C’è un tema piuttosto lampante all’ordine dell’8a giornata di Serie A: incertezza. Se volete, anche capovolgimento. ‘Di fronte’, come si dice in gergo, se è vero che dei 26 gol totali segnati nell’ultimo turno di Serie A, ben 8 (quasi un terzo) sono arrivati su contropiede. Addirittura 12, invece, se si considera il recupero palla. E così, mentre il nostro calcio cresce e le (medio-)piccole avanzano, le grandi sono costrette a reinventarsi da capo per sopperire alla forza delle avversarie. Non sempre con successo.
Dubbi Inter e la sorpresa Bologna
Da qui l’incertezza che ha dominato anche l’8a giornata del campionato. L’Inter di Simone Inzaghi, senza dubbio la miglior rosa del tabellone, è stata fermata sul 2-2 da un Bologna che quest’anno aveva già arrestato le corse di Napoli (0-0) e Juventus (1-1, tra le polemiche da parte rossoblù). Se l’amata di Lucio Dalla riesce a trovare in Zirkzee, oltre che uno straordinario talento, anche un perfido realizzatore (per ora 2 gol su 18 conclusioni tentate in stagione), Motta può portare questa squadra in zona-Europa.
Quella che l’Inter conosce bene, forse troppo però: tra le prestazioni di Champions e quelle in campionato, di recente, c’è stata una bella differenza. A preoccupare i tifosi nerazzurri sono, nell’ordine: a) mancanza di un’alternativa valida a Lautaro Martinez (Thuram non è un bomber e Sanchez non è Arnautovic); b) incapacità di applicare un piano b alla fase offensiva, se alcuni meccanismi non vanno – e come dice Bergomi, per caratteristiche l’Inter o la vince di collettivo, fisicamente e tatticamente, o va in difficoltà sugli uno contro uno; c) aver subito la seconda rimonta di fila a San Siro in due settimane – l’altra era stata la sconfitta col Sassuolo 2-1. In questo ‘fondamentale’ l’Inter sembra essere recidiva: lo scorso anno nelle prime 8 di campionato i nerazzurri avevano perso 9 punti da situazioni di vantaggio – e a fine campionato si era lasciata sfilare ben 13 punti, 3 sconfitte e 2 pareggi.
Insomma, sì che l’Inter rimane la squadra più attrezzata per vincere il titolo, ma lo era anche due anni fa quando all’ultimo la spuntò il Milan di Pioli.
Milan solido, Juve di più
A proposito del Diavolo, polemiche a parte – perché il mani-comio scatenato sul gol di Pulisic non ha cessato d’essere rumoroso –, i rossoneri dopo il derby perso hanno cambiato marcia, difendendosi molto meglio e subendo appena un gol nelle ultime quattro uscite. Magari davanti il Milan fatica a segnare, ma è tornato squadra solida. Contro la Juventus però la capolista della Serie A (21 punti contro i 19 dei cugini nerazzurri) giocherà senza Maignan e Theo Hernandez, entrambi assenti per squalifica.
Una buona notizia per Allegri e la sua Juventus, non l’unica per la verità. Accusata da Luca Marchegiani di non aver giocato un gran derby – vinto comunque 2-0 in scioltezza –, la Vecchia Signora ha ritrovato la solidità perduta. Bremer, Danilo e Gatti. Non saranno Barzagli, Bonucci e Chiellini ma i numeri dicono quinto clean-sheets in otto giornate. E Szczesny? Imbattuto da tre gare. Il test definitivo sarà al ritorno dalla sosta contro il Milan, ma aspettando Chiesa e Vlahovic Allegri può sorridere.
Firenze sogna con Italiano
Dietro la Juventus, a proposito di incertezze, c’è la Fiorentina che sogna la Champions League. Italiano sta maturando giornata dopo giornata, lo si vede dalle dichiarazioni e dalle scelte di formazione. Nonostante i continui cambi nell’undici titolare, la sua squadra gioca un calcio coerente con le idee del tecnico: propositivo, quindi, ma anche estremamente solido nella fase di non-possesso, quando col recupero alto riesce a far male (quasi sempre) all’avversario. È capitato contro il Napoli nella vittoria più eclatante di giornata (1-3 al Maradona), vittoria nella quale la Fiorentina ha segnato tre gol su tre ripartenze – due in contropiede, uno, quello di Bonaventura, su recupero alto. Due parole su Jack, concedetecele. Magari è il ritorno in nazionale ad avergli fatto bene, ma questo ragazzo sta invecchiando come di solito fa il Verdicchio, vino tipico della sua terra le Marche. 8 partite in campionato, 4 gol e 2 assist. In Europa ha già timbrato, in Serie A sta guidando il Giglio ad un’annata memorabile. È presto, come ammonisce Italiano. Certo, ma alcune cose non sono casuali. Non lo è mai, la buona ventura.
I ritrovati sorrisi romani
La stessa che devono portarsi dietro le due romane per risalire la china. Se la Roma di Mourinho ha risposto alle ‘voci’ di un possibile esonero trapelate in settimana sul CorSport con una vittoria più che convincente – la terza di fila, prendendo un solo gol in tre uscite e segnando nello stesso periodo 10 reti – contro il modesto Cagliari di Ranieri, a rischio esonero con 2 punti in 8 partite, nel segno di Romelu Lukaku – già cinque reti in campionato, di cui tre lontano dall’Olimpico –, la Lazio di Sarri ha schivato le incertezze di inizio stagione giocando una partita-svolta contro l’Atalanta.
Come ha scritto Franco Recanatesi, «questa era la settima partita delle due squadre in ventidue giorni, la Lazio è partita con cinque giocatori diversi rispetto alla partita di Champions di cinque giorni fa, l’Atalanta stranamente solo due, dico stranamente perché ha avuto 24 ore di riposo in meno rispetto alla Lazio». Un fattore, senz’altro: nonostante un avvio zoppicante, frutto anche di un calendario a dir poco impervio, la Lazio di Sarri può guardare con fiducia al futuro. La panchina quest’anno non è riempitiva, ma svoltante: lo dimostrano gli ingressi di Isaksen, Castellanos dal 1’ (occhio a questo giocatore), Pedro e Vecino che hanno svoltato la partita (come era accaduto a Glasgow contro il Celtic).
Salerno, Sousa sprofonda. DiFra vola
Chi naviga nell’incertezza più totale è invece la Salernitana, con Sousa sull’orlo dell’esonero dopo 3 punti, 17 gol subiti e appena 4 realizzati in 8 giornate. E l’Hellas? La sconfitta contro questo Frosinone non è un dramma, ma occhio a sottovalutarla. Sono appena due i punti nelle ultime sei uscite. Certo, Di Francesco sta facendo qualcosa di incredibile coi ciociari. 12 punti e ottavo posto in classifica, frutto di un gioco ‘studiato’ – perché DiFra prima di riprendersi una panchina di Serie A ha girato e si è aggiornato – e dinamico, abbinato allo spirito corsaro di alcuni ragazzi terribili – su tutti Soule, autentico crack del nostro campionato, e occhio a Reiner che si è sbloccato. La salvezza è tutt’altro che utopia, ma il Frosinone non deve abbassare la guardia.
Palladino, gioie continue
È un timore avuto da Palladino, che ha dichiarato dopo il 3-0 alla Salernitana: «Temevo l’appagamento, invece abbiamo superato un esame di maturità». Il Monza è settimo a -5 dalla zona Champions. Siamo a ottobre, d’accordo. Ma è nel gioco che questa squadra regala segnali confortanti. Senza giocatori l’anno scorso cruciali come Augusto e Caprari (infortunato fino a fine anno), la squadra di Palladino non ha smesso di proporre il proprio calcio. E in questo sistema, di per sé sano, inserirsi è più facile: certo, per farlo come ha poi fatto Vignato (2004) bisogna avere un talento speciale. Ma il Monza non prende gol su azione da 478 minuti. E in un campionato così incerto, questa è una certezza sulla quale poter costruire una stagione da sogno.