Quando, tra i discorsi dei tifosi di ogni squadra, viene menzionato lo scontro tra Bayern Monaco e Inter, la mente della stragrande maggioranza degli appassionati di calcio vola a Madrid, al Santiago Bernabeu, dove, nel 2010, la squadra di Mourinho chiuse la sua strepitosa stagione, alzando al cielo la Coppa più prestigiosa.
Diversa, seppur non più di tanto, potrebbe essere la reazione dei tifosi nerazzurri, che a quella sfida abbinano un vero e proprio back to back dai sapori meno trionfali, ma certamente saporiti, gli ottavi di finale della stagione successiva.
Sfida totale
Dalla stagione 2006/07, Bayern Monaco e Inter si sono incontrate qualcosa come 7 volte nella massima competizione continentale, tra le quali una finale e tre match di andata e ritorno, un ottavo di finale e un doppio scontro nelle fasi a gironi.
Di questi scontri, i nerazzurri ne hanno vinto solamente due, ma se dovessimo mettere sul piatto della bilancia le vittorie dell’Inter e quelle del Bayern, il confronto farebbe impazzire la levetta del peso specifico, visto che la squadra italiana, a seguito delle due vittorie, centrò la già citata finale di Madrid ed eliminò il Bayern nella campagna Champions successiva.
E proprio di quella partita, si parla in questo papiro virtuale, dove un fan nerazzurro può sollazzarsi, ripercorrendo poco più di 90 minuti di eroica impresa, che porta il nome di buona parte dei paladini del triplete, esclusi i principali, lo Special One, che abbandonò in un suggestivo saluto finale dopo la vittoria al Bernabeu, il Principe Milito, in quella stagione falcidiato da infortuni e ricadute muscolari.
Benitez e i suoi mugugni
Non sono pochi i navigati del pallone nostrano che considerano l’arte della vittoria decisamente più semplice rispetto a quella della conferma, ma l’Inter, nella stagione successiva al triplete, voleva fortemente andare contro a quell’enunciato, e pareva attrezzarsi con una certa scrupolosità, secondo i dettami del Presidentissimo Moratti, determinato a rimanere competitivo in Italia e in Europa.
Quell’annata cominciò con il successo nerazzurro alla Supercoppa italiana contro la Roma, ma i mugugni del neo allenatore Benitez, non si fecero attendere, alla luce di un rinforzo, a suo parere, scarso, in seguito agli arrivi di Biabiany, Coutinho e del portiere di riserva Castellazzi, in luogo di Balotelli, attratto dalle sirene inglesi del City e di Francesco Toldo, ormai a fine carriera.
L’ennesimo miracolo morattiano fu però quello di mantenere sostanzialmente intatto il gruppo vincente della stagione precedente, in un regime di forti ristrettezze richieste dal fair play finanziario. Per cui ancora spazio alla dorsale Julio Cesar, Lucio, Cambiasso, Sneijder, Eto’o, con tutta una serie di leggendari protagonisti che non riuscirono a ripetersi, chi per problemi di salute, come il già citato Milito e Walter Samuel, chi per una sorta di incapacità a trovare stimoli dopo il trionfo della stagione precedente.
Ma sono in tanti a dare la colpa a Benitez per quell’assenza di stimoli, allenatore fin troppo, si disse all’epoca, attratto dalla smania di utilizzare i giocatori in nome di un sistema di gioco e mai viceversa, caratteristica che pagò ben presto, lasciando il posto a Leonardo.
Agli ottavi
Buona parte dell’ambiente nerazzurro cominciò a remare contro Benitez dopo un inizio di stagione non atteso, dopo i fasti dell’annata trionfale e, soprattutto, per via di una fase a gironi di Champions, al termine della quale l’Inter chiuse “solo” seconda dietro al Tottenham, perdendo sonoramente l’ultimo match contro il Brema per 3-0, evento che permise agli inglesi di finire primi e lasciare un sorteggio pericoloso agli avversari, che pescarono proprio il Bayern, uno spauracchio però meno ostico di ciò che si può pensare, visto che anche i tedeschi, avevano i loro problemi con l’integerrimo condottiero olandese Van Gaal, vincitori comunque del Gruppo E davanti alla Roma.
Poco prima della partita degli ottavi di finale, anche l’allenatore olandese, alle prese con uno spogliatoio in subbuglio che, con Robben e Ribery su tutti, che ne chiedeva la testa da settimane, fu defenestrato, ma un accordo sciagurato lo tenne in panchina da separato in casa, fino a fine stagione, decisione che si rivelerà deleteria, alla luce delle numerose rimonte che i bavaresi dovettero subire in Bundesliga, la cui corsa al titolo fu fin troppo precocemente abbandonata.
La partita di andata fu il manifesto di due squadre in balia degli episodi e di un quadro tattico completamente assente, che solo un divertito Dio del pallone decise di far terminare con una sola rete in 90 minuti, quella di Marione Gomez ormai allo scadere, al termine di un match che i tabellini certificano come pregno di tiri verso la porta avversaria dalla somma totale pari a 30, avete letto bene, trenta, 12 per l’Inter e 18 per i bavaresi.
Il ritorno
Nonostante un risultato così negativo, erano tutti consapevoli che all’Inter del triplete, nulla poteva essere precluso, nemmeno una qualificazione in casa di un Bayern Monaco completamente incancrenito da livori interni e da una squadra in campo dove l’anarchia regnava totale.
Ma proprio i solisti del Bayern, erano quelli che preoccupavano più di ogni altra cosa, canovaccio tattico perfetto o assente, poco importava, visto che ad attendere i nerazzurri, c’era gente come i già citati tre tenori, Gomez, Ribery a sinistra e Robben a destra, due che hanno sempre amato accentrare il loro raggio di azione, per scagliare papaveri col piede opposto, cosa che successe nell’occasione del pareggio bavarese, quando Robben prese palla sull’out di destra accerchiato da tre quarti della difesa interista incapace di neutralizzare il tiro dell’olandese, non trattenuto dall’incerto, per usare un eufemismo, Julio Cesar, che permise a Gomez di metterla dentro.
Pareggio, sì, perché la priorità dei nerazzurri era quella di rimettere la qualificazione in bilico durante la prima parte del match, cosa che avvenne poco dopo il fischio iniziale del portoghese Proenca, discreto arbitro che ebbe il merito di non prendere le redini del protagonismo di una partita già di per sé piena di pathos. Il vantaggio iniziale fu firmato da Eto’o, imbeccato da Pandev al culmine di un’azione scintillante, alla quale presero parte anche Chivu e Stankovic.
Una deviazione di Thiago Motta su un filtrante di Robben, questa volta a sinistra, a sottolineare l’anarchia di cui sopra, liberava Muller di fronte a Cesar e il Bayern tornava padrone della qualificazione con due gol di vantaggio, visto che il pareggio non sarebbe più bastato, ma soprattutto diventava padrone del campo fino alla fine della prima frazione, quindici minuti di gioco in cui il portiere nerazzurro tornava a vestirsi da “Acchiappasogni” e respingeva ogni assalto tedesco, che, peraltro, non fu esattamente lucidissima in fase realizzativa.
La rimonta è servita
Leonardo capì subito che c’era poco da rimanere immobili e provava ad aggiungere fantasia per liberare il talento di Sneijder, inserendo l’allora ragazzino Coutinho, che sembrava all’inizio fuori contesto, ma che diventava fondamentale nell’azione del pareggio del suo compagno di reparto a metà ripresa.
Ora, con una rete, la squadra di Leonardo avrebbe trovato la qualificazione, ma il tempo passava e, subito dopo l’ingresso di Nagatomo per Chivu, un’azione partita dal piede ormai indemoniato del solito Sneijder, sembrava essere uno degli ultimi appigli, visto che correva il minuto 88.
La parabola era infinita e il duello a chi l’avrebbe presa si scatenava tra Breno ed Eto’o, il quale in quelle occasioni si rivelava tutto fuorché impreparato, e anche in questo caso scherzava il centrale brasiliano, lo aggirava, entrando in area e servendo l’accorrente Pandev, fin lì evanescente, che scagliava un sasso all’incrocio, dove Kraft non poteva proprio arrivare.
Il macedone si levava la maglia e faceva esultare il popolo nerazzurro, ricevendo in cambio il giallo più dolce della sua lunga carriera. Arrivava il triplice fischio e fu apoteosi.
Il percorso nerazzurro si fermerà di lì a poco, visto che lo Schalke farà a fette la difesa nerazzurra ai quarti a San Siro, dove gozzoviglierà 2-5, ma la partita dell’Allianz Arena rimarrà una delle più piacevolmente ricordate dai tifosi nerazzurri.