Dopo 7 giornate in vetta alla classifica, con il pareggio casalingo contro il Bologna l’Inter lascia il primo posto ai cugini del Milan, che hanno effettuato il sorpasso grazie alla contestatissima vittoria sul campo del Genoa.
Una partenza fulminante e uno stop brusco.
Il Bologna di Thiago Motta, privo di ¾ della difesa titolare (assenti Posch, Lucumì e Kristiansen, oltre al lungodegente Soumaoro), ha sofferto la veemenza nerazzurra nei primi 15 minuti ma è stato capace di non soccombere dopo un uno-due che avrebbe tramortito qualsiasi avversario (non ultimo il Milan capolista nel derby) riuscendo a trovare il pareggio grazie ad un’ottima applicazione di tutti i suoi uomini.
Detto dell’enorme merito del tecnico italo-brasiliano (che arrivava da un filotto di 4 partite senza prendere gol), capace di contrastare efficacemente le varie fonti di gioco nerazzurre con marcature ad hoc, appare evidente come, per i valori dei singoli, sia estremamente deludente per l’Inter non solo pareggiare in casa contro il Bologna, ma soprattutto pareggiare dopo essere stata in vantaggio di due reti.
Simone Inzaghi non ha lasciato trasparire altro che la sua profonda irritazione riguardo a come la sua squadra ha dilapidato il doppio vantaggio e l’ottima prestazione dei primi minuti a causa di due gravissime disattenzioni difensive.
Lautaro Martinez, autore di una prodezza che è valsa il provvisorio 2-0 (10° centro in campionato dopo sole 8 giornate, 11° gol stagionale ai primi di ottobre) si è reso protagonista in negativo della trattenuta su Lewis Ferguson che è costata il rigore trasformato da Riccardo Orsolini dopo soli 6 minuti dal sua gol.
Francesco Acerbi, che aveva sbloccato il match con un colpo di testa su preciso corner battuto da Hakan Calhanoglu, non è esente da colpe sul disastro compiuto dalla difesa dell’Inter sul gol di Joshua Zirkzee a inizio ripresa che ha definitivamente fissato il risultato sul 2-2. Una grave macchia sulla prestazione altrimenti molto buona non solo di Acerbi, ma anche di Pavard e Bastoni.
Più in generale è parso che dopo il 2-0 l’Inter avesse già mentalmente archiviato la pratica e, complice anche una crescente fatica dovuta sia all’impegno di coppa che alle condizioni climatiche (da quanto i nerazzurri non giocavano alle 15?), abbia improvvisamente staccato l’interruttore dell’intensità.
I problemi di un attacco senza ricambi freschi
I cambi effettuati da Simone Inzaghi subito dopo il pareggio da un lato hanno subito l’effetto di riaccendere il motore sulle fasce (Dimarco e Dumfries ottimi in avvio ma ben presto in riserva di energia), ma ancora una volta si è pagata l’assenza di un’alternativa di peso a Marcus Thuram.
Se l’ingresso di Carlos Augusto soprattutto ma anche di Juan Cuadrado ha sortito effetti positivi, l’inserimento di Alexis Sanchez a fianco di Lautaro Martinez non ha dato frutti, se una rete segnata in posizione di fuorigioco. I due attaccanti sudamericani tendono ad occupare le stesse posizioni in campo e non hanno le caratteristiche più adatte per dialogare tra loro.
Evidentemente l’alternativa a Thuram, nei piani di Inzaghi, doveva essere Marko Arnautovic, assente per infortunio, capace di utilizzare il fisico per prendere posizione e favorire gli inserimenti dei compagni con le sue sponde in queste situazioni in cui per rimontare bisogna mettere tanti palloni in mezzo all’area avversaria. Sanchez, con il suo fisico più minuto e sgusciante, è sicuramente più adatto a giocare quando gli avversari attaccano e gli lasciano spazio per le sue giocate.
Avere solo quattro attaccanti a disposizione per una squadra che vuole arrivare in fondo a tutti e quattro gli obiettivi stagionali (perché non dimentichiamoci che quest’anno anche la Supercoppa Italiana è diventata un mini-torneo) può essere troppo poco.
Forse, se si centrasse la qualificazione alla fase successiva della Champions League (che comporterebbe la certezza di ulteriori introiti) l’Inter dovrebbe cercare un ulteriore attaccante sul mercato, dal momento che anche Sanchez, come Arnautovic, non offre troppe garanzie dal punto di vista fisico data l’età (entrambi trentaquattrenni).
Un mese dopo il derby, come mai il Milan è tornato avanti
Poco meno di un mese fa l’Inter schiantava il Milan in un derby dominato dal primo (anzi, dal quarto) all’ultimo minuto, in quella che sembrava una sorta di dichiarazione d’intenti riguardo il resto del campionato.
Da allora il Milan di Pioli le ha vinte tutte in campionato, mentre l’Inter è incappata in due passi falsi casalinghi: la sconfitta con il Sassuolo e questo pareggio con il Bologna. Certo, bisogna anche considerare il cammino in Champions League che ha visto l’Inter soffrire ma pareggiare in casa della Real Sociedad e vincere con ampio merito contro il Benfica, mentre il Milan ha ottenuto due pareggi per 0-0 con Newcastle e Borussia Dortmund.
Eppure sembra che quello che all’indomani del derby era stata indicato come il punto di forza dei nerazzurri, ovvero la lunghezza della rosa, si sia invece scoperto nel Milan: Pioli ha iniziato a ruotare un po’ tutti gli uomini della sua rosa, un po’ per necessità ma tanto anche per convinzione, trovando gol anche da alcuni comprimari come Okafor.
L’Inter invece ha perso alcune certezze riguardanti le seconde linee e ciò ha spinto Simone Inzaghi ad insistere quasi sempre sugli stessi uomini. Con il Bologna la stanchezza, sia fisica che mentale, degli esterni e dei centrocampisti è stata evidente. Se nel reparto difensivo il turnover appare applicabile, con Pavard che sembra aver superato un sempre affidabile Darmian nelle gerarchie e de Vrij tornato ai livelli di qualche anno fa, a centrocampo appare sempre più difficile rinunciare ai soliti noti e ancor di più in attacco Lautaro e Thuram sembrano imprescindibili. Certo, da alcuni giocatori arrivati in extremis come Carlos Augusto e Klaassen è lecito aspettarsi una crescita nei prossimi mesi (il primo ha già fatto vedere ottime cose), così come a giovani come Asllani e Bisseck deve essere dato tempo di maturare, ma in questo momento il Milan sembra più avanti nella gestione del calendario così compresso.