“Quella gran cabezona di mia nonna si è messa in testa di scavalcare da sola una duna che le avrebbe permesso di raggiungere la macchina senza una mano d’aiuto da parte di nessuno.
Sulla parte più alta della duna, come c’era da aspettarsi, la nonna è caduta facendo un capitombolo all’indietro, e ruzzolando per alcuni metri.
Siamo arrivati sul posto e due signori di mezza età, dopo averla soccorsa, hanno cominciato a scattare con lei dei selfie per ricordare l’accaduto e immortalarlo affinché rimanesse qualcosa di cui ricordare col sorriso.
Uno dei due era Manu Ginobili”.
Recita più o meno così il tweet di una ragazza argentina postato al termine di una giornata nel mare della “Costa Atlantica”, con tanto di foto che ritrae l’ex campione argentino coi suoi nonni, tutti, fortunatamente, sorridenti.
Ecco, se vogliamo provare a incorniciare il sentire popolare verso un campione che ha dato tanto alla sua nazione e alla pallacanestro in generale, lo possiamo fare con questo episodio, l’uomo vicino al popolo.
Un giramondo in cerca di forti emozioni
Non molti di noi avrebbero conosciuto un nome tanto affascinante quanto pieno di mistero come Bahìa Blanca, se non fosse per il fatto che, il 28 luglio del 1977, diede i natali ad uno dei talenti più puri del basket mondiale.
Bahìa Blanca è una cittadina che dista poco più di 500 km da Buenos Aires, ma il suo punto forte è, oltre che affacciarsi sulle rive dell’Oceano Atlantico, fa parte della parte meridionale della Pampa e, soprattutto, segna il confine che separa l’Argentina dalla Patagonia.
Tutto questo mix territoriale ha forse influito sulla carriera della “Guardia” sudamericana, portata a viaggiare, a sperimentare, a trovarsi bene con tutti.
Poche squadre
Eppure, stringi stringi, le squadre del “Mismisimo”, non furono poi tantissime, a partire dalle giovanili che Manu trascorse nella locale Bahiense Norte, fino al debutto in un campionato semi professionistico con l’Andino prima e l’Estudiantes Bahìa Blanca, poi.
Il genio italiano e le sue vistose, basta leggere il cognome, origini marchigiane, lo avvicinano all’Italia dove miete un successo dietro l’altro.
Prima porta la Viola Reggio Calabria in Serie A e poi Bologna, sponda Virtus, lo firma per affiancarlo a Danilovic.
Ma le cose non vanno mai come devono andare: “Saša” si ritira precocemente a soli 30 anni e Manu prende il comando della regia virtussina durante una stagione, quella del triplete 2000–2001, in cui Manu e i suoi compagni portano a casa scudetto, Coppa Italia e, soprattutto, Eurolega.
Il super steal degli Spurs
Durante il suo soggiorno a casa nostra, Manu Ginobili, ancora in forza alla Viola, riceve la notizia dell’interessamento dei San Antonio Spurs che lo vorrebbero portare in NBA, ma non subito.
È il 30 giugno del 1999, al MCI Center di Washington, si stanno per spegnere le luci, sono in corso le ultime chiamate.
Alla 1 è andato via Elton Brand, chiamato dai Bulls, alla 2 i Grizzlies si assicurano Steve Francis e alla 3 i New Orleans, allora Hornets, scelgono Baron Davis.
Dopo una lunga notte durante la quale viene scelta gente come Shawn Marion, Ron Artest, il russo Andrej Kirilenko e tutta una serie di giovani dalle belle speranze e poco più, la penultima opzione, la numero 57, spetta ai San Antonio Spurs.
“Gioca a Reggio Calabria, in Italia, è alto poco meno di due metri, sa muovere la palla, ma per una 57 basta e avanza”, scrissero i giornalisti statunitensi intenti a capire la pronuncia esatta di quel cognome italo-sudamericano.
Di curioso, in tutto questo, c’è anche il modo in cui Manu apprese la notizia: “io sono semplicemente andato a dormire, il giorno dopo avevo allenamento a Reggio, ma scoprii che chiamarono in società Gregg (Popovich) e tutta lo staff texano, per dirmi che a Bahìa erano tutti scesi in piazza per festeggiare, con tanto di cappellino confezionato in fretta e furia”.
“Solo allora mi resi conto che stavo per diventare un giocatore NBA, ma la mia priorità all’epoca rimase Reggio e il “Pop” mi disse di stare tranquillo, mi disse che -NON C’ERA FRETTA-“.
Manu, come scritto in precedenza, rimase in Italia per tanti anni ancora, ma l’esplosione in campionato con la Kinder e la vittoria dell’Eurolega con tanto di titolo MVP delle finali, convinsero gli Spurs a puntare forte su di lui.
Fu uno dei più grandi “steal” della storia dei Draft NBA.
Quinto uomo e mezzo
Nelle prime stagioni delle sue 16 passate da professionista nella Lega più importante al mondo, Manu divenne il vero anello di congiunzione tra il quintetto base ideato da Popovich e la panchina.
Per lui venne ideato il nomignolo di quinto uomo e mezzo, perchè in quei tempi si capì da subito che la dicitura “sesto uomo” non poteva andare bene per l’uomo di Bahìa Blanca.
Ben presto conquistò tutti con la sua voglia di lottare, la sua propensione al sacrificio, la voglia di emergere, ma, soprattutto, il rapporto coi compagni di squadra.
Tra di loro, a formare un terzetto che poi scrisse la storia degli speroni insieme a Tony Parker, cambiò idea anche Tim Duncan, che diventò poi amico fraterno dell’argentino.
Il nativo di Santa Cruz, nelle Isole Vergini, non fu molto contento dell’arrivo di Manu, a suo dire non adatto al gioco corale ideato dal genio tattico del “Pop”.
Una carriera clamorosa
Furono 4 i titoli collezionati da Ginobili, una medaglia d’oro alle Olimpiadi di Atene nel 2014, una di bronzo a quelle di Pechino 2008, un argento ai mondiali di Indianapolis nel 2002, a cui vanno aggiunti tutti i titoli personali e le vittorie in Italia.
Non fu certo il primo a creare il cosiddetto “Euro–Step”, ma di certo il suo modo di interpretarlo fu studiato e imparato da molti dei suoi colleghi, il suo movimento caracollante rimarrà per sempre impresso tra gli appassionati di tutto il mondo.
Lo stesso James Harden, che ha costruito parte della sua carriera su quel movimento, ha dichiarato che Manu Ginobili “è stato il miglior giocatore mancino che la NBA possa mai aver ammirato in un campo da basket”.
E poi gli assist, nessuno ha mai avuto una visione così “spettacolare” del passaggio decisivo. Gli altri hanno, o avevano, i numeri, lui aveva la bellezza, l’arte dell’assist, il genio argentino mischiato a quello italiano.
Nel 2017 un sondaggio NBA mise a confronto i movimenti più iconici della pallacanestro moderna e Ginobili, con il suo Euro-Step vinse a mani basse distanziando il “reverse” di Kyrie Irving, il “crossover di Allen Iverson”, il “floating” di Tony Parker, il Fade Away di Michael Jordan e il gancio cielo di Kareem Abdul Jabbar.
Manu chiuse la sua carriera al termine della stagione 2017/2018, a 41 anni.
Poco meno di un anno dopo la sua maglia numero 20 fu ritirata dagli Spurs.