Ci sono squadre che entrano nell’olimpo della storia del calcio perché formate da campioni indimenticabili, alcune per il loro gioco spettacolare, altre per aver introdotto un sistema rivoluzionario, altre ancora per aver preso un po’ di tutto da queste caratteristiche. E poi c’è l’Inter dei record.
Nel campionato più bello del mondo
Dobbiamo tornare indietro di oltre 30 anni per andare a curiosare sulla stagione di quella che fu una squadra che appartenne ad un’intera generazione di tifosi.
L’anno di partenza è il 1988 e la stagione comincia con la novità del terzo tesseramento extra nazionale.
Le squadre più importanti si attrezzano sotto questo punto di vista acquistando campioni che lasceranno un’impronta indimenticabile, come Rijkaard che va ad affiancare Gullit e Van Basten nel Milan di Sacchi e Alemao che guidò la ripulita napoletana a causa della quale vennero allontanati Bagni, Garella e Giordano, capri espiatori della stagione precedente al termine della quale sfuggì uno scudetto che pareva ormai già in tasca.
La Juventus si mosse mettendo in panchina Dino Zoff il quale fece a meno del deludente Ian Rush rispedito in fretta e furia a Liverpool e arrivarono Rui Barros, piccolo folletto portoghese e Zavarov, mezza punta sovietica.
La Fiorentina affiancò Borgonovo a Roby Baggio, formando così la celeberrima B2, alle spalle della quale agì il giovane regista verde-oro Dunga.
Era l’anno dell’arrivo in Italia di Tita al Pescara, Ruben Sosa alla Lazio, Edu al Torino e Caniggia al Verona.
L’impresa tra i campioni
L’impresa dell’Inter fu, a fronte dell’arrivo di questi campioni, ancor più clamorosa, la concorrenza era feroce, i pretendenti allo scudetto numerosi ed era opinione diffusa tra gli osservatori di tutto il mondo che il campionato di Serie A era quello più competitivo e spettacolare.
L’Inter conferma in panchina Giovanni Trapattoni, l’allenatore che più di tutti ha vinto in Italia, coi suoi 7 scudetti, di cui 6 vinti alla Juventus e uno, quello di cui vi stiamo parlando, vinto con i nerazzurri.
La stagione parte con 6 certezze, quelle rappresentate dall’ossatura della squadra, Zenga, Bergomi, Ferri, Matteoli, Mandorlini e Serena.
Gli innesti sono tutti di valore, destinati a lasciare un segno nella gloriosa storia del “biscione”.
Arrivarono Berti, Ramon Diaz, Bianchi e due tedeschi fisicamente insuperabili, Andy Brehme e Lothar Matthäus entrambi prelevati da un’altra squadra celestiale, il Bayern di Monaco.
I mugugni per una squadra che tardava ad avere dei risultati convincenti, diventarono ben presto ben presto prima voci insistenti e poi grida di rivolta soprattutto contro il tecnico di Cusano Milanino, additato come maggior responsabile del punto più basso della stagione, la precoce eliminazione dalla Coppa Italia.
In quel periodo buona parte della competizione si giocava prima dell’inizio del campionato, quando erano programmati due gironi all’italiana, al termine del primo dei quali, l’Inter chiuse seconda dietro l’Ascoli e davanti all’altra qualificata, il Brescia.
Alla fine di settembre l’Inter, in una partita che oggi chiameremmo da “dentro o fuori”, incontrò la Fiorentina sul campo neutro di Piacenza, perdendo per 3-4 e uscendo così dalla competizione ai danni della Lazio e della stessa “Viola”.
Lo scudetto dei record
Quella eliminazione, anche a fronte degli investimenti portati a termine dal Presidente Ernesto Pellegrini, creò un bel po’ di malumore tra ambiente e tifoseria, ma fu il trampolino di lancio per una stagione incredibile.
Trapattoni accusò parecchio quella eliminazione e si presentò nello spogliatoio a cuore aperto, raccogliendo i cocci iniziali di un gruppo in difficoltà e trasformandoli in un meraviglioso cavallo alato che non ebbe più rivali.
La squadra cominciò il campionato con una convincente vittoria in quel di Ascoli e nelle giornate successive l’undici di Trapattoni diventò una specie di litania che fece cambiare idea anche ai contestatori più accesi.
Zenga in porta, Mandorlini libero, Bergomi e Brehme terzini, Ferri centrale con il tedesco al quale vennero dati pieni poteri di supportare la fase offensiva.
Beppe Baresi occupava la linea mediana, Berti e/o Matteoli giocavano da regista, mentre Matthäus, al quale era difficile dare una collocazione in campo, era libero di svariare su tutto il fronte offensivo.
Nonostante i tantissimi gol che permisero ad Aldo Serena di vincere la classifica marcatori, a quota 22 reti, a giocare da prima punta fu spesso Diaz, ma Trapattoni trovò il modo di alternarli al centro dell’attacco, anche e soprattutto grazie al lavoro dell’intera squadra che difficilmente regalava punti di riferimento agli avversari.
Un’altra importante tappa della stagione dell’Inter fu la prima partita casalinga in casa contro il Pisa, quando i nerazzurri terminarono il primo tempo sotto di un gol in virtù del vantaggio toscano realizzato da Bernazzani, peraltro chiamato a più riprese negli ultimi anni ad allenare giovanili e primavera dell’Inter.
Nell’intervallo di quella partita, il presidente Pellegrini scese nello spogliatoio per capire la causa di quell’altalenante inizio di stagione e tutti i giocatori risposero in coro che quello era un gruppo fortissimo e avrebbe concretizzato qualcosa di importante.
Al rientro dagli spogliatoi, l’Inter travolse il Pisa segnando 4 reti.
Le partite ad eliminazione diretta furono, in ogni caso, la spina nel fianco degli uomini di Trapattoni, eliminati piuttosto presto anche dalla Coppa Uefa che dovettero abbandonare agli ottavi di finale, per mano del Bayern Monaco.
I tedeschi presero quel doppio confronto come una sorta di rivincita, dopo il passaggio di Matthäus e Brehme a favore della Milano nerazzurra. Dopo la scintillante gara di andata giocata – e vinta 2-0 – dai nerazzurri all’Olympiastadion di Monaco, rimasta nella storia per il leggendario gol di Nicola Berti, il ritorno assunse i contorni della rocambolesca beffa: 3 gol in sette minuti sul finire del primo tempo tagliarono le gambe agli uomini di Trapattoni e a nulla valse l’assedio finale dopo un secondo tempo arrembante con tanto di gol della speranza. La sconfitta interna per 3-1 sanciva quindi l’addio ai sogni europei.
L’Inter si rituffò nel campionato e sconfisse nel derby il Milan, portando a casa nel girone d’andata solo una sconfitta, ancora contro la Fiorentina e ancora per 4-3.
Il titolo d’inverno fu dell’Inter che chiuse la prima metà della stagione con un punto di vantaggio sul Napoli di Maradona.
Quel pleonastico scudetto di inverno, diede nuova linfa ad una squadra che da quel momento diventò praticamente inarrestabile.
Il girone di ritorno si aprì con qualcosa come 8 vittorie di fila che spensero le velleità di conquista del titolo prima del Milan di Sacchi e poi, definitivamente, quelle del Napoli.
Il canto del cigno partenopeo arrivò alla 30ª giornata, quando, con 9 punti di vantaggio sul Napoli, arrivò lo scontro diretto a San Siro che l’Inter fece suo in modalità “cannibale”, vincendo 2-1 grazie a un’autorete di Fusi e un gol di Matthäus all’83º, dopo il vantaggio iniziale siglato da Careca.
È un trionfo. L’inter dei record chiuse con 26 vittorie, 6 pareggi e 2 sconfitte, mettendo tra sè e il Napoli secondo, qualcosa come 11 punti di distacco, miglior attacco, 67 gol fatti e miglior difesa, 19 gol subiti.
Dopo 9 anni di attesa, l’Inter vinse il suo attesissimo 13º scudetto. Per tutti lo scudetto dei record.