Il giro di boa è arrivato. Nel corso del weekend appena terminato, è stata giocata la 19a giornata di Serie A che corrisponde alla conclusione del girone d’andata del campionato. Il Milan è riuscito ad ottenere un importante e convincente vittoria in trasferta contro l’Empoli che ha gli permesso di blindare il terzo posto in classifica. Non solo, Pioli ha ritrovato certezze nonché piacevoli sorprese tanto da arte dei veterani quanto dai giovani provenienti dalla Primavera. Due su tutti Chaka Traoré che ha segnato in entrambe le occasioni in cui è stato chiamato in causa, e Jimenez, per il quale si stanno già scomodando paragoni illustri.
Vittoria convincente con tre gol di scarto e porta e inviolata. Il Diavolo è parso a sprazzi quello visto agli albori della stagione. Specie nelle prime tre sfide stagionali ovvero quelle antecedenti alla clamorosa debacle nel derby. Nonostante ufficialmente la disposizione in campo fosse un 4-3-3, nella realtà dei fatti si trattava di un 4-2-3-1 mascherato. Modulo assai più affine alla visione di gioco di Stefano Pioli. Che il ritorno a questo schieramento sia dipeso dagli innumerevoli infortuni o da una scelta consapevole del tecnico non è dato saperlo. Fatto sta che funziona.
A causa degli infortuni e della convocazione di Chukwueze e soprattutto Bennacer per la Coppa d’Africa, la formazione vista in campo la si può definire atipica. Theo è stato nuovamente schierato come centrale di difesa, nonostante la presenza in panchina di Gabbia e Simic. Il francese è parso maggiormente a suo agio in quel ruolo. Gli mancano verosimilmente le movenze ma la sua propensione spiccatamente offensiva da terzino sinistro, gli permettere di intuire prima le mosse dell’avversario e quindi anticiparlo. Tuttavia, ciò non gli impedisce di mostrare almeno un paio di volte la sua peculiare corsa verso l’area opposta.
Il ritorno al 4-2-3-1: il gioco di squadra è tornato
Come già accennato, a causa dei numerosi infortuni Theo Hernandez è stato spostato dalla fascia al centro della difesa. Dopo alcune prestazioni scialbe, il francese pare aver trovato la sua quadra seppur fuori ruolo. Tuttavia, al netto della rivoluzione degli interpreti della difesa rossonero, degna di attenzione è l’evoluzione che sta avendo il centrocampo. Pioli era tornato a far uso, con successo, del 4-2-3-1 in occasione del match in Coppa Italia contro il Cagliari. Nonostante quella formazione fosse in gran parte composta dalle giovani provenienti dalla Primavera, il cambio di marcia era parso evidente.
Come richiesto dal modulo, davanti alla difesa ci sono Adli e Reijnders. Il franco algerino sta cercando di adattarsi al meglio al nuovo ruolo che prevede una maggiore propensione difensiva. Alterna ottime giocate a leggerezze che non ci si aspetta da un giocatore con la sua esperienza. Talvolta rischia troppo nella zona più arretrata del campo con il pallone tra i piedi ma sembra comunque più a suo agio in quella posizione piuttosto che in un centrocampo a tre. L’olandese continua invece a dar prova di ottime qualità ed anche lui sembra più a suo agio in quella posizione. La convivenza con il numero 7 rossonero è parsa talora complicata. Non questo modulo.
Davanti a loro si sono posizionati Pulisic, Loftus-Cheek e Leao, con l’inglese spesso in posizione di trequartista. Come riferito dallo stesso Pioli al numero 8 era stato chiesto di inserirsi più assiduamente negli spazi data la sua inclinazione al gol. Considerato il risultato finale, si può affermare che questa intuizione sia stata corretta. L’ex Chelsea ha di fatto aperto le marcature ed a necessità permesso ai compagni di muoversi più agevolmente nell’area avversaria. Pare quindi piuttosto lampante che si trovi maggiormente a suo agio ed incisivo quando gioca sulla trequarti, quindi perché non impiegarlo sempre lì?
L’inutile ostinazione del cambiamento
Nelle ultime due uscite, una contro il Cagliari e l’altra con l’Empoli, si è ricorsi al 4-2-3-1. Questo modulo è indubbiamente quello prediletto da Stefano Pioli. Al netto dei risultati, quando il Milan scende in campo con il 4-3-3, pare non riuscire a gestirlo. Ed il primo a non farcela sembra essere l’allenatore stesso. Il tecnico non ha come unica mansione quella di scegliere chi scenderà in campo dal primo minuto ma anche e soprattutto imprimere un’idea tecnico-tattica ben precisa ai propri giocatori. Tutto ciò che è mancato ai rossoneri nei pareggi in rimonta rimediati contro Lecce, Napoli e Salernitana.
In tutte le occasioni sopracitate, il Milan si è schierato il campo con il 4-3-3. Esemplificativa è la partita contro il Napoli. Prima frazione di gioco dominata sia in termini di bel gioco che di risultato. La ripresa è stata invece una repentina caduta. A quel punto ognuno giocava per sé, quasi stessero giocando una battaglia personale piuttosto che una sfida collettiva. Pioli guardava inerme gli uomini davanti a sé, ai quali non riusciva a dare indicazioni precise, avendo utilizzato un modulo che non è nelle sue corde. Qui si arriva al punto. Perché cambiare qualcosa che funziona?
C’è un detto che recita: “Squadra che vince non si cambia”. Il team è innegabilmente cambiato negli anni con preziose cessioni ma altrettante importanti acquisizioni. Le mutazioni che si sono verificate negli anni sono state ingenti, perché aggravarne ulteriormente il bilancio con scelte scellerate ed un inutile ostinazione di cambiamento ad ogni costo? Se questo ritorno alle origini messo in scena da Pioli sia dettato da circostanze esterne quali gli infortuni o da una scelta consapevole non è dato saperlo. Certo è che ritrovato l’equilibrio dopo un girone d’andata sulle montagne russe, sarebbe auspicabile proseguire sulla retta via.