La Lazio non vince a Bologna dal 2018 ma, prima di venerdì sera, Thiago Motta non aveva mai battuto né Sarri né la Lazio da quando è allenatore – prima dello Spezia, poi del Bologna appunto. Le statistiche, lo sappiamo, vanno sempre interpretate, ma al momento non aiutano i biancocelesti. Dopo tre belle vittorie – contro Atalanta, Sassuolo e Fiorentina – ci si aspettava una vittoria, o quantomeno un pareggio, alla vigilia di una settimana infernale: martedì sera la Lazio affronterà il Feyenoord giocandosi di fatto il passaggio del turno in Champions League; domenica c’è il derby, una partita la cui tensione viscerale è aumentata ulteriormente dal peso di una classifica tutt’altro che felice.
La Lazio perdendo a Bologna venerdì sera è sprofondata al decimo posto in classifica, certificando un avvio di stagione preoccupante: 5 sconfitte, 5 vittorie e un pareggio, questo lo score dei biancocelesti dopo 11 giornate. E ora? Ora è il momento delle riflessioni, anche pesanti: sul banco degli imputati è finito anche l’allenatore, Maurizio Sarri. Ma per chi sa vedere la luna al di là del dito, le responsabilità dell’allenatore non costituiscono che una minima percentuale sulle difficoltà della Lazio in questo momento.
Una fenomenologia di Bologna-Lazio può aiutare, in questo senso, a schiarirsi le idee. Contrariamente a tutte le sconfitte maturate in questo avvio di stagione (Lecce, Genoa, Juventus e Milan), contro i felsinei la Lazio aveva approcciato alla grande la partita. Ha iniziato pressando, a tratti asfissiando, il palleggio bolognese da dietro. I rossoblu non riuscivano ad uscire dalla propria metà campo che spazzando affannosamente il pallone. La Lazio, dal canto suo, riconquistava alto il pallone per poi provare – con gli esterni anche bassi, come Lazzari – ad affondare il colpo. Castellanos scaldava i motori al 5’ (fischio ingiustificato quello di Lapenna sul colpo di testa dell’argentino, finito sul palo), Luis Alberto e di nuovo Castellanos al 17’ confermavano la bontà dell’avvio biancoceleste.
Poi però, se il gol non arriva, devi avere pazienza. Devi sapere che, con la qualità che hai davanti – anche dalla panchina –, il gol può arrivare: un concetto ben espresso da Patric dopo la vittoria contro la Fiorentina. “Se siamo solidi dietro, possiamo vincerle tutte”, e infatti la Lazio contro il Bologna l’ha persa sciogliendosi al primo vero affondo dei padroni di casa. Un pallone gestito con pazienza da Salemaekers, rifinito con qualità da Zirkzee (che bel giocatorino…) e trasformato in gol dall’inserimento improvviso di Ferguson, che a differenza dei centrocampisti della Lazio sa come far male in zona gol. Un gol preso, e questo è ciò che conta davvero sul giudizio finale per la Lazio, a 35’’ dall’avvio della ripresa.
È bene ricordare che lo scorso anno la Lazio ha rimontato da situazione di svantaggio solo una volta: proprio contro il Bologna, alla prima giornata di campionato. Questa è una squadra, per dirla altrimenti, incapace di reagire con qualità – ma anche con la forza dei nervi, piatti nella ripresa di venerdì sera – a situazioni complicate. Il famoso ‘piano B’ negli schemi sarriani sembra non esistere, e i tifosi sono delusi dalla fragilità mentale del collettivo. Mettiamoci anche, a livello statistico, che dell’attacco biancoceleste (13 i gol fatti totali), il tridente ha prodotto appena tre reti – cinque se ci mettiamo i due gol di Immobile, al momento co-titolare di Castellanos.
Dall’altra parte c’è stato però il solito grande Bologna, che non partiva così in campionato da più di trentacinque anni. Diciamolo meglio: la squadra di Motta, dopo la sconfitta alla prima giornata contro il Milan, non ha più perso pur affrontando squadre del calibro di Lazio, Napoli, Inter e Juventus. Il futuro è roseo perché mix ideale di esperienza (Freuler, Skorupski su tutti) e gioventù d’oro (Zirkzee, ma anche Ndoyee e Beukema). Tutto cadrà o resterà in piedi sulla base delle motivazioni che i rossoblu avranno da qui alla fine della stagione, per centrare l’Europa a distanza di così tanti anni. Magari questo Bologna tremare il mondo non fa, ma l’Italia sì.