“Avevamo in mano un quarto di Zico e tre quarti di Edinho, ma alla fine abbiamo preso Luis Silvio Danuello“. Chissà se in quella sessione di mercato dell’estate 1980, il presidente della Pistoiese Marcello Melani avrà parafrasato quella citazione di Bortolotti (presidente della Longobarda) a Oronzo Canà nell’ormai storico film “L’allenatore del pallone”.
Quello che è certo è che a differenza di Aristoteles, la presenza di Danuello nel campionato di Serie A fu talmente dimenticabile, da farlo diventare quasi un vero e proprio modo di dire per indicare il più classico dei “Bidoni” di mercato.
La riapertura delle frontiere
C’è da fare un piccolo preambolo: dopo la disastrosa trasferta mondiale del 1966, dove l’Italia fu eliminata in quella tristemente nota partita contro la Corea del Nord, la FIGC aveva preso decisioni drastiche per rifondare il calcio italiano e la nazionale, chiudendo di fatto le frontiere ai giocatori stranieri, lasciando restare solo quelli già presenti nelle rose in quel momento.
Nel 1978 infine, si disputo il primo campionato con soli italiani. Ma non durò a lungo, perchè proprio nel 1980 le frontiere riaprirono, concedendo alle formazioni di Serie A di schierare 1 solo nuovo straniero per rosa.
Occasione che bisognava sfruttare a fondo, tanto che cominciarono a girare per il mondo i vari “talent scout” a caccia di talenti che riuscirono a portare in italia i vari Falcao (che divenne idolo a Roma), Brady (alla Juventus), Bertoni (alla Fiorentina), Juary (che fece bene ad Avellino) e Prohaska (all’Inter).
Beppe Malavasi, allenatore in seconda della Pistoiese, punta tutto invece su un giovane centrocampista brasiliano che di nome fa Luis Silvio Danuello. Pare dopo averlo visto segnare in un’amichevole addirittura da centrocampo, anche se leggenda narra si trattasse addirittura di una partita truccata appositamente per far risaltare le (poche) doti di Danuello.
Fatto sta che Malavasi lo porterà in Italia in maglia arancione per circa 170 milioni di lire.
Chi è Luis Silvio Danuello
E’ una domanda che in quella stagione, si faranno in molti (ma soprattutto “Perchè…?” direbbe qualcuno). Al Palmeiras l’anno precedente non aveva certo fatto faville, ma era ancora giovane e comunque le sue presenze qualche gol lo aveva anche fatto (15 presenze e 2 reti).
Certo un po’ poco per pensare di affidargli l’attacco di una neo promossa che toccava per la prima volta nella sua storia il palco della massima serie.
E infatti già dopo le prime apparizioni i dubbi a suo riguardo cominciano a prendere la forma di una composta diffidenza, per poi trasformarsi pian piano in una intolleranza totale che lo porterà ben presto fuori rosa dopo appena 6 sporadiche apparizioni, peraltro senza lasciare traccia alcuna.
L’ equivoco tecnico
Detto che di certo non si trattava comunque di un giocatore memorabile, il buon Danuello non fu però nemmeno aiutato dalle circostanze e dalle scelte tattiche.
Parliamo infatti di una squadra già in grande difficoltà (non a caso poi retrocessa in ultima posizione con peggiore difesa e peggiore attacco), che aveva bisogno di un attaccante centrale in grado di fare reparto da solo.
Danuello era invece più un centrocampista laterale, un’ala vecchia maniera capace sì di correre veloce e oltranza, ma con poche doti tecniche e certo senza alcun fiuto per il gol, che era quello che invece serviva alla Pistoiese.
Tanta Saudade
Non capito dal tecnico. Emarginato da tifosi e squadra. Danuello passò gran parte della stagione a scaldare la tribuna, totalmente sfiduciato e consapevole oramai di non aver fatto una grande scelta.
Ecco allora che la tanto citata “saudade” brasiliana si fa strada in lui, tanto da abbandonare la squadra e tornare a casa con la sua famiglia.
Sparirà poi dai radar dei campi da gioco anche in patria, così come del resto era già sparito dalla memoria dei suoi tifosi italiani, che ancora oggi si chiedono come sia stato possibile prendere un “bidonata” del genere.
La storia ci dirà poi che non è certo stato l’unico esempio, anche se è probabilmente il più eclatante di tutti. Ed è l’unico record sportivo a cui potrà mai ambire.
Luis Silvio oggi
L’inettitudine nel rettangolo verde a portato Luis Silvio ad essere identificato come il perfetto prototipo del bidone calcistico, l’esempio di come presidenti boccaloni e sprovveduti potevano buttare denaro nel calcio.
Questa sua aura mitica ha contribuito poi ad alimentare leggende nel corso degli anni. Si disse che non era nemmeno un calciatore, eppure la sua, seppur modesta, carriera è continuata in Brasile dopo il fallimento nel nostro campionato.
Qualche fantasiosa storia lo voleva venditore di bibite e gelati allo stadio di Pistoia, con qualcuno che giura addirittura di averlo avvistato in tale veste. La più clamorosa leggenda metropolitana su Luis Silvio riguarda il suo impiego in film a luci rosse come attore porno, cosa mai confermata e probabilmente mai avvenuta.
Molto più normalmente Luis Silvio dopo il ritorno in Brasile, ed appesi gli scarpini al chiodo, ha investito i suoi guadagni di carriera in una rivendita di ricambi per macchinari industriali. Qualcuno dall’Italia lo cerca ancora per farsi raccontare la storia del suo dimenticabile passaggio in serie A, magari con un tono leggermente canzonatorio. Luis Silvio però abbozza, senza esagerare, stando al gioco che lo vuole entrato nella storia del nostro campionato, anche se dalla porta sbagliata.