Fa sorridere perché è vero. Perché dalla filosofia, che quasi sempre è arte astratta, vien fuori la controprova della realtà. Cioè del risultato. Massimiliano Allegri, quando rispose a una domanda chiedendo al giornalista se fosse esperto di ippica, non immaginava cosa sarebbe successo dopo. Divenne immediatamente virale. Fu il trionfo del pragmatismo, quando nelle televisioni, radio, salotti e bar impazzava la ricerca di qualcosa di bello. Il post Barcellona di Guardiola era ancora freschissimo, ancor più fresco era il Napoli di Sarri: sembrava imbattibile, e alla fine la Juve di Max l’ha battuto. Come? Rosicchiando punti a destra e manca, soffrendo per intere partite e poi, come un serpente più che un cavallo, attendendo il momento giusto per infilzare la preda. Quindi il veleno. Dunque la vittoria.
“Te ne intendi di ippica? Nella corsa dei cavalli basta mettere il musetto davanti. Nel calcio è uguale. Non c’è bisogno di vincere di cento, musetto davanti! Fotografia: ‘corto muso’, semplice. Chi perde di ‘corto muso’ arriva secondo, chi vince di ‘corto muso’, primo”. Ecco: non si possono non leggere queste dichiarazioni senza risentire la vocina di Allegri che rimbomba nella testa. E non si può non sorridere, a prescindere dal tifo e dalla simpatia per il Gestore per eccellenza, arrivato al 76esimo risultato vincente per 1-0. Nessuno ha fatto come lui nell’era dei tre punti, ossia dal 1994-1995 in poi. Carlo Ancelotti, che condivideva con lui il primato, è fermo a quota 75 e verosimilmente non tornerà ad allenare in Serie A (ha pure rinnovato con il Real Madrid).
Juve-Roma 1-0: i punti di forza della Juve e di Allegri
“Se mi dà fastidio essere associato al corto muso? No, non mi dà fastidio. Spero di vincere altre 152 volte per 1-0”, ha risposto intanto Allegri nella conferenza post Roma, segno inequivocabile di come le priorità non siano certo cambiate, né potranno farlo in futuro. Ma se la priorità è chiaramente la vittoria, perché nascondersi quando si è a metà stagione e a soli due punti dall’Inter non più imbattibile? Beh, anche questo cortomusismo. Anche questo è tenersi ben lontani dalle facili addizioni. Anche questo è Max: intanto portare a casa il micro obiettivo della Champions, poi fare i conti. Avere tutto e subito non si può, pure e soprattutto nelle annate più complicate si era messo in testa l’idea di ragionare per piccoli step, quei “passettini” di cui parla a ogni tornata di conferenza. Sì, ora ne ha fatti un po’. Un bel po’. Ce n’è talmente tanto di quel “po’” che Allegri sorride quando gli parlano di scudetto. Non certo ironicamente.
La sua grande vittoria, in attesa di ulteriori controprove del campo – a proposito: dalla Continassa, mai come quest’anno, l’importanza della Coppa Italia accende tutti -, è aver forgiato il gruppo dopo averlo trovato sfilacciato per buona parte della passata stagione. La gestione delle uscite si è rivelata in questo senso eccellente, e non a caso l’allenatore livornese continua a ripetere una frase spesso sottovalutata: “Non c’è più una primadonna”. Chi era? Facile pensare a Leonardo Bonucci, ex capitano, emigrato in Germania alla ricerca di un posto al sole per il prossimo Europeo. Più corretto probabilmente andare dritti su Angel Di Maria: un accentratore di gioco e di riflettori, l’uomo dal facile scarico di responsabilità. Del tipo: palla a lui e qualcosa inventiamo.
Inevitabile che, senza il Fideo e con un mercato minimo, la Juve abbia dovuto prendere coscienza delle proprie qualità. E che senza Pogba e poi Fagioli, in tanti hanno dovuto assumersi responsabilità che non immaginavano mai di prendere. Tant’è: la squadra poteva sbarellare, perdere la strada maestra, far fatica a ritrovare luci. E invece è andato tutto liscio, senza interferenze esterne e con l’aiuto – questo sì, sicuramente – di poter lavorare sul campo e di potersi concentrare di settimana in settimana. La Juventus ha un unico, grande obiettivo, e a un gruppo giovane hanno eliminato ogni potenziale distrazione. Come fallire?
Juve-Roma 1-0: Allegri contro Acerbi e Juventus contro Inter
Posto tutto ciò, allora potrebbe persino avere ragione Acerbi. Il difensore dell’Inter, dopo il pari nerazzurro a Marassi contro il Genoa, ha ricordato gli ultimi acquisti e la rosa importante dei bianconeri. Sottolineandolo: Allegri&Co. godono di un mercato passato da oltre 200 milioni, i nerazzurri sono andati avanti a parametri zero, perdendo inoltre calciatori di primissimo rilievo. Messa così è inattaccabile. Andando tra le pieghe del discorso, è probabilmente sacrosanto pure ciò che racconta Allegri: semplicemente, oltre le differenze di gruppo e di qualità dei singoli, l’Inter è più avanti nel percorso di crescita. Arriva da scudetto, Coppe Italia, Supercoppe, finale di Champions, e tutto in appena due anni. Saprà come si vince, oppure no?
Forse questo è l’unico gioco delle parti che non interessa realmente a nessuno, se non ai diretti protagonisti: i tifosi giustamente sognano e vogliono vedere un campionato aperto, combattuto, meraviglioso fino alla fine. La Juve considera un grande successo essere già lì, a vedersi finalmente grande; l’Inter non vuole dare per scontato proprio il fatto che sia prima, con punti pesanti su campi difficilissimi (vedi Napoli). Entrambe le squadre dovrebbero essere orgogliose del percorso fatto, se pensiamo agli svarioni delle due squadre – sei punti per il Sassuolo di Dionisi – vediamo piccolezze, difettucci, errorini già ampiamente aggiustati. La strada è spianata. E come si dice in gergo calcistico: la differenza, sì, la faranno esclusivamente i dettagli. La Juventus avrà sicuramente più tempo per lavorarci su.