Il monopolio logora chi non ce l’ha. Sembra sia questo il “non detto” della più grande proposta di merging aziendale nella storia del gaming. Eppure le preoccupazioni di coloro che si oppongono all’operazione non sono per nulla banali.
Parliamo della proposta formulata nel gennaio dello scorso anno da Microsoft per l’acquisizione di Activision Blizzard. Ovvero il gigante tecnologico creato da Bill Gates da un lato (quello dell’acquirente), uno dei più importanti publisher di videogiochi dall’altro, per un’operazione che vale 68,7 miliardi di dollari. Tanti sono i soldi che Microsoft ha messo sul piatto.
Activision Blizzard, che già non naviga in acque tranquille per le cause intentate da alcuni dipendenti all’azienda, si è subito dimostrata favorevole all’assorbimento in Microsoft. Un po’ meno i competitors del publisher. In particolare Sony che in quel caso potrebbe non avere più disponibili i titoli di Activision Blizzard per la propria console, cioè PlayStation.
Il vero problema, però, è la posizione nettamente dominante che Microsoft andrebbe ad assumere dopo l’acquisizione di Activision Blizzard, con un danno per il mercato e per i consumatori. Non solo quelli di console – dove PlayStation è comunque leader – ma anche e soprattutto quelli che si dedicano al cloud gaming, cioè al gioco via streaming che si acquista con abbonamenti e senza bisogno di hardware specifici (le console). In questo ambito Microsoft possiede già più del 60% del mercato, oltre ai sistemi operativi dei PC che fanno girare questi giochi e alle strutture di cloud più grandi, cioè Azure e Xbox Cloud Gaming.
Su questo punto, cioè quello dello sbilanciamento del mercato, si sono subito attivati i legislatori dei principali Paesi dove il gaming è uno dei prodotti più importanti.
La Federal Trade Commission americana, cioè l’agenzia che si occupa di antitrust, nel dicembre del 2022 ha bloccato il deal tra Microsoft e Activision Blizzard negli Stati Uniti. Secondo la FTC il problema principale riguarda il mercato delle console che finirebbe nella mani dell’azienda di Redmond. Secondo una notizia uscita in rete pochi giorni fa, la disputa legale sta per spostarsi a livello della Corte Federale, con una prima udienza fissata per l’agosto 2023.
Blocco altrettanto duro è quello messo in atto dalla Competition and Markets Authority del Regno Unito. La CMA ha infatti imposto uno stop all’operazione nell’aprile di quest’anno, preoccupata soprattutto dalle conseguenze che questa potrebbe avere nel mercato del cloud gaming. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, il rischio individuato dalla CMA è quello di “una riduzione dell’innovazione e una minore scelta per i giocatori del Regno Unito negli anni a venire“. Microsoft/Activision Blizzard hanno impugnato la decisione dell’authority britannica, ma solo per motivi procedurali. La vittoria non è assicurata e, anche nel caso ci fosse, non sarà decisiva.
Il caso dell’Europa è invece diverso. In un primo momento la Commissione Antitrust dell’Unione Europea si è allineata con le posizioni di USA e UK, evidenziando il timore per la posizione dominante del nuovo agglomerato aziendale. Il mese scorso, però, è arrivato il dietrofront.
Per i legislatori europei Microsoft “non avrebbe alcun incentivo a rifiutare la distribuzione dei giochi di Activision a Sony“. Inoltre, “anche se Microsoft decidesse di ritirare i giochi di Activision dalla PlayStation, ciò non danneggerebbe in modo significativo la concorrenza nel mercato delle console“.
Rimane la questione del cloud gaming che però l’UE ha cercato di risolvere ponendo delle condizioni. In sintesi, Microsoft dovrà garantire per dieci anni il libero utilizzo dei giochi Activision Blizzard a tutti i servizi di cloud gaming concorrenti.
Detta così sembra una vittoria per gli attori del deal, la prima dopo i pesanti blocchi messi in atto da USA e UK. E potrebbe essere una strada da seguire anche per il mondo anglosassone, che comprende anche le incertezze sul deal mosse da Australia e Nuova Zelanda.
Ma se così non fosse, allora il risultato ottenuto in Europa da Microsoft/Activision Blizzard diventerebbe una vittoria di Pirro. 10 anni senza fee in Europa e un mercato privo di USA e UK giustificano un investimento da 68 miliardi di dollari? Difficile.
In quel caso a Microsoft resterebbero (per ora) solo le aperture totali di Giappone, Cile, Brasile, Sud Africa, Arabia Saudita e Serbia.
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