Nel mondo del calcio, ogni tanto, accade una storia che riaccende la fiamma dell’entusiasmo nei cuori degli appassionati. Ecco la storia dell’Atalanta, la Cenerentola che ha ballato al grande ballo della Champions League 2019/2020.
L’inizio difficile
Partiamo dal principio. La nostra storia comincia in un girone di qualificazione che sembrava più un triangolo delle Bermude per l’Atalanta. Dinamo Zagreb, Shakhtar Donetsk e Manchester City – avversari che suonavano come i nomi di tre draghi da sconfiggere. Ma gli uomini di Gasperini, dopo un inizio che sembrava preannunciare un rapido ritorno a casa, hanno fatto l’impensabile: si sono qualificati. Ma merita una digressione il come come è avvenuto.
Le prime tre partite sono sono delusioni cocenti: impatto shock nella competizione con il 4-0 patito a Zagabria, con quella che sembrava la squadra più alla portata dei nerazzurri, e poi la sfortunata gara contro lo Shakthar in casa (anzi nell’esilio dorato di San Siro…) con la sconfitta per 2-1. Poi la trasferta contro il City di Pepe Guardiola che si conclude con un pesante rovescio per 5-1.
Insomma 3 partite, 11 gol subiti e appena 2 fatti. Zero punti e la sensazione che il viaggio europeo sia già giunto al capolinea.
Il pareggio interno col City nella quarta giornata tiene accesa una flebile speranza, animata dalla successiva vittoria contro la Dinamo Zagabria. Sembrava tutto finito, ma ora serve l’impresa nella trasferta di Kharkiv per completare un’impresa mai riuscita prima, qualificarsi dopo aver fatto zero punti nelle prime tre gare.
La magica notte di Kharkiv: Atalanta vs Shakhtar Donetsk
Nella sesta e ultima giornata del girone di Champions League, l’Atalanta si trovava di fronte a una missione che sembrava impossibile. Dopo un inizio di campagna europea deludente, la Dea aveva bisogno di una vittoria contro lo Shakhtar Donetsk per sperare in una storica qualificazione. Il palcoscenico era lo Stadion Metalist di Kharkiv, un terreno neutrale che si trasformò in un teatro di sogni per i nerazzurri.
La partita iniziò come un gioco di scacchi tattico, con entrambe le squadre che studiavano attentamente l’avversario. Il primo tempo si concluse senza reti, ma con l’Atalanta che mostrava segnali di una crescente fiducia. Poi, nel secondo tempo, la magia iniziò.
Al 66′, Timothy Castagne trovò il gol che infranse il ghiaccio, un lampo di genio che mise l’Atalanta sul sentiero della gloria. Quel gol sembrò infondere ulteriore energia nella squadra italiana, che iniziò a giocare con un ritmo e una passione travolgenti. Al 80′, Mario Pašalić, servito da un assist preciso di Malinovskyi, raddoppiò, mandando in visibilio i tifosi atalantini.
Ma la ciliegina sulla torta arrivò nei minuti di recupero, quando Robin Gosens, con un colpo di testa deciso, sigillò il destino della partita e della qualificazione dell’Atalanta. Era 0-3, un risultato che suonava come una sinfonia per le orecchie dei sostenitori della Dea.
In quella fredda sera di dicembre, l’Atalanta aveva compiuto un miracolo sportivo, scrivendo una delle pagine più emozionanti della sua storia e del calcio italiano in generale. Questa vittoria non era solo un pass per gli ottavi di finale, ma una testimonianza di ciò che la passione, la determinazione e il gioco di squadra possono realizzare contro ogni previsione.
Impresa e orgoglio anche contro il Valencia
Poi, gli ottavi. La doppia sfida con il Valencia. La prima partita, una sinfonia di calcio offensivo, termina 4-1 per l’Atalanta. La partita di ritorno è una storia di coraggio e passione, giocata a porte chiuse, un presagio di tempi strani. Nonostante l’assenza dei tifosi, l’Atalanta ha danzato sul campo, vincendo 4-3 e guadagnando un pass per i quarti.
Parlando di tattica, Gian Piero Gasperini sembra il Mozart del calcio. Ha orchestrato un gioco che mescola un’aggressiva pressione alta con transizioni veloci, quasi come se i suoi giocatori fossero partiti da una pista di atletica. Poi ci sono le stelle del team: Gollini, un muro umano; Djimsiti e Toloi, guardiani silenziosi; Hateboer e Gosens, instancabili maratoneti sulle fasce; De Roon e Freuler, i metronomi del centrocampo; Gómez, Iličić, Zapata e Muriel, gli artisti dell’attacco. Ogni giocatore un tassello fondamentale in questa perfetta macchina calcistica.
Contro i giganti del PSG
I quarti di finale contro il Paris Saint-Germain sono stati come un thriller.
Nel palcoscenico scintillante di Lisbona, sotto le luci del Estadio da Luz, l’Atalanta si è avvicinata a un trionfo storico. Con 98 gol segnati nella precedente stagione di Serie A, l’attacco della Dea era un fiume in piena, pronto a sfondare qualsiasi diga. Fin dal terzo minuto, Zapata e Gomez hanno iniziato a tessere la loro magia, mettendo alla prova Navas, il guardiano della porta del PSG. Tuttavia, era l’Atalanta a scrivere la prima pagina di questa epica, con Pasalic che ha trasformato in oro un’occasione al 26° minuto, portando i suoi in vantaggio.
Il PSG, con la sua storia recente di delusioni nei quarti di finale della Champions League, sembrava scosso. Un errore di Neymar, solo davanti al portiere, ha lasciato trasparire i fantasmi del passato. Ma l’Atalanta, fedele al suo stile, non si è accontentata e ha continuato a premere, con Hateboer che ha sfiorato il raddoppio.
Nel secondo tempo, mentre il PSG cercava disperatamente il pareggio, la Dea ha sfiorato il raddoppio con Freuler e Djimsiti, che hanno tenuto i tifosi con il fiato sospeso. L’ingresso di Mbappe per il PSG ha cambiato le carte in tavola, ma l’Atalanta ha resistito eroicamente, trasformando la propria difesa in un fortino quasi inespugnabile.
Tuttavia, nel calcio, la fortuna può essere volubile come il vento. Nei minuti di recupero, il PSG ha trovato l’ispirazione: prima Marquinhos, poi Choupo-Moting hanno ribaltato il destino della partita, scrivendo uno degli epiloghi più incredibili nella storia della Champions League. Questi momenti hanno lasciato l’Atalanta esterrefatta, con il sogno che sfumava tra le dita come sabbia.
Gasperini, il maestro stratega dell’Atalanta, ha riconosciuto la durezza di questa sconfitta, sottolineando come i dettagli, come l’ingresso di Mbappe, abbiano fatto la differenza in una battaglia così equilibrata.
Questa partita non è stata solo una competizione sportiva; è stata una narrazione epica di coraggio, resistenza e, alla fine, del crudele capriccio del destino.
L’Atalanta ha mostrato che anche le storie più belle possono avere finali inaspettati, ma rimarranno per sempre nei cuori degli amanti del calcio come simbolo di ciò che è possibile quando si gioca con passione e ardore.
Dettagli e orgoglio
Gasperini, nel post-partita, parla di orgoglio e di dettagli.
Dettagli che in Champions League fanno la differenza. La squadra, pur uscita, ha lasciato un segno indelebile, mostrando che nel calcio, a volte, il cuore e la passione possono sfiorare l’impossibile.
La stagione 2019/2020 dell’Atalanta sarà ricordata come una delle più emozionanti e sorprendenti nel calcio italiano e internazionale. La loro performance ha dimostrato che non ci sono avversari invincibili e che le squadre italiane possono ancora incantare l’Europa con il loro calcio.
La storia dell’Atalanta nella Champions League 2019/2020 è stata una di quelle storie che si raccontano nei bar degli sportivi, una favola moderna che ricorda a tutti che nel calcio, come nella vita, a volte l’importante è osare e sognare. E l’Atalanta ha fatto entrambe le cose, in grande stile.