
Dal punto di vista calcistico nessuna squadra europea volle avere più niente a che fare con lui dopo la denuncia, costretto a emigrare sull’isola di Reunion proprio nell’età della completa maturazione sportiva. Soltanto verso alla fine Bosman riuscì poi a tornare a giocare in Belgio, nella seconda divisione.
La sentenza come sappiamo diede ragione al giocatore, che venne risarcito con una cifra di circa mezzo milione di dollari, gran parte dei quali però utilizzati per pagare le spese del processo.
Ma questa storia lasciò pesanti strascichi sull’uomo più che sul giocatore. Dopo essere finito nella spirale dell’alcol e persino in carcere per violenza domestica, Bosman si è ritrovato con il solo sussidio statale per vivere, e ora che gli è stato tolto anche quello, con il solo aiuto dei sussidi della Federazione Internazionale dei calciatori. Un finale comunque inglorioso per chi, volente o nolente, ha cambiato la storia del calcio.