Salernitana vs Lazio ha detto essenzialmente due cose, che proveremo a sviluppare in questo articolo: a) la vittoria della Salernitana, la prima della stagione, riaccende le speranze salvezza del club campano; b) la sconfitta della Lazio, la sesta dopo tredici giornate (lo scorso anno erano state otto in tutto il campionato), spegne definitivamente qualsiasi ambizione Champions – e forse anche Europa League – dei biancocelesti.
La Salernitana si rilancia
Se a fine primo tempo vi avessero detto che la Salernitana, sotto di una rete e a 5 punti in classifica dopo 13 giornate, l’avrebbe ribaltata in casa contro la Lazio di Sarri, non ci avreste creduto. Ma questo stadio, l’Arechi, e questo allenatore, Inzaghi, hanno qualcosa che li unisce nel profondo creando i presupposti per il miracolo: l’animo, nel senso sudamericano del termine, quindi spirito sì ma soprattutto coraggio, grinta.
E in effetti nella ripresa la Salernitana, sfruttando una Lazio remissiva e sorniona, ha attaccato i biancocelesti con le proprie armi: cattiveria sui contrasti, recupero palla alto rischiando di prendere lo 0-2 in contropiede, coinvolgimento massimo, quasi univoco, di Kastanos e Candreva, i due tecnicamente più bravi lì davanti. Probabilmente però la Salernitana la partita l’ha ribaltata a centrocampo, dove l’internazionale ma spento Kamada si è fatto sovrastare per 90’ dall’intelligenza tattica di Bohinen, o dove il dinamico Guendouzi è stato spesso preso in infilata da Coulibaly, che quando vede la Lazio diventa SuperSayan.
È nei duelli, insomma, che la Salernitana ha rimontato la partita, segnando con Kastanos al 55’ e con Candreva, con una botta terrificante da fuori area – sulla quale complice è stato però anche Ivan Provedel – che si è infilata sotto la traversa, al minuto 66. Chi conosce un poco la Lazio, sapeva che la partita era già terminata lì. I biancocelesti hanno mostrato ancora una volta, nonostante i cambi, di avere poca benzina a livello mentale.
La Lazio sprofonda
Rispetto a 12 mesi fa, la Lazio dopo 13 partite di Serie A ha raccolto 10 punti in meno. Solo il Napoli, delle big, ha fatto peggio con 11. La squadra di Sarri, che ora è a -7 dalla Champions, è ormai fuori dai giochi dell’Europa che conta, e dire il contrario sarebbe non riconoscere la debolezza di una squadra che lo scorso anno si è probabilmente superata, andando ben oltre le attese.
Il gol di Immobile su calcio di rigore al minuto 43 non ha illuso nessuno. Quella del capitano biancoceleste è stata la giocata di chi, consapevole delle difficoltà e del peso della fascia portata sul braccio, decide da solo di guadagnarsi la gloria – e il gol numero 100 in trasferta in Serie A, primo nella storia a farlo, lo certifica. Quel gol, cui pochi secondi dopo è seguito il mancato secondo giallo a Gyomber – tolto da Inzaghi nell’intervallo –, è stato delittuosamente sprecato nella ripresa. La Lazio non ha né gestito il pallone, né difeso con cattiveria né si è scoperta – e quello della fase offensiva rimane un problema enorme della squadra di Sarri – per provare a raddoppiare.
Nelle ultime cinque partite, la Lazio ha segnato un solo gol su azione – contro il Sassuolo. Questo spiega molto, della crisi dei biancocelesti, ma non tutto. Nel tutto c’è un’ombra invisibile alle statistiche e tanto più difficile da risolvere – quante volte Sarri ha detto, dopo un passo falso, di non sapere quale sia il problema? Il problema è più grande dei risultati, dei calciatori e dell’allenatore, e rimanda ad una società che non riesce a compiere il salto dopo 18 anni di presidenza. Il secondo posto ha illuso, ma la realtà non fa sconti. E il match di Champions League contro il Celtic tra poche ore suona quasi distopico.