L’ultimo è stato Vincenzo Nibali nel 2016, ma gli italiani ormai non sembrano più essere competitivi nella “loro” corsa, al Giro d’Italia. Qualche podio, sempre con Nibali o con Caruso, ma veramente sporadico. In generale la sensazione di non toccare più palla, di essere ridotti a comparse sulle nostre stesse strade.
Giro d’Italia, percorsi troppo duri?
La crisi del ciclismo italiano è generalizzata, se guardiamo alle corse di tre settimane. Su quelle è tempo veramente di vacche magre, mentre in pista e soprattutto a cronometro riusciamo tutto sommato a difenderci. Merito del nostro unico reale fuoriclasse, quel Filippo Ganna re delle gare contro il tempo ma non protagonista al momento delle corse a tappe con la sua squadra, la Ineos.
E pensare che il “Gigante di Verbania” nel Giro d’Italia 2020 aveva dimostrato di poter competere in linea, vincendo alla grande la tappa di Camigliatello Silano, con un’azione da lontano degna del miglior passista. Anche lì però i capitani della squadra erano altri, come Tao Geoghegan Hart, futuro vincitore di quell’edizione della corsa rosa. Ganna nei ranghi, quindi, da gregario di lusso.
Ogni anno poi va detto che il percorso del Giro d’Italia si è fatto sempre più duro. Da vedere quello del 2024, un po’ diverso dal solito e disegnato quasi per consentire ai grandissimi di tentare l’accoppiata col Tour de France. Paradossalmente più adatto a un Ganna che a un Caruso, con 70 chilometri a cronometro che rischiano di fare una grande differenza.
Se nessuno fa il capitano…
Il motivo poi apparentemente più banale, ma che fotografa lo stato dell’arte, è che non ci sono italiani leader delle varie squadre di alto livello. Se togliamo l’immenso Damiano Caruso, che si è riscoperto leader dopo anni di gregariato dietro a Nibali e che ora è uno dei top della Bahrein, abbiamo tutta una serie di aiutanti di lusso per i vari Pogacar (Formolo) oppure corridori da classica come Bettiol e Trentin, con una struttura fisica diversa e particolare. Più Ganna, di nuovo, che non possiamo trascurare.
Difficile così non solo vincere il Giro d’Italia, dove la squadra forse conta maggiormente che al Tour de France proprio per la sua durezza, ma persino entrare nella top ten della classifica generale. Basta vedere negli ultimi dieci anni quanti italiani sono arrivati tra i primi dieci: Nibali (2022, 2020, 2019, 2017, 2016), Caruso (2023, 2021 e 2015), Pozzovivo (2022, 2018, 2017 e 2014), Masnada (2020), Formolo (2018, 2017) e Aru (2015 e 2014).
Di questi, due si sono ritirati, Nibali e Aru, Pozzovivo ha 41 anni ed è senza squadra, Caruso pure non è giovanissimo, Formolo è uno dei gregari di Pogacar alla UAE da anni ormai e infine Masnada che ha toccato i 30 anni, si è un po’ perso ed è comunque alla Soudal al servizio di Evenepoel o Landa, designati per le grandi corse a tappe. E ogni volta che viene fuori un giovane interessante dalle squadre invitate del Giro d’Italia, questi vengono presi e portati nelle big con ruoli secondari. Non essendoci poi tante squadre italiane come in passato, il quadro è desolante.
Forse l’unica soluzione sarebbe davvero trasformare il nostro unico fuoriclasse, Ganna, in un corridore da corse a tappe, focalizzandolo sul Giro. Non è per nulla facile, in attesa di trovare qualche giovane come Bagioli o Zana capace di fare il salto di qualità.